Rotterdam 2013: Ginger and Rosa – Recensione del film di Sally Potter
Sally Potter ci immerge nella Londra dei primi anni ’60 con il dramma di una giovane e sognante idealista. Recensione in anteprima di Ginger and Rosa
Siamo in piena Guerra Fredda. L’incubo di una catastrofe nucleare aleggia sul mondo, mentre la crisi dei missili di Cuba rappresenta un pagina troppo fresca perché possa già essere derubricata a mero ricordo. In questo contesto si muovono e operano le due protagoniste, nonché migliori amiche, Ginger e Rosa.
I primi anni ’60 sono però anche prodromi all’imminente periodo di contestazione, tema più e più volte rievocato e che anche qui a Rotterdam non rappresenta alcuna novità. Si tenta quindi di fornirci un quadro, per lo più sommario, riguardo a cosa significasse cresce in quel periodo, attraversando la delicata fase dell’adolescenza mentre gli adulti in primis sembravano smarriti, non del tutto preparati all’avvicendamento che si stava consumando.
Da un lato, quindi, una minaccia di portata generale. Dall’altro, invece, gli equivoci e le incomprensioni che sfociano nel classico dramma familiare. Quel tipo di famiglia “moderna”, però, decisamente più aperta e non vincolata al concetto tradizionale del cosiddetto focolare. Come reagiscono due giovani ragazze a tutto ciò?
La Porter ci racconta una storia che grossomodo potrebbe avere anche indirettamente vissuto, considerato che in quel periodo ha avuto l’età delle sue due protagoniste. Tuttavia, ad un buon inizio, comincia a sostituirsi qualcos’altro. Con il progredire della vicenda, va poco a poco insinuandosi uno sfuggente elemento di disturbo che tende a minare l’intero contesto. Non tanto la piega drammatica, quanto l’efficacia del quadro che ci viene proposto inizia a venir meno.
Troppa carne al fuoco per poterne intravedere la reale portata, alla luce di spunti che si mescolano e vengono però lasciati a lievitare fino a che uno non copre l’altro. Da un lato la rivendicazione velatamente femminista, secondo cui la donna, vittima o carnefice, sia l’unica dotata di buon senso: questo deduciamo dalla figura della madre (Christina Hendricks) di Ginger, agnello immolato sull’altare di un nucleo irrimediabilmente sfasciato, o da quella di Rosa (Alice Englert), figure speculari anche e soprattutto perché circuite dal medesimo, viscido figuro.
Ma come non evidenziare il profilo quasi cristico di Ginger (Elle Fanning)? Stretta tra due fuochi, ossia l’amore per il padre e quello per la libertà, quest’ultima prerogativa trattata con molta accondiscendenza e che funge da elemento catalizzatore delle azioni tanto del padre che della figlia.
Ne esce fuori (consentiteci l’espressione) un mezzo polpettone sul dramma di una famiglia rotta dall’incontinenza di un padre abietto, che per di più cela i propri, rovinosi limiti dietro il paravento dell’ideologia. Messaggio tutto sommato condivisibile in alcune sue parti, ma qui siamo nell’ambito della valutazione meramente personale. Ciò che non quadra è il modo mediante cui il contesto viene mostrato; sostanzialmente privo di quel mordente che certe situazioni di per sé non facili da gestire richiederebbero.
Peccato perché almeno la prima mezz’ora fila via decisamente bene, con un discreto ritmo, una buona impostazione in termini di sceneggiatura ed una buona regia. Manca pressoché del tutto, e questo aspetto lo si attende con ansia sin dalle prime battute, quell’atmosfera da Swinging London che certamente avrebbe contribuito non poco. D’altra parte il film è ambientato a Londra proprio in quegli anni, ma, salvo qualche timido cenno, il riscontro non convince affatto a pieno.
Calata molto bene nella parte Elle Fanning, sorella più piccola di quella che un tempo fu una precocissima Dakota. Tuttavia nemmeno la sua apprezzabile e meritoria prova riesce a coprire certe falle, di cui vi abbiamo appena messo a parte. Ed alla fine si è prevalsi da una sensazione più di incompiuto che altro, per via di un cerchio che sì viene chiuso, ma non senza delle irregolarità.
Voto di Antonio: 5
Voto di Gabriele: 4