Home Curiosità E’ morto Ray Manzarek: I Doors nel film di Oliver Stone

E’ morto Ray Manzarek: I Doors nel film di Oliver Stone

Da Light my fire a L.A. Woman: i successi di una vita raccontati attraverso il grande film di Oliver Stone.

pubblicato 21 Maggio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 14:21

E’ scomparso a 74 anni Ray Manzarek, famoso in tutto il mondo per essere stato il tastierista dei The Doors, una delle band più influenti della storia del rock, nonostante e in virtù di una breve carriera dove l’astro del frontman Jim Morrison folgorò gli anni ’60 per poi spegnersi tristemente d’eccessi all’inizio degli anni ’70. Ma ormai era fatta, il mito era nato e se tutt’oggi centinaia di fans vanno, a quarantanni di distanza, a rendere omaggio sulla tomba del Re Iguana a Parigi, probabilmente altrettanti si recheranno sul luogo dell’eterno riposo del suo primo compagno, Ray Manzarek appunto, il timido intellettuale occhialuto che Oliver Stone riuscì perfettamente a immortalare in uno dei suoi film migliori, The Doors.

Uscito nel 1991 e con Val Kilmer nella parte di Jim, divenne subito un cult, ma più per le nuove generazioni che per gli ex figli dei fiori che avevano vissuto in prima persona gli anni narrati nel film: Stone non produsse un agiografia e la figura di Morrison in primis non ne uscì come quella di un carismatico poeta, cantore della vita stessa, ma come quella di un artista psicologicamente disturbato, dedito ad ogni tipo di eccesso, infantile e incapace di gestire il successo. Manzarek non perdonò mai Stone per questo: il regista aveva chiamato il tastierista, assieme a Patricia (storica fidanzata di Morrison) e al resto della band (Krieger e Desmore) come consulenti artistici, ma, dopo averlo visto, tutti i veri protagonisti della storia lamentarono molte esagerazioni da parte di Stone, che non avrebbe mai voluto seguire le loro indicazioni per rendere la storia più avvincente.

Senza dubbio vi riuscì, perché al di là della veridicità storica, The Doors è un film monumentale, non esente da critiche, come per l’eccessiva durata, ma assolutamente da vedere, innanzitutto per la recitazione di Val kilmer, all’epoca splendido 32enne, e ovviamente la colonna sonora epocale con l’attore stesso che si esibisce in alcuni live dimostrando doti canore veramente interessanti. Non era un tema facile da trattare, Morrison, come Hendrix e la Joplin, divenne instantaneamente un mito mondiale della controrivoluzione e come tutti i miti aveva i suoi guardiani, i difensori della memoria, che difficilmente accettano riscritture e sicuramente Stone esagerò sull’aspetto psicotico, più che psicologico del cantante, descritto a 28 anni come un pachiderma alcolizzato, mentre i suoi compagni, tra cui Manzarek figurano spesso come borghesucci più interessati al denaro che alla poesia.

La parte di Manzarek fu affidata a Kyle MacLachlan, reduce dal successo di Velluto Blu di Lynch: l’attore statunitense (e storico fidanzato della modella Linda Evangelista), riuscì con grande accuratezza a esprimere il carattere dell’artista (sempre che fosse veramente così nella realtà), alter ego di Morrison. Se Jim era un fiume in piena, un uragano di emozioni e passioni, Manzarek viene dipinto come un placido compositore, un perfezionista che assume acidi più per desiderio di sperimentare che per “abbattere i confini della mente” e che non disdegnò certo i soldi offerti dalla pubblicità per utilizzare in uno spot la celebre Light my fire. Ora Jim e Ray avranno tutto il tempo per parlarne…


brightcove.createExperiences();