Reality: Nando Paone rivela il vero finale del film
Il finale scartato da Matteo Garrone restituiva un protagonista ‘in pace’ con se stesso. Tutt’altra la scelta portata poi in sala.
Dalla nostra inviata Giorgia Iovane.
Ospite dell’anteprima della 18° edizione di Linea d’Ombra – Festival delle Culture Giovani di Salerno, Nando Paone ha commentato con i ragazzi delle scuole uno dei migliori film partoriti dalla cinema italiano degli ultimi anni, Reality, diretto da Matteo Garrone che lo ha visto nel ruolo di Michele, il migliore amico di Luciano, il protagonista del film (interpretato dall’ergastolano Aiello Arena).
L’onda lunga scatenata dal film non si è ancora esaurita, tanto più che la pellicola è uscita solo il mese scorso negli Usa, nonostante sia ormai passato un anno dalla vittoria del Gran Premio della Giuria a Cannes e nonostante l’uscita suicida’ nella sale nello scorso settembre.
In fondo Reality offre sempre diversi spunti di lettura e si presta benissimo alle platee studentesche. Non stupisce, dunque, che Linea d’Ombra l’abbia scelto per chiudere il suo Progetto Scuola 2013:
Difficile non cedere alla curiosità dei ragazzi e così Paone si è lasciato andare, rivelando il ‘vero’ finale del film, diverso da quello arrivato nelle sale (e scelto anche per l’immagine della locandina…).
Che Garrone avesse pensato a più di un finale è sì cosa nota, così come già si conosce il suo modo di girare, che ‘viola’ le regole del cinema e procede in maniera ‘sequenziale’, facendo scorrere le riprese insieme alla storia come se si trattasse di mettere in scena una pièce teatrale. Ma finora non si conosceva nel dettaglio il finale originale di Reality.
Nando Paone lo racconta così:
Sulla sceneggiatura, il finale di questo film era diverso. E’ stato cambiato in corso d’opera. Il finale originale era Luciano che esce dalla Casa del Grande Fratello, scavalcando le mura di Cinecittà [dopo essere stato dentro l’area del set, ndr]. Si imbatte in Michele, che intanto lo stava cercando per tutta Roma dove erano andati per la Via Crucis. Lui diceva “Sono entrato! Sono riuscito a entrare! Ci sono stato!” e io rispondevo “Io ho visto il Papa! L’ho toccato! Mi ha toccato”. C’è così di nuovo questo incontro tra il ‘mistico’e il ‘terreno’: lui proveniva dal mondo dei sogni, mentre io provenivo dal mondo della realtà.
Un incontro tra mistico e terreno che Paone spiega essere ben simboleggiato anche dalla posizione ‘geografica’ di Cinecittà, in cui un muro separa la ‘città dei sogni’ da una periferia spoglia e in fondo squallida. A questo dialogo tra mondi lontani Garrone ha poi preferito il finale a noi noto. Paone continua:
Lui (Garrone, ndr) ha deciso di lasciare aperto il finale perché ha deciso di concentrare il suo pensiero più sulla questione di come un uomo, in questo caso di modesta estrazione sociale e quindi quasi sempre anche culturale medio bassa, si confronta con il sogno del diventare “ricco e famoso”.
E il pubblico segue Luciano, felice come un bambino, girovagare ‘nell’acquario’ della casa del GF (il lungo corridoio perimetrale dietro gli specchi in cui si ‘nascondono’ le telecamere) ed entrare dentro la Casa,nelle stanze del loft, nel giardino, a un passo dai concorrenti. Nessuno lo vede. Nessuno lo ferma. E qui entra in scena ‘l’interpretazione’, anche se – rifiutando l’idea dell’invisibilità del protagonista – la scelta su cosa sia ‘realmente’ successo è piuttosto obbligata. Non è difficile ‘capire’ che Luciano in quella casa non ci è mai entrato. Non almeno come ‘sogna’di fare, spaparanzandosi sui lettini di design della piscina.
Ancora un commento di Paone sul finale poi scelto da Garrone:
Secondo me è molto più giusto questo finale perché induce alla riflessione. Noi siamo molto più abituati al vissero tutti felici e contenti oppure ‘morirono tutti’. Insomma un finale, qualunque sia. Invece questo lascia possibilità di discussione, di confronto.
Alla fine lo scontro tra il mistico e il terreno di cui parla Paone si perde un po’ nella costruzione del film, così come l’impronta strettamente religiosa della ‘fede’ di Michele, personaggio non per questo meno preciso e puntuale nel fare da contrappunto alla ‘fede irrazionale’ dell’onnipotenza taumaturgica del reality (e della Televisione) in cui finisce per perdersi Luciano. Intanto la verità di Paone sul vero finale di reality val più di mille saggi di cinematografia eisensteiniana.