Lars von Trier – auguri, film, manifesti e curiosità, aspettando Nymphomaniac
Festeggiando i 57 anni di Lars von Trier con film, manifesti, Dogma e curiosità, aspettando Nymphomaniac.
Gli auguri di oggi sono per Lars von Trier, l’universo cinematografico provocatorio e anticonvenzionale del quale è vittima e carnefice, il temperamento dissacrante e rivoluzionario, pronto a rompere schemi e sottoscrivere dogmi, che sta per portare in sala una parabola per Nymphomaniac vietata ai minori, e un nuovo capitolo del cinema secondo Lars in vetta alle riflessioni e le polemiche.
Auguri per i primi 57 anni di un talento della provocazione, capace di farsi amare e odiare in modo viscerale, con il von ‘nobiliare’ che aggiunge arbitrariamente al cognome (in onore di Erich von Stroheim), un ego smisurato, black humor danese, Carl Theodor Dreyer come maestro spirituale, uno spirito nudista e ateo sin dalla nascita, anche sul set se serve a mettere a suo agio gli attori.
Lo stesso spirito libero, incline alla bazzecola umile e avvolgente, il voto di castità (cinematografico), il noir onirico e claustrofobico per L’elemento del crimine, tutto quello che agita Le onde del destino, balla al ritmo di Dancer in the Dark, destabilizza gli idioti, l’indagine sulla natura umana in terra americana di Dogville e Manderlay, Le cinque variazioni che riflettono su cinema e registi, la satira sull’alienante mondo aziendale de Il grande capo, la discesa negli inferi allegorici dell’Anticristo e in quelli depressi di Melancholia.
Curiosità
Lars von Trier è in realtà lo pseudonimo scelto dal regista, sceneggiatore, attore, direttore della fotografia e montatore danese Lars Trier, nato a Copenaghen il 30 aprile 1956, da Inger Høst ed Ulf Trier, genitori nudisti, comunisti e atei, che lo allevano nella più completa libertà.
Il tormentato Lars von Trier è incline alla depressione, all’ipocondria e fobie che gli impediscono di viaggiare in aereo e ogni anno lo portano ad attraversa l’Europa in camper per recarsi al Festival di Cannes.
Lars von Trier è ateo, si è sposato due volte, ha due figli, in ogni caso ha perso le sue origini ebraiche paterne sul letto di morte della madre, quando gli ha rivelato che il suo padre biologico non è Ulf Trier, ma i “geni artistici” di Fritz Michael Hartmann, di una illustre famiglia danese di compositori.
La passione per il cinema arriva in tenera età, e cresce con la cinepresa a 8 millimetri della madre.
Nel 1977 gira i suoi primi due cortometraggi: Orchidégartneren (Il giardiniere delle orchidee) e Menthe – la bienheureuse (Menthe – la ragazza felice, girato in francese).
Nel 1994 arriva il successo televisivo di The Kingdom – Il Regno (Riget), con Ernst-Hugo Järegård.
Il 18 maggio 2011, durante la presentazione al Festival di Cannes del suo film Melancholia, le dichiarazioni di Von Trier incalzato da una domanda volutamente provocatoria di una giornalista, risponde dichiarando di provare un po’ di simpatia per Adolf Hitler. Nonostante il regista si fosse scusato per la dichiarazione e nonostante il tono dell’affermazione fosse da considerare ironico, Lars Von Trier è stato dichiarato dal Festival “persona non gradita con effetto immediato”, vietando all’autore di partecipare alla cerimonia di chiusura e di ritirare premi.
Filmografia cinematografica e Manifesti
L’elemento del crimine (Forbrydelsens element) (1984)
Il primo capitolo di un’ideale trilogia “Europa”, scritto con l’amico Tom Elling e Niels Vørsel, è un poliziesco-thriller presentato in concorso al 37º Festival di Cannes, che ha vinto il Grand Prix tecnico, nonostante la tiepida accoglienza in patria, e in Iconcomitanza con l’uscita danese il 3 maggio 1984 pubblica il primo manifesto di Lars von Trier.
PRIMO MANIFESTO
Apparentemente, va tutto bene: i registi vivono un’unione senza inclinature con i loro film. Forse il loro amore risente vagamente della routine, ma sono comunque relazioni solide, in cui le piccole noie quotidiano occupano il tempo tanto da diventare tutta la relazione, così che ne sono il solo contenuto! Insomma, un ménage ideale che non disturba neanche i vicini: non ci sono litigate rumorose durante la notte… niente scene di persone seminude sulle scale. No, si tratta di un matrimonio fra due poli: il maschio regista e la “femmina-film” per la soddisfazione di tutti e tuttavia… ci rendiamo tutti conto che il momento della Grande Fatica è arrivato!
Come hanno potuto le così tempestose storie d’amore del nostro passato ridursi in matrimoni razionali? Cos’è accaduto a quei vecchi maschi? Che cosa ha potuto corrompere quei grandi maestri dell’attrazione sessuale? La risposta è evidente: a causa di una voglia di piacere e di una grande paura di essere smascherati (non è grave essere impotenti se la vostra compagna vi volta le spalle da tempo), essi hanno tradito quello che all’inizio dava vita alla loro relazione: il fascino!
I registi sono i soli colpevoli di questa scialba routine. Come despoti non hanno mai dato alle loro beneamate la chance di illuminarsi in una relazione amorosa… Per orgoglio, non hanno voluto vedere la scintilla miracolosa dello sguardo delle loro “compagne-film”. Le hanno infrante… e si sono infranti loro stessi.
Questi vecchi maschi induriti devono morire! Non ci accontenteremo più di “film benevoli dai messaggi umanistici”, vogliamo più verità: fascino e sensazione, infantili e puri come ogni vera arte. Vogliamo ritornare a un’epoca in cui l’amore fra il cineasta e il suo film era ancora fresco e ogni immagine trasudava voglia di creare!
Non ci accontentiamo più di succedanei. Vogliamo della religione, sullo schermo. Ci auguriamo di vedere delle “amanti film” piene di vita: che siano assurde, stupide, testarde, estatiche, ripugnanti, mostruose… e non addomesticate o rese asessuate da un regista moralista, un noioso puritano che acclama le virtù rincretinenti del bon ton.
Vogliamo vedere film eterosessuali fatti per, su e da veri uomini. NOI CERCHIAMO LA SENSUALITÁ.
Epidemic (1988)
Lars von Trier e Niels Vørsel interpretano se stessi, alle prese con una sceneggiatura, la diffusione di un’epidemia mortale e la continua confusione tra realtà e finzione del “film nel film”, in questo secondo episodio della prima trilogia dedicata all’Europa, girato interamente in bianco e nero, con un budget molto basso, che inaugura la prima di una serie di collaborazioni tra Lars von Trier e Udo Kier.
All’inizio del film appare in alto a sinistra dello schermo il titolo EPIDEMIC insieme al simbolo del copyright: ©, che continua ad apparire per tutto il tempo.
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SECONDO MANIFESTO
Pubblicato il 17 maggio 1987 in occasione della presentazione di Epidemic al Festival di Cannes
Apparentemente, va tutto bene. I giovani uomini sono coinvolti nella loro solida relazione con una nuova generazione di film. L’anticoncezionale che doveva limitare l’epidemia rende il controllo delle nascite più efficace. Nessuna creatura indesiderata, nessun bastardo, i geni sono intatti. Esistono certamente giovani le cui vite somigliano a una successione interminabile di balli di un’altra epoca. Ci sono anche quelli che vivono insieme nelle loro stanze spoglie e prive di mobili. Ma il loro amore è un’escrescenza senz’anima, una relazione senza mordente. Il loro essere “selvaggi” manca di disciplina, e la loro “disciplina” non è selvaggia.
VIVA LA BAZZECOLA!
La bazzecola è umile e avvolgente. Scopre un angolo senza fare un segreto dell’eternità. Il suo impegno è limitato ma magnanimo e concede spazio alla vita. EPIDEMIC, fra le relazioni legittime e serie al tempo stesso dei giovani uomini, si può definire come una bazzecola, perchè i capolavori si trovano fra le bazzecole.
Europa (1991)
Immagini stilizzate con un tocco vagamente espressionista, bianco e nero mescolato al colore, spionaggio, amore e pistole, chiudono l’ultimo episodio della trilogia sull’Europa, con un noir ipnotico, tragico e ironico, vincitore del Premio della giuria al 44º Festival di Cannes.
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TERZO MANIFESTO: IO CONFESSO!
Pubblicato il 29 dicembre 1990, in occasione dell’uscita di Europa
Apparentemente, va tutto bene; Lars von Trier è uno scienziato, un artista e un essere umano. E tuttavia, potrei ugualmente affermare che sono un essere umano, benché io sia un artista, uno scienziato e un regista.
Piango scrivendo queste righe perché ho sfoggiato un’attitudine presuntuosa: con che diritto darei lezioni? Con che diritto prenderei in giro il lavoro e la vita degli altri? Ho tanta vergogna che le mie scuse – essermi lasciato sedurre dall’arroganza e dalla scienza – si rivelano una menzogna!
È vero che ho tentato di intossicarmi in una nube di complessità sul significato dell’arte e il compito dell’artista. Inventavo teorie ingegnose sull’anatomia e la natura del cinema. Ma mai, devo confessarlo, ho potuto soffocare la mia passione più profonda: IL MIO BISOGNO CARNALE.
Il nostro rapporto con il cinema può essere descritto in più modi. Si possono inventare teorie molto dotte, ci si può lasciar portare in un viaggio alla scoperta di paesi sconosciuti. Si può anche pretendere che il cinema sia la pozione che utilizzeremo per influenzare il nostro pubblico, per farlo sorridere o piangere.e pagare. Tutto questo sembrerebbe molto convincente, ma non ci credo.
Non c’è che una solo scusa per accettare di attraversare quell’inferno che è il processo creativo di un film: il piacere carnale dell’istante in cui i proiettori e gli altoparlanti della sala cinematografica permettono all’illusione del suono e del movimento di sorgere, come un elettrone che abbandona la propria orbita per generare luce e creare l’essenziale: la nascita miracolosa della VITA! È questa e solo questa la ricompensa del regista, la sua speranza, la sua rivendicazione.
Quando la magia del film funziona veramente, la sensualità si impossessa del corpo in forma di onde orgasmiche… È l’esperienza che cerco, questa e solo questa è stata la forza creatrice del mio lavoro. NULL’ALTRO. Voilà, l’ho scritto e mi fa sentire bene. Dimenticate ogni scusa: “Il fascino infantile” e “L’umiltà totale”, perché ecco qui la mia confessione, nero su bianco: IO, LARS VON TRIER, NON SONO CHE UN SEMPLICE MASTURBATORE DELLO SCHERMO.
E malgrado tutto Europa, la terza parte della mia trilogia, non comporta alcun inganno. Puro e chiaro, nulla è stato soffocato sotto spessi strati “d’arte”. In questo film nessun trucco è troppo grossolano, nessun effetto troppo volgare.
VERSATE UNA SOLA LACRIMA SOLITARIA O UN’UNICA GOCCIA DI SUDORE E LA CAMBIERÒ VOLENTIERI CON QUELLA TUTTA “L’ARTE” DEL MONDO.
Infine, sottopongo al giudizio divino i miei tentativi alchemici per trasformare la Celluloide in vita reale. Una cosa, tuttavia, è sicura: la vita naturale creata da Dio, che noi ritroviamo uscendo dalla sala oscura, non può essere ricreata, perché è la sua creazione la sua essenza divina.
MANIFESTO: DOGMA 95
Pubblicato a Copenaghen lunedì 13 marzo 1995, firmato Lars Von Trier e Thomas Vinterberg.
Distribuito in occasione della tavola rotonda Il cinema verso il suo secondo secolo di vita
Dogma 95 è un collettivo di registi fondato a Copenaghen nella primavera del 1995.
Il suo scopo preciso è opporsi a certe derive del cinema contemporaneo.
Dogma 95 è un’azione di salvataggio!
Nel 1960 si è raggiunto il limite! Il cinema era morto e bisognava farlo resuscitare. La Nouvelle Vague, attraverso slogan di individualismo e libertà, ha prodotto certi lavori. Ma il cinema antiborghese è diventato borghese, perchè si fondava sulla percezione borghese dell’arte. Il concetto di autore era una versione borghese del romanticismo e, in quanto tale, falso!
Agli occhi di DOGMA 95, il cinema non è individualista!
Oggi la tempesta tecnologica imperversa e il risultato sarà la democratizzazione definitiva del cinema. Per la prima volta, chiunque può fare un film. Ma più i media diventano accessibili, più si fa importante l’avanguardia. E non è un caso che la parola avanguardia abbia una connotazione paramilitare. Perchè la risposta è la disciplina… Dobbiamo fare dei film in uniforme, perchè il film individualista è decadente per definizione!
DOGMA 95 si contrappone al cinema individualista con una serie di regole definite VOTO DI CASTITÀ.
Nel 1960 si è raggiunto il limite! Si diceva che il cinema fosse divorato dall’artificio, ma in seguito all’utilizzo di questi artifici si è moltiplicato.
L’ “obiettivo supremo” dei cineasti decadenti è ingannare il pubblico.
Dobbiamo esserne fieri? È tutto quello che abbiamo messo da parte in questi cento anni di cinema? Illusioni con cui comunicare emozioni? Grazie all’inganno di un artista isolato?
La prevedibilità (la drammaturgia) è il vitello d’oro attorno cui danziamo.
Giustificare l’azione attraverso la vita interiore dei personaggi sembra molto complicato e non è “arte alta”. Mai come oggi l’azione superficiale e i film superficiali hanno ricevuto tanti elogi.
Il risultato è sterile, un’illusione di pathos e di amore.
Per DOGMA 95 il cinema non è illusione!
Ai giorni nostri imperversa la tempesta tecnologica: l’artificio è elevato al rango di divinità.
Ricorrendo alla nuova tecnologia chiunque, in qualunque momento, può spazzare via gli ultimi
sussulti di verità nella stretta soffocante della spettacolarità.
Le illusioni sono ciò dietro cui il cinema si può nascondere.
DOGMA 95 combatte il cinema delle illusioni con una serie di regole indiscutibili note con il nome VOTO DI CASTITÀ.
Il voto di castità
Io giuro di sottomettermi al seguente corpo di regole delineate e confermate da DOGMA 95:
1. Le riprese devono aver luogo in esterni. Non devono essere utilizzati scenografie e set (se è necessario per la storia un particolare elemento scenografico, si deve scegliere una location in cui è già presente quel’elemento).
2. Il suono non deve mai essere prodotto separatamente dalle immagini e viceversa (la musica non deve essere usata a meno che non si senta nell’ambiente in cui si svolge il film).
3. La macchina da presa deve essere a mano. Sono concessi tutti i movimenti (e l’immobilità) che si può ottenere a mano (il film non deve svolgersi dove è piazzata la cinepresa; sono le riprese che devono avere luogo dove si svolge il film).
4. Il film deve essere a colori. Non sono concesse illuminazioni speciali (se la luce è insufficiente per impressionare la pellicola la scena deve essere tagliata o si può attaccare un singolo faretto alla cinepresa).
5. Trucchi ottici e filtri sono proibiti.
6. Il film non deve contenere azioni superficiali (omicidi, armi ecc. non devono essere ripresi in nessun caso)
7. È proibita l’alienazione temporale o geografica (cioè il film deve avere luogo qui e ora).
8. Non sono accettati film di genere.
9. Il formato del film deve essere 35 mm standard.
10. Il regista non deve essere accreditato.
Inoltre, come regista giuro di astenermi dal gusto personale! Non sono più un artista. Giuro di non creare un’opera, poiché ritengo l’istante molto più importante dell’insieme. Il mio fine supremo è costringere la verità a uscire dai miei personaggi e dall’azione in sè. Giuro di fare ciò con tutti i mezzi disponibili e a discapito di ogni considerazione di buongusto o di carattere estetico. Pronuncio a questo modo il mio VOTO DI CASTITÀ.
Le onde del destino (Breaking the Waves) (1996)
Con la piccola Bess McNeill interpretata da Emily Watson, il sacrificio e il destino del film, girato a mano con primi piani e un montaggio ellittico, ottengono il Gran premio della giuria al festival di Cannes.
Idioti (Dogme#2: Idioterne) (1998)
Questo provocatorio elogio dell’idiozia e critica della ‘normalità’, che riflette sulla diversità, è girato seguendo le coordinate di Dogma 95, in realtà è la seconda a seguirle dopo Festen di Thomas Vinterberg, e l’unica tra i film di Lars von Trier, che ha scioccato Cannes 1998, e subito tagli dalla censura italiana.
Dancer in the Dark (2000)
Con la Selma Jezkova interpretata della cantante islandese Björk, il frastuono delle catene di montaggio si presta al musical atipico per il terzo della trilogia sull’amore e il sacrificio “Cuore d’Oro”, dopo Le onde del destino e Idioti, vincitore della Palma d’oro a Cannes.
IL MANIFESTO SELMA
Selma viene dall’Est. Adora il musical. Fa una vita dura, ma ha un segreto che le consente di sopravvivere: quando le cose diventano troppo difficili si immagina di trovarsi in un musical, per un minuto o due… E lì fa esplodere tutta la gioia che la vita non le può offrire. Vivere non è una gioia, la gioia esiste per aiutarci a sopportare la vita. La sua scintilla di felicità è quella gioia che Selma trova in se stessa.
Selma adora Tutti insieme appassionatamente e i grandi musical. Avrà inoltre il ruolo di protagonista in un Tutti insieme appassionatamente messo in scena da una compagnia amatoriale. A Selma sembra che il desiderio che le è più caro stia per realizzarsi, che finalmente sogno e realtà si congiungano.
Così tutta la musica popolare e i più importanti musical sono ordinatamente classificati nel suo spirito. Ma Selma è più di una sognatrice! Ama ogni espressione della vita. È capace di apprezzare il più piccolo miracolo della sua esistenza così misera. E sa vedere tutti i dettagli… Tutti i dettagli. Cose divertenti che riesce a notare o sentire solo lei. È una vera osservatrice, con una memoria fotografica. È proprio quell’ambivalenza che fa di lei una vera artista: il suo amore e la sua emozione davanti al mondo artificiale della musica, la sua fascinazione di fronte alla vita vera… la sua umanità, la propria opera artistica… sono i piccoli gioielli del musical in cui si ritrae quando non si sente bene; i frammenti del musical di Selma… che non assomiglia a nessun altro musical. È l’urto di tutte le briciole di melodie, arie, suoni, strumenti, testi e danze che ha visto o sentito al cinema, con la vita vera e gli elementi che è capace di trovarci grazie al suo dono unico. Non si tratta solo di una fuga davanti alla realtà… ma veramente di un’altra cosa: è arte! Arte che prende origine in un bisogno interiore di giocare con la vita e di poterla integrare al proprio mondo. Una situazione forse dolorosa ma usata da Selme per creare ancora una vampata della sua arte. Ed essere così introdotta in qual piccolo mondo che controlla. Selma, l’eroina di Dancer in the Dark
Dogville (2003)
È raccontato in un prologo, nove capitoli e la piattaforma teatrale senza scenografie di Dogville, il primo film della trilogia americana. E la cittadina di Dogville che fa da sfondo alla vicenda non è altro che una : tutti gli ambienti sono infatti segnati da tracce e scritte di gesso bianco. Un ambiente circoscritto e limitato che tuttavia basta a tracciare una specie di parabola dei rapporti sociali e a mettere allo scoperto tutti i peggiori difetti umani. Scandalosamente mutilata la versione italiana: infatti, solo in Italia, per motivi di distribuzione vengono proiettati al cinema 133 minuti invece di 178.
Le cinque variazioni (De fem benspænd) (2003)
Alla base di questo documentario sul cinema e il fare cinema, presentato alla 60ma mostra di Venezia nella sezione Controcorrente, ci sono cinque variazioni e cinque ostacoli (“The Five Obstruction è il titolo in inglese) che Trier impone al collega Leth nel girare cinque versioni del suo corto “The Perfect Human”.
Manderlay (2005)
Un prologo e nove capitoli per il primo film della trilogia americana di Trier, che puntano alla cittadina di Dogville per tracciare una specie di parabola dei rapporti sociali e a mettere allo scoperto tutti i peggiori difetti umani. Solo in Italia, motivi di distribuzione proiettano al cinema 133 minuti invece dei 178.
Il grande capo (Direktøren for det hele) (2006)
All’inizio del film, come la stessa voce narrante segnala, compare Lars von Trier dietro alla telecamera, riflesso nelle finestre dell’edificio. Debutta in questo film la tecnica dell’automavision, che introduce una grande quota di casualità nella ripresa.
Alla distribuzione danese del film è stato associato un gioco denominato Lookeys. Durante la pellicola compaiono infatti degli oggetti “fuori luogo” riconducibili ad un’unica chiave in grado di spiegarli. Lo spettatore che per primo li individui e li decifri avrà un premio in denaro e la possibilità di apparire nel prossimo film di von Trier.
Antichrist (2009)
Siamo lontani dal Dogma, disperazione e dolore dividono pubblico e critica con questo film delirante, ispirato dal libro L’anticristo del filosofo Friedrich Nietzsche, dedicato ‘provocatoriamente’ a Andrei Tarkovsky, con un tocco di Lynch, di Bergman, del drammaturgo svedese Strinberg e la figura della donna. Un thriller psicologico, horror, noir, e film drammatico, presentato in concorso al 62º Festival di Cannes, affidato unicamente alle interpretazioni di Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg che riceve il premio alla migliore attrice.
Melancholia (2011)
L’idea per il film ha avuto origine durante una sessione di psicoterapia a cui Lars von Trier ha partecipato durante il trattamento del suo disturbo depressivo. La Melancholia è un pianeta, il film si apre col preludio a Tristano e Isotta di Richard Wagner, e presentato in concorso al 64º Festival di Cannes, assegna un premio per la miglior interpretazione femminile a Kirsten Dunst. Tra le vitorie anche i tre European Film Awards: miglior film europeo dell’anno, miglior fotografia (Manuel Alberto Claro) e migliore scenografia (Jette Lehmann).
Nymphomaniac (2013)
Le indiscrezioni di Shia LaBeouf riguardo le sue scene calde niente affatto simulate, e tutto quello che da tempo circola tra i rumors, continuano a tenere in attesa il pubblico che sperava di vedere in anteprima Nymphomaniac al prossimo Festival di Cannes. L’anteprima di due film, incentrati sulla vita sessuale di una donna, dagli zero ai cinquant’anni, concentrato sull’infanzia e sull’adolescenza il primo, sulla maturità il secondo, saltata a causa dell’impossibilità di terminare le due versioni del film, entro la rigidissima deadline di consegna del festival francese, e non a causa dell’espulsione dal Festival avvenuta con Melancholia.