Joaquin Phoenix parla di I’m Still Here; e su The Master: “Pensavo fosse una commedia” – Nuove foto
L’attore si confida col Time sul discusso mockumentary di Casey Affleck, e parlando di The Master dichiara che gli sembrava una commedia: non solo una provocazione…
Ha fatto una brutta figura, Joaquin Phoenix, durante la presentazione di The Master di Paul Thomas Anderson alla 69. Mostra del cinema di Venezia. Durante la conferenza stampa al Lido ha parlato poco, si è mostrato parecchio annoiato ed ha pure fumato una sigaretta. Più tardi, durante il red carpet, c’ha praticamente volato sopra, fuggendo dai fotografi per correre in sala. Poi, però, è tornato indietro a regalare qualche autografo.
Disagio e disagio, sottolineato dai media ed allargato dalle voci al Lido, dove Phoenix era praticamente additato come la solita star “maleducata” di turno, il Vincent Gallo del 2012. Tutto vero, eh. Phoenix non s’è neanche presentato a ritirare la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile vinta ex aequo assieme al collega Philip Seymour Hoffman. Peccato che nessuno pare ricordarsi che proprio a Venezia, nel 1993, il fratello River Phoenix aveva vinto lo stesso premio, grazie a Belli e dannati di Gus Van Sant. Due anni prima di morire.
Joaquin, dopo la morte di River, aveva abbandonato la carriera d’attore. C’è voluto proprio Van Sant, che gli ha offerto un ruolo in Da morire, per farlo tornare a recitare davanti alla macchina da presa. Era il 1995. Di River, Joaquin non ha mai voluto parlare troppo: sin da quando in tv comparve, disgustosamente, la sua chiamata d’aiuto al 911, effettuata mentre River era in coma, l’attore ha voluto lasciare pochissime dichiarazioni a riguardo, per paura che fossero strumentalizzate o manipolate. “Sono orgoglioso di mio fratello”, disse una volta: basta e avanza.
È un personaggio più complesso di quel che appare, Joaquin Phoenix: potrebbe anche posizionarsi a metà tra la strafottenza più pura e la malinconia più profonda. Non è di certo scontato, anche quando lascia dichiarazioni “assurde” come quella che abbiamo inserito nel titolo del post, salvo poi contestualizzarle, confessandosi in un’intervista a Time:
Ho visto un primo montaggio [di The Master], senza musiche. Ho pensato fosse una commedia. Giuro! Ho riso tutto il tempo mentre lo guardavo. Ero lì seduto a fianco di Paul e gli ho detto: “Ma è esilarante!”. Ho questo orrendo senso dell’umorismo per il quale penso che il disagio sia divertente – in parte perché io stesso provo molto disagio, ed è un modo per riderne e liberarsene.
Continua dopo il salto.
Tre anni fa, l’11 febbraio 2009, ci fu l’uscita (s)cult da David Letterman, durante la promozione di Two Lovers: occhiali scuri, barba lunghissima, atteggiamento strafottente. Un paio di anni fa venne poi presentato a Venezia il “documentario” I’m Still Here (da noi Joaquin Phoenix – Io sono qui!), con il quale Casey Affleck indagava nei due anni perduti della carriera di Joaquin Phoenix. Poi, la verità: una “bugia”, un esperimento, un mockumentary che però, tra l’altro, non ha portato molto di buono all’attore, e nemmeno al film di James Gray:
Naturalmente, mi fa sentire malissimo pensare che questo possa aver inciso negativamente su Two Lovers, perché ovviamente provo una grande ammirazione e un grande amore per James e per il suo lavoro, e non vorrei mai che le mie cose personali si mettano in mezzo alla vita di un film.
Con Gray, il quale tuttavia sapeva tutto del mockumentary al momento delle riprese, l’attore è tornato a lavorare nel suo nuovo film, Nightingale (ex Lowlife), di cui a sorpresa sono state mostrate alcune scene a Telluride. Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire. E I’m Still Here, dopotutto, appare comunque come una tappa “necessaria” all’attore:
Recitare mi stava irritando, in parte perché stavo prendendo la recitazione troppo sul serio. Voglio essere così bravo che la prendo sul personale. È come l’amore: quando t’innamori, non sei più te stesso. Perdi il controllo nell’essere naturale e nel mostrare le parti belle di te stesso, e tutto ciò che gli altri vedono è una disperazione totale. E ciò è molto sgradevole. Una volta diventato un buffone, è stato davvero liberatorio.
Quante volte i giornali hanno giocato sul significato del cognome dei Phoenix? La fenice rinasce sempre dalle sue ceneri. Sarà banale ribadire il concetto, ma per Joaquin è (sempre stato) così:
Vedevo gli attori bambini e diventavo così geloso, perché sono completamente liberi. Se uno riuscisse a convincerli che qualcosa di spaventoso sta per accadere, loro proverebbero paura per davvero. Volevo sentirmi esattamente così. Ho recitato per troppo tempo, è la recitazione si è in qualche modo rovinata per me. Volevo ficcarmi in una situazione che mi avrebbe fatto sentire totalmente nuovo e che, magari, mi avrebbe ispirato un nuovo modo di avvicinarmi alla recitazione. E questo per me ha funzionato davvero.