Jimmy Bobo – Bullet To the Head: le recensioni dagli Usa e dall’Italia
Sylvester Stallone è tornato. Ma è un bene?
Qualche tempo fa ci aveva provato Arnold Schwarzenegger con The Last Stand ma il film non aveva sfondato. Ora è il turno del collega Sylvester Stallone che è tornato al cinema con Jimmy Bobo – Bullett to the head, diretto da Walter Hill. Dopo aver letto la nostra recensione, ecco oggi uno sguardo ai pensieri dei critici Americani e Italiani. Ma forse l’importante è il pubblico: a voi è piaciuto?
David Edelstein – Vulture: Di per sé il film funziona.
Chris Nashawaty – Entertainment Weekly: il film non cerca di adeguare la sua star al 2013. Si fa finta di essere ancora nel 1986. E per 91 minuti, praticamente funziona.
Mick LaSalle – San Francisco Chronicle: nel film la violenza è improvvisa, sconvolgente e consequenziale. Non è per far ridere. E’ inquietante, e ci fa sentire a disagio, come si dovrebbe.
Robert Abele – Los Angeles Times: il film è un’iniezione di adrenalina nella memoria degli anni ’80.
Scott Bowles – USA Today: La sua unica qualità redentrice è che finisce. Alla fine.
Mark Jenkins – NPR: La trama non riesce a fornire una sorpresa… e le caratterizzazioni sono sottili anche per gli standard del genere.
Rafer Guzman – Newsday: La magia è nei dettagli, nelle piccole sorprese.
Soren Anderson – Seattle Times: Per i fan del genere è pane per i loro soldi.
Richard Roeper – Chicago Sun-Times: Questo è il genere di film d’azione senza cervello in cui Sylvester Stallone avrebbe recitato nel 1985.
Peter Travers – Rolling Stone: Sylvester Stallone spara in faccia alla gente. Questo è il sottotesto di questa brodaglia d’azione.
Trevor Johnston – Time Out: c’è una certa nostalgia degli anni ’80 ma, in tutta onestà, non è un granché.
Jordan Mintzer – Hollywood Reporter: Un vigoroso esercizio di muscoli, un divertimento senza cervello…
Maurizio Porro – Il corriere della sera: Action movie alla Walter Hill, con la cinepresa che fa da stuntman ai due personaggi sullo sfondo d’una violentissima New Orleans dove Stallone, accompagnato dal poliziotto coreano bon ton di Washington, deve vendicare la morte del socio in un trionfo d’amoralità (…) Tratto da un fumetto francese, il film di Hill vede la vita come la materia di cui son fatti gli incubi con sprazzi di umorismo, battute e battutacce. È quasi un musical bombarolo ma con riferimenti al western, paesaggi notturni di palpabile infelicità e un duello finale con asce contro il perfido Jason Momoa: pensare che produce e distribuisce Disney.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: Sullo sfondo di una cupa New Orleans, Hill conduce il gioco con un’essenzialità e una velocità di ritmo rari nel cinema d’oggi. Le battute sono tutte di Sly, mentre lo scialbo Kang si limita a fare la figura dello stupido.
Francesco Alò – Il Messaggero: Cinema classico per i ragazzi degli anni ’80: nessun ammiccamento cinefilo, trama basica, zero ambiguità morale, antiretorico al massimo (la chiusa di Stallone sa addirittura di esistenzialismo). La lotta finale tra Stallone e Momoa a colpi di ascia, lascia senza fiato. Bentornato Mr. Hill.
Alberto Crespi – l’Unità: Che il film sia costruito con ritmo impeccabile, e magnificamente girato, non deve sorprendere. Un pizzico di sorpresa ci sarà nel vedere quanto è bravo Stallone, sia pure con il volto tumefatto dalla chirurgia plastica, in questo ruolo da killer donchisciottesco con figlia a carico. Ma Stallone, checché se ne dica, è sempre stato bravo quando a dirigerlo c’erano registi diversi da lui stesso. L’accoppiata con Hill è fulminante, ed è incredibile che abbiano dovuto superare la sessantina per lavorare insieme. Meno male che è successo.