10 intramontabili classici del cinema italiano (video)
Il meglio del cinema italiano in 10 intramontabili classici.
C’era una volta un cinema italiano che metteva d’accordo pubblico e critica, che piaceva all’estero e capace di parlare allo spettatore senza trivialità gratuite. Si trattava di pellicole dalla messinscena genuina, supportate da attori carismatici e registi che creavano pellicole pensando in primis alle necessità dello spettatore e non a compiacere una certa critica in cerca di un’etichetta da “cinema d’autore” sempre più autoreferenziale.
E’ di questo particolare e purtroppo inimitabile cinema italiano che vi vogliamo parlare oggi, e lo facciamo con una speciale classifica video che raccoglie 10 intramontabili classici che hanno fatto del cinema un’eccellenza tutta italiana, contribuendo di fatto a creare una memoria collettiva specchio di epoche e transizioni generazionali che va oltre il fascino del grande schermo e dei suoi divi.
Scegliere 10 titoli è stato alquanto arduo e per farlo abbiamo deciso di attingere dalla lista 100 film italiani da salvare, progetto nato con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”, realizzato dalle Giornate degli Autori all’interno della Mostra del cinema di Venezia, con la collaborazione di Cinecittà Holding e il sostegno del Ministero dei Beni Culturali.
Vi lasciamo alla nostra classifica, come sempre accompagnata da video e commento.
1. Roma città aperta (1945)
Potente, evocativo con una Magnani immensa e un Aldo Fabrizi da riscoprire in questa partecipata digressione drammatica. Roma città aperta di Roberto Rossellini è un capolavoro del cinema mondiale e un manifesto del neorealismo italiano. L’affresco di Rossellini è genuino e incredibilmente impermeabile alla retorica, arriva dritto al cuore e narra con vigorosa partecipazione la guerra e le sue tragiche conseguenze. Imperdibile per chiunque ami il cinema nella sua forma più pura, fatta di volti, voci e atmosfere che pur narrando un preciso momento storico in realtà hanno una connotazione atemporale, per questo restano sospese nel tempo, impresse a fuoco nella storia del cinema e nella memoria collettiva.
2. Ladri di biciclette (1948)
Capolavoro del 1948 che fa parte del periodo neorealista del Vittorio De Sica regista, iniziato nel 1946 con “Sciuscìà” e culminato nel 1953 con “Stazione Termini”, nel mezzo classici come “Umberto D.” e “Miracolo a Milano”. De Sica con Ladri di biciclette imprime a fuoco nella storia della cinematografia mondiale il cuore pulsante di un’Italia che cerca di sopravvivere sulle macerie del secondo dopoguerra. Intenso, struggente e per certi versi inimitabile nella sua ricercata e coinvolgente genuinità.
3. Riso amaro (1949)
Il regista Giuseppe De Santis ebbe all’epoca la colpa, secondo parte della critica nostrana, di allestire un film neorealista ammicando un po’ troppo al melodramma di stampo americano. Riso Amaro è un film che ha il pregio di mostrare la vita delle mondine che faticano duramente nelle risaie della pianura padana per un tozzo di pane, una vita dura da cui si innesca inevitabilmente un desiderio di fuga alimentato, nel personaggio di Silvana Mangano, da cinema, fumetti e riviste effimere. Il film di De Santis, critiche a prescindere, è un pezzo di storia del cinema italiano e come tale va valutato, senza contare che ebbe anche il merito di lanciare un paio di divi italiani del calibro di Raf Vallone e Vittorio Gassman.
4. Bellissima (1951)
Bellissima è interamente costruito sulla capacità di regalare emozioni di un’attrice immensa come Anna Magnani che non sfiorisce con il tempo, i suoi difetti divenuti fascinosi vezzi, la sua bellezza tormentata e la sua personalità straripante non hanno tempo, non hanno luogo e il trascorrere degli anni l’hanno resa se possibile ancor più immensa e attorialmente inimitabile. Nel film di Luchino Visconti la Magnani è una madre al’inseguimento del successo che vede nella figlioletta il miraggio di una vita migliore Uno struggente ritratto di donna mai tanto attuale se visto in un odierno contesto in cui il mondo dello spettacolo inventa talenti inesistenti e trasmette valori plastificati di pura e incontestabile mercificazione della mediocrità.
5. Pane, amore e fantasia (1953)
Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini racconta la provincia del dopoguerra attraverso una serie di personaggi improntati alla simpatia e alla genuinità, un cast in stato di grazia e una trama esile esile, ma con tutti gli ingredienti giusti per coinvolgere gli spettatori, lanciando al contempo una memorabile Gina Lollobrigida che ritrae un personaggio che rimarrà nell’immaginario di un’intera generazione di spettatori. Comencini ibrida e traghetta il neorealismo, ne smussa l’impronta fortemente drammatica che ne caratterizzava la filmografia donandogli una leggerezza che ritroveremo poi in tanti altri classici a venire e che misceleranno “l’arte di arrangiarsi” con l’ottimismo di cui all’epoca gli spettatori reduci dalla devastazione della guerra necessitavano.
6. I soliti ignoti (1958)
Ideale capostipite della cosiddetta “commedia all’italiana”, il film di Mario Monicelli segue la scia di un gioiello di comicità come “La banda degli onesti” di Camillo Mastrocinque con Totò e Peppino De Filippo. Un cast perfetto, gag a raffica, memorabili caratteristi e un Gassman strepitoso, I soliti ignoti è senza dubbio un classico senza tempo, da vedere e rivedere come alcuni classici di Totò, senza mai stancarsi della perfezione della messinscena e dell’alchimia di un cast che lavora in perfetta simbiosi.
7. La dolce vita (1960)
Film artisticamente e stilisticamente di “transito” per Federico Fellini che fotografa un’epoca (fine anni ’50 e inizio anni ’60) e una città (la Roma di Via Veneto e dei paparazzi) imprimendole a fuoco nell’immaginario cinematografico collettivo e non solo. La dolce vita è uno dei film più celebri di sempre che pur travalicando gusti e generazioni, all’epoca della sua uscita non fu immune da critiche. Il film è stato recentemente omaggiato da Paolo Sorrentino con La grande bellezza che ne ha aggiornato la metafora di stampo satirico unita ad una tecnica sopraffina, ma il film di Felllini e alcune sue scene (vedi la scena del bagno nella Fontana di Trevi) rappresentano le fondamenta di un cinema vissuto come fascinoso e intramontabile refrain all’insegna dei bei tempi andati.
8. Le mani sulla città (1963)
Uno dei più riusciti film-inchiesta di sempre diretto dal compianto Francesco Rosi. Le mani sulla città sempre attuale racconta di “mala edilizia” tra speculazioni e tangenti in un’inquietante simbiosi tra politica e imprenditoria che, nonostante il trascorrere degli anni e l’avvincendarsi di governi, resta una piaga di cui sentiamo parlare ancora quotidianamente tra ponti pericolanti e soffitti crollati, elementi destabilizzanti che ben ritraggono la traballante situazione di un’Italia sempre sull’orlo del baratro.
I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce. (didascalia del film)
9. C’eravamo tanto amati (1974)
Uno degli intramontabili classici del cinema italiano firmato da Ettore Scola che viaggia atraverso trent’anni di storia e vita italiana fatta di trasformismi, ideali appannati e rivoluzioni mancate. Il film parla attraverso gli occhi di tre personaggi che rappresentano altrettante caratterizzazioni che vanno dall’idealista ad oltranza al trasformista per eccellenza, quest’ultimo interpretato da un Gassman memorabile nel delineare l’ambiguità e il pressapochismo morale di un italiano la cui coscienza e i cui valori sono facilmente plasmabili dai bisogni materiali. C’eravamo tanto amati è un film che ancora oggi mantiene intonsa la sua forza regalando malinconiche reminiscenze di un Italia che fu, ma anche interpretazioni di livello e una regia che si rivolge ad un platea vasta e variegata con i crismi del cinema d’autore, ma il cuore fieramente “nazional-popolare” di un cinema a misura di spettatore.
10. Una giornata particolare (1977)
Con Una giornata particolare il regista Ettore Scola mette a nudo due solitudini che senza cercarsi si trovano e senza volerlo leniscono il dolore di vite subite da cui sembra non esserci scampo alcuno. L’alchimia tra Sophia Loren e Marcello Mastroianni raggiunge il suo apice in due interpretazioni partecipate all’ombra di una Roma “distratta” da un evento storico per l’allora regime fascista, evento catalizzante che permetterà a due anime dolenti di confortarsi, anche se solo per un fugace momento. Scola crea un’atmosfera sospesa dilatando con maestria tempi e contrappunti emotivi, il regista e la sua macchina da presa si dimostrano ancora una volta schietti narratori di un quotidiano e di un’ordinario la cui straordinarietà ci regala emozionanti scorci di vita vissuta.