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Roma 2012: quando la Giuria distrugge un Festival

Per colpa di un’incompetente giuria, il Festival di Roma affonda a causa dei premi assegnati

pubblicato 18 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:05

Jeff Nichols, Timur Bekmambetov, Valentina Cervi, Edgardo Cozarinsky, Chris Fujiwara, Leila Hatami e P.J. Hogan. Eccoli qui i magnifici sette che hanno preso a sassate la settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. La giuria ‘internazionale’ che ha semplicemente deriso il lavoro della stampa e dei critici arrivati da ogni parte di mondo, ad ammirare i titoli selezionati da Marco Muller per il suo primo Concorso capitolino.

Dopo quasi 10 giorni di proiezioni, non solo i media ma anche lo stesso pubblico, che accolse la prima serale di E la chiamano Estate con fischi, fughe dalla sala e buu ripetuti, sono stati ‘umiliati’ da 7 personaggi che hanno sfidato il buongusto, il senso estetico, e perché no, anche quel poco di ‘vero’ Cinema che si è visto all’ombra del Cupolone.

Una Giuria dovrebbe avere il compito di premiare il ‘meglio’, senza se e senza ma, e dopo attente riflessioni. Ma ieri, all’Auditorium Parco della Musica, è accaduto qualcosa di impensabile. Un incredulo Larry Clark ha fatto suo il Marc’Aurelio d’Oro, grazie ad un film vuoto, scontato, sessualmente esplicito e gratuito, che trasuda inutilità. Peggio è successo con il tutt’altro che umile Paolo Franchi ed Isabella Ferrari, incoronati tra l’indignazione e lo scetticismo generale. Cosa abbiano visto, i magnifici 7 sopra elencati, resta un mistero. Ma certo è che l’immagine del Festival di Roma proiettata nel mondo è un’immagine ridicola, incomprensibile e immeritatamente di bassa lega. Perché di bei film se ne sono visti (scordarsi di Roman Coppola è pura comicità), mentre a vincere sono stati i titoli peggiori, i più brutti, pseudo provocatori e confusionari, a dispetto di altri qualitativamente più elevati, e a dir poco scippati dall’inattesa coppia.

“Ci siamo sentiti violentati da ben altri tipi di film, che ci sputavano in faccia una sorta di perfezione e conformismo cinematografico. Franchi invece ha prestato il fianco a una malattia, la malattia di un uomo che a volte cade sì nel ridicolo, ma che ci ha incuriosito e accompagnato”.

Queste le parole della ‘giurata’ Valentina Cervi, che ha così confermato l’assurda motivazione del premio a Franchi, partorito solo e soltanto perché straniante, ‘diverso’ e a suo dire quasi ‘coraggioso’, nell’essere anche ridicolo. Da oggi in poi, paradossalmente, i film imperfetti e anticonformisti potranno quindi ambire al massimo dei premi internazionali, a scapito di pellicole fastidiosamente ‘perfette’.

Ciò che hanno fatto i magnifici 7 è stato deprimente, per lo stesso Festival del Cinema di Roma, che andava in cerca di credibilità internazionale, qui presa a cazzotti da una giuria che al momento di scegliere si è affidata al ‘polemicometro’. Ancora una volta, sia il pubblico che la critica on line hanno visto e giudicato diversamente dai ‘7’ intoccabili, premiando l’americano The Motel Life, perché emozionante, impreziosito da splendidi inserti animati, interpretato da una coppia di attori in stato di grazia e ‘impeccabile’, dal punto di vista puramente tecnico.

Ma a Jeff Nichols, Timur Bekmambetov, Valentina Cervi, Edgardo Cozarinsky, Chris Fujiwara, Leila Hatami e P.J. Hogan tutto ciò interessava poco. A loro bastava umiliare e ridicolizzare una manifestazione, travolta dalle polemiche prima, durante e dopo l’assegnazione dei premi principali, andati a due film che probabilmente non vedrà nessuno. Perché Marfa Girl sarà visibile solo e soltanto on line, mentre E la chiamano Estate continuerà a riempire più pagine di giornali che sale. Tanto da far dimenticare il Festival, e i suoi contestati vincitori, nel giro di una settimana. Grazie ragazzi.

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