La finestra di Alice – Una commedia con sfumature noir, al cinema dal primo maggio 2013
Da “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock a “La finestra di Alice” di Carlo Sarti, con il giallo in salsa noir, interpretato da Sergio Muniz, Fabrizio Bucci, Debora Caprioglio, Cinzia Fornasier e il barbuto Enrico Beruschi.
Con un titolo che rimanda a “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock, un voyeur provvisto di binocolo che vive incollato alla finestra, “La strana coppia” di coinquilini agli antipodi che risveglia il ricordo di Jack Lemmon e Walther Matthau, Carlo Sarti sceneggia e firma la regia de La finestra di Alice, portando sul grande schermo Sergio Muniz ( Fabio Fernandez), Debora Caprioglio (Antonella) e Enrico Beruschi (l’editore), insieme a Fabrizio Bucci (lo scrittore voyeur) e Cinzia Fornasier (Alice).
Gabriele (Fabrizio Bucci) è uno scrittore timido e squattrinato, che trascorre le sue giornate a spiare con il binocolo la finestra di Alice (Clizia Fornasier), la bella vicina del palazzo di fronte, che si limita ad ammirare da lontano.
Una routine stravolta dall’arrivo del dirompente coinquilino Fabio Fernandez (Sergio Muniz), avventuriero senza radici, di dubbie origini e nessun senso dell’ordine e della puntualità, soprattutto per il pagamento dell’affitto, per giunta sospettato dalla polizia quando nella casa di fronte spiata da Gabriele, avviene un misterioso assassinio.
Una commedia ferrarese dalle sfumature noir, girata con una cinepresa Arriflex 35mm, sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), prodotta e distribuita da Giorgio Leopardi con Borgo dello Spettacolo, che dopo l’anteprima nazionale (piacentina) del 23 aprile, arriva nelle sale italiane il Primo maggio 2013, e non più il 2 maggio, come programmato in origine.
Note di Regia
Il film è una commedia di formazione sulla ricerca della propria identità. Il binocolo con cui il protagonista scruta la vita “degli altri” è la rappresentazione del limite esistenziale e affettivo del protagonista Gabriele. E in Gabriele il desiderio lancinante di superare il suo mondo chiuso passa proprio attraverso lo sguardo con il binocolo. Ma si tratta di una battaglia persa in partenza. Il binocolo, infatti, nel nostro caso non è che uno strumento di solitudine. Solo nel confronto vero con gli altri potrà avvenire la vera crescita della persona.
La Regia è al servizio della storia, quindi i movimenti di macchina e le inquadrature sono assolutamente funzionali ad essa: non sono presenti nel film acrobazie e dolly spettacolari, che sarebbero fuori luogo rispetto alla sceneggiatura. La fotografia è volutamente molto calda e il ritmo narrativo fluido è sottolineato dalla musica post-minimalista di Gianluca Porcu. Carlo Sarti