Venezia salva? Ci prova Alberto Barbera
Italo Moscati parte per il festival di Venezia a nome di Cineblog
Parto per la Mostra del cinema di Venezia e in valigia mi porto come reliquia preziosa il libro di Simone Weil intitolato Venezia salva pubblicato dalla casa editrice Adelphi sul finire del Novecento. In realtà, uso la parola “reliquia”, se si può, in modo ironico e non c’è alcun intenzione di omaggio al passato o a forme di devozione che sarebbero veramente fuori luogo. La uso perché il libro è davvero bello e utile; e perché evoca una antica vicenda molto istruttiva.
Sono sicuro che il direttore Alberto Barbera, tornato alla guida della Mostra, conosca sia il libro che la Weil, grande intellettuale, donna sensibile e attenta ai temi del potere. “Venezia salva” racconta una storia dei congiurati spagnoli che nel 1618 volevano impadronirsi di Venezia e distruggerla, una storia che in precedenza aveva suscitato interesse in grandi scrittori come Goethe e Hofmannsthal.
La Weil sostiene una tesi affascinante. I congiurati volevano distruggere Venezia capolavoro di città perché erano incapaci di “vederla” nel suo valore assoluto e nel suo futuro. Questo è accaduto e accade anche alla Venezia contemporanea, e non solo per quanto riguarda il cinema. Da molto tempo, Venezia e la Mostra vivono una esistenza inquieta, creano spesso scontento, insoddisfazione o parziale soddisfazione.
Le responsabilità spettano al solito teatrino della politica in cui hanno recitato e recitano male le loro parti contestatori e conservatori: sappiamo che raramente a Venezia, alla Biennale in cui rientra la Mostra che continuiamo ad amare, i politici sono riusciti a rinunciare ad avere influenze negative, nocive, distruttive.
I direttori della Mostra talvolta hanno provato a resistere, in altri casi non ci hanno provato o non ci sono riusciti. Ad esempio, alcuni di essi sono stati al servizio di ignobili politici che ordinavano persino premiazioni a film insostenibili, solo per averne un ritorno, come si dice, “politico”, in nome di una dimostrazione di potenza e di una incontenibile voglia di attrarre consenso a fini personali o di convenienze istituzionali. Si possono comodamente citare dei casi concreti. Ma tiriamo avanti.
Torniamo al simbolico libro della Weil in cui i congiurati sono guidati da un uomo che si chiama Renaud e incarna l’oppressione distruttiva sulla città- capolavoro. Perché pensa, come tanti, che la storia sia fatta solo dalla forza. A lui si contrappone Jaffier che “tradisce” i compagni perché è un uomo “che vede”, ovvero un uomo che vede davvero Venezia e la salva perché lo “merita”. La sua realtà, la sua bellezza, il suo futuro sono la “vera” forza.
Ecco, sono sicuro che Barbera, persona colta e stimabile, sarà lo Jaffier della situazione. Gli mando i miei auguri. Vedrà, spero,o almeno cercherà di vedere Venezia,la Mostra e il cinema in modo illuminato, corretto, sottratto ai tanti congiurati che distruggono spesso per mancanza di idee, credendo di averle e di imporre il nulla.
Il nemico di Venezia e del cinema è da tempo una minestra distratta e riscaldata, rinunciataria, e avviata alla decadenza, quella “morte a Venezia” che non sarà certo quella mostrata da grandi artisti come Thomas Mann o Luchino Visconti, ma solo quella di burocrati o speculatori distruttivi con o senza tessera in tasca o in testa. Buon lavoro, Venezia salva.