Home Recensioni Courmayeur 2012: La traversée – la recensione (Concorso)

Courmayeur 2012: La traversée – la recensione (Concorso)

Cineblog recensisce in anteprima La traversée, thriller psicologico di Jérôme Cornuau, nonché uno dei migliori film in Concorso al Noir Film Festival 2012

pubblicato 15 Dicembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 19:20

Proprio nelle battute finali, quando oramai il Noir Film Festival sembrava aver detto tutto, ecco l’opera che non ti aspetti. La traversée di Jérôme Cornuau è un film costruito con un encomiabile perizia, dove tutto viene abilmente collocato al posto giusto, calamitando su di sé un’attenzione sincera, quasi famelica. Poco felice, a nostro giudizio, la scelta di proiettarlo a mezzanotte, quale film di chiusura tra quelli in Concorso qui a Courmayeur.

Perché La traversée è un’opera solida, intelligente e dallo spiccato fascino. Per foraggiarvi di qualche coordinata, immaginate un calderone in cui si mescolano elementi tratti da Il sesto senso, con altri espunti da Inception e Fight Club; il tutto condotto con la sensibilità di un cineasta francese, il quale però segue le orme del thriller anglosassone. In sintesi, ci pare che questa sia la ricetta.

Un noir contemporaneo duro e puro, dove i riferimenti temporali e spaziali fungono più da sottili sfumature che da inflessibili fattori dispotici. Il terreno è quello della psiche, che si scontra con quello delle emozioni. Cuore e cervello delimitano i reali confini di quest’opera, a conti fatti una delle sorprese più piacevoli di questo Festival.

In vacanza con la madre, Lola improvvisamente scompare nel nulla. Distrutti dal dramma di aver perso la propria figlia, Martin e Sarah si separano. Ma è l’ex-marito a restare travolto da questa orribile tragedia, a causa della quale non riesce letteralmente ad andare avanti, perdendo anche il proprio prestigioso lavoro.

Dopo due anni però, all’improvviso, Lola ricompare. Martin non ha tempo di porsi domande, poiché non vede l’ora di riabbracciare l’amata figlia, alla cui scomparsa non si era mai rassegnato in quel lasso di tempo. Tuttavia immediatamente dopo la comprensibile euforia iniziale, tutte quelle domande inizialmente ritenute superflue, tornano prepotentemente a fare pressione. Dov’è stata negli ultimi due anni? Cosa è successo? Si è trattato di un rapimento o cos’altro?

Quesiti tremendi, per i quali Martin si strugge, barcamenandosi tra la forte esigenza di conoscere la verità e la discrezione verso lo stato di Lola, scossa a tal punto da non voler nemmeno aprire bocca. Fin qui le premesse per la solita manfrina hollywoodiana di second’ordine ci sono tutte. Ed invece, di lì a poco, toccherà ammettere che le cose non stanno affatto così, riconoscendo una serie di pregi non indifferenti al film di Cornuau.

Il ritmo è decisamente ben dosato, approdando ad una situazione di stallo solo ed esclusivamente in prossimità della definitiva risoluzione della faccenda. Prima il regista francese riesce a proiettarci in maniera spigliata in un contesto dai contorni mai nettamente delineati, sempre incerti e quindi carichi di un’intensità coinvolgente. Un’atmosfera costantemente cupa, spettrale, di cui solo alla fine possiamo cogliere certe sfaccettature.

Eppure, anche se ignari tanto quanto Martin, la regia di Cornuau lavora perfettamente, senza mai incartarsi. I dettagli di questo contorto mistero vengono argutamente centellinati, fino alla fine, quando tutti i pezzi del puzzle disseminati lungo il territorio degli eventi vengono assemblati, assumendo un’appagante consistenza.

Sì perché il vero centro de La traversée è proprio questo, ossia la ricostruzione di quei due anni in cui di Lola non si è saputo più nulla. Chiaramente le tematiche si diramano anche verso altri lidi, a partire dal percorso di un padre che perdendo la propria figlia perde pure sé stesso. A suggerircelo è in particolare una battuta, quando alla compagna di viaggio di Martin, Norah, una voce inquietante sussurra al telefono: “vuoi continuare a vivere?“. Esatto, dietro alla struggente ricerca della figlia e del suo recente passato, Martin deve in realtà dare un senso alla propria vita. Come continuare e perché, insomma.

Non lasciatevi ingannare dai toni intrinsecamente drammatici della vicenda, perché i risvolti strazianti dell’odissea di Martin e Lola risultano splendidamente funzionali ad una risoluzione spiazzante, inattesa e sorprendente. Con quel suo rimestare nelle zone d’ombra della complessa mente umana, Cornuau ci consegna un ottimo thriller, carico di suspense e di gran lunga meno accondiscendente di quanto alcuni potrebbero erroneamente supporre.

Teso, intenso e dalla forma quasi impeccabile per via tra l’altro di una fotografia meravigliosa, La traversée esplode nelle ultime battute con un furore che non può di certo lasciare indifferenti; merito anche di una sceneggiatura equilibrata e di una messa in scena accattivante.

Voto di Antonio: 8

La traversée (Francia, 2012). Di Jérôme Cornuau, con Michaël Youn, Emilie Dequenne, Fanny Valette, Pauline Haugness, Jules Werner, Jean-François Wolff ed Hervé Sogne.