Abbuffate festive: film a tema “culinario”
Tra le menzioni festive non potevano certo mancare le tradizionali abbuffate di questo periodo. Cibo e cinema si incontrano nei modi più svariati
Il periodo natalizio, si sa, tra i tanti vezzi abitudinari se ne trascina uno particolarmente caro: le abbuffate. Dalla Vigilia di Natale fino a capodanno è tutto un susseguirsi di pranzi e cene fastosi, degni delle corti più blasonate di certe epoche oramai scomparse. Da Nord a Sud, ognuno a proprio modo, si dà a questa (sotto ogni aspetto) dispendiosa pratica, facendo provviste come se per i sei mesi successivi dovesse sprofondare nel sonno letargico.
Alla luce di tale premessa, c’è un accostamento che si pone da solo, praticamente: quello tra cinema e cibo. Non intendiamo certo sobbarcarci l’onere e l’onore ai quali solo un circostanziato libro potrebbe far fronte, ma su queste pagine, dato il periodo, non possiamo certo glissare su quei non rari esempi di convergenza tra questi due mondi.
Lo facciamo stilando una contenuta lista di sette pellicole, a nostro parere appropriate per l’occasione. Film in cui, pressoché in tutti i casi, il cibo non fa che da sfondo, accompagnando le vicende in essi narrate. Opere in alcuni casi estreme, da qualunque prospettiva le si voglia guardare. Ma soprattutto, frammenti di cinema che vale assolutamente la pena di vedere, prima, durante o anche capodanno.
- La grande abbuffata: partiamo con uno dei più feroci film di Marco Ferreri, inviso a molti critici, nonché alla censura. Una critica oltremodo aspra alla società del benessere e del consumo, motteggiata quasi senza filtro, in maniera platealmente disadorna. Un cast notevolissimo, composto da Mastroianni, Tognazzi, Noiret e Piccoli, per un’opera che fa scalpore a prescindere da qualsivoglia valutazione
- Ratatouille: uno dei pesi massimi in casa Pixar, non poteva certo mancare la storia del ratto aspirante cuoco per eccellenza. Commovente, a tratti non manca di far riflettere su certi argomenti. Le peripezie di questa bestia minuscola e bistratta la quale, unica in tutta Parigi, riesce ad intenerire un critico spietato come Anton Ego.
- Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante: c’è tutto Peter Greenaway in questo suo settimo, controverso film. Il sesso, allusione resa esplicita già dal titolo, si mescola con altre tematiche, dalla portata amplificata. Cucina e amore pervertite dalle fondamenta e culminanti in un degno epilogo animalesco; dopo averci condotto attraverso i meandri del tetro ristorante francese Le Hollandais.
- La mia cena con André: ecco uno dei film più sperimentali di Louis Malle. Tutto si svolge nell’ambito di una cena tra un modesto sceneggiatore (Wallace Shawn) ed un regista di successo (Andre Gregory). L’attenzione viene focalizzata sulla conversazione che si instaura tra i due, dove lo spettatore s’inserisce come un terzo occhio (e orecchio) decisamente indiscreto. Si parla di tutto: derive new age, esperienze mistiche, ruolo del teatro nell’età contemporanea, realizzazione personale, arte e via discorrendo. Un film da seguire sorseggiando del buon vino. Per alcuni senz’altro inavvicinabile, ma che qua e là riesce a toccare qualche punto giusto. Citazione: “Tutti recitano così bene nella vita reale che la recitazione a teatro sembra quasi superflua“.
- Il pranzo di Babette: Oscar per il miglior film straniero nel 1988, questo film danese asseconda le istanze di un certo cinema scandinavo. Quello misticheggiante, esposto ad una certa tensione che è essenzialmente frutto della longa manus luterana sui Paesi del centro e nord Europa. Altro esempio di come veicolare un messaggio, per di più alto, mescolando due mondi così lontani eppure così vicini.
- Delicatessen: già citato nella classifica dei film latori di sventure, Delicatessen esaspera in tono grottesco un mix stranamente accattivante. Tra le tante definizioni di quest’opera di Jean-Pierre Jeunet, la più curiosa ci pare questa: “commedia dark e fantasy incentrata sul cannibalismo”.
- 2022 – I sopravvissuti: 2022, dove il cibo siete (siamo) voi (noi). Film di denuncia che precede e per certi aspetti propizia il formarsi della corrente ecologista che spopolerà qualche tempo dopo. Uno scenario tristemente familiare, foriero di istanze discutibili e poco discusse (se non a senso unico) circa la presunta mancanza di risorse. Dove un barattolo di marmellata assume l’entità di una sacra reliquia e la morte non è mai stata così dolce (e nutriente).