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10 modi per vincere un Oscar

I 10 innominabili segreti per vincere un Oscar

pubblicato 19 Dicembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 19:37

Chiunque lavori nel mondo del cinema, che sia attore, regista, sceneggiatore, scenografo o anche solo parrucchiere, non può che ambire a poter stringere tra le mani un Premio Oscar nel corso della propria esistenza professionale. Il massimo riconoscimento in ambito cinematografico, quest’anno arrivato all’87esima edizione, con annuncio dei vincitori in diretta tv la notte del 22 febbraio del 2015. A condurre l’evento Neil Patrick Harris, con Jean-Claude Carrière, Hayao Miyazaki e Maureen O’Hara celebrati con una statuetta ‘speciale’ alla carriera.

Nell’attesa di scoprire tutte le nomination, annunciate il prossimo 15 gennaio, proviamo quest’oggi a ‘giocare’ con l’Academy e con quelle che a nostro avviso possono essere considerate le strade più battute e ‘sicure’ per portarsi a casa un Oscar. 10 Comandamenti che qualsiasi major hollywoodiana conosce a memoria, nella speranza di imboccare la via giusta per poi issarsi sul tetto del mondo.

1) Interpretare un personaggio famoso

Innegabilmente il punto di partenza. Da che mondo e mondo la Mecca del Cinema ha premiato e travolto di applausi quegli attori e quelle attrici che con coraggio e capacità hanno riportato in vita memorabili personaggi realmente esistiti. Solo negli ultimi anni abbiamo assistito ai trionfi più che meritati di Meryl Streep, ovvero Margaret Thatcher in The Iron Lady; Daniel Day-Lewis, aka Abraham Lincoln in Lincoln; Colin Firth, ovvero Re Giorgio VI ne Il discorso del re; Forest Whitaker, spaventoso Idi Amin Dada ne L’ultimo re di Scozia; Philip Seymour Hoffman, memorabile Truman Capote; Jamie Foxx, sorpendente Ray Charles in Ray; Helen Mirren, divina Regina Elisabetta in The Queen; Julia Roberts, stupefacente Erin Brockovich nell’omonimo titolo di Soderbergh. E potremmo continuare all’infinito, arrivando fino al Ghandi di Ben Kingsley e all’Antonio Salieri di F. Murray Abraham in Amadeus. Immancabile l’eccezione che conferma la regola, ovvero Leonardo DiCaprio, snobbato nel terrificante trucco di J. Edgar e nominato ma sconfitto dopo la sublime prova d’attore in The Aviator di Scorsese, film che lo vide indossare gli abiti e le ossessioni di Howard Hughes.

2) Interpretare un personaggio fisicamente o mentalmente disabile

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Altro ruolo che in quel di Hollywood ha sempre avuto il suo fascino è quello del personaggio ‘disturbato mentale’, o fisicamente provato. Dal lontano 1975, anno in cui Jack Nicholson planò sulla statuetta grazie a Qualcuno volò sul nido del cuculo, passando per l’incredibile Dustin Hoffman di Rain Man, il Tom Hanks di Forrest Gump e l’indimenticabile pianista David Helfgott di Shine, Geoffrey Rush. Anche in questo caso eccezione che conferma la regola targata Leonardo DiCaprio, a 20 anni appena nominato per l’intensa prova d’attore in Buon compleanno Mr. Grape. Ma a sconfiggerlo, immeritatamente, fu Tommy Lee Jones con Il fuggitivo.

3) Incrociare Harvey e Bob Weinstein

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I due uomini più potenti di Hollywood? Difficile a dirsi, ma certo è che la reputazione in casa Oscar di Harvey e Bob Weinstein è da tempo leggenda. Nel corso degli anni più e più film dei due produttori hanno trionfato in casa Academy, lasciando più di qualche dubbio sul ‘perchè’ di simili trionfi. Dalle 9 statuette de Il Paziente Inglese alle 7 di Shakespeare in Love, per poi passare alle 6 di Chicago, le 5 di The Artist e le 4 de Il Discorso del Re. Se i film prodotti dai due Weinstein non vincono, è facile che ottengano comunque una nomination. Il loro principale pregio? Aver scoperto e regalato al mondo Quentin Tarantino. Quest’anno si giocheranno 3 carte: St. Vincent, il doc Citizenfour e The Imitation Game. Difficilmente torneranno a casa a mani vuote. L’eccezione che conferma la regola? Gangs of New York di Scorsese, da loro prodotto: 10 nomination agli Oscar e 0 statuette vinte. Di Caprio presente.

4) Interpretare un personaggio gay o transgender

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In principio fu Tom Hanks con Philadelphia, anche se all’epoca la produzione del film si concentrò soprattutto sul discorso ‘AIDS’, evitando di marcare la sessualità del suo protagonista. Poi fortunatamente anche l’omosessualità ha frantumato le alte mura censoree di Hollywood, vincendo importanti riconoscimenti. Straordinaria Hilary Swank nel 1999 con Boys Don’t Cry, titolo nato dalla vera storia di Teena Brandon, transgender biologicamente donna che cambiò il proprio nome in Brandon Teena. 5 anni fa, con Milk, Sean Penn ha vinto il suo secondo Oscar grazie all’icona dei diritti glbtq Harvey Milk, mentre meno di un anno fa è stato Jared Leto a portarsi a casa una statuetta grazie al ruolo della transgender tossicodipendente e sieropositiva Raion in Dallas Buyers Club. Occhio al prossimo anno con Eddie Redmayne, nei panni della prima trans della storia in The Danish Girl. L’eccezione che conferma la regola? La meravigliosa Felicity Huffman di Transamerica, immeritatamente sconfitta da Reese Witherspoon nel 2006.

5) Ingrassare, dimagrire o imbruttirsi

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Altra regola base di Hollywood, la trasformazione fisica del divo. Il Metodo Stanislavskij che prende il sopravvento su salute, guardaroba e specchi. Ingrassare, dimagrire o imbruttirsi è un classico a cui da sempre gli attori sono abituati. Uno dei primi a trarne vantaggio, in tal senso, fu Robert De Niro, ingrassato di 30 kg per Toro scatenato, mentre Matthew McConaughey, appena un anno fa, ne ha persi più di 20 per Dallas Buyers Club. Nel mezzo l’irriconoscibile Marion Cotillard de La vie en Rose, l’imbruttita e criminale Charlize Theron di Monster e la ‘nasona’ Nicole Kidman di The Hours. Le eccezioni? Christian Bale, dimagrito fino quasi a scomparire ne L’uomo senza sonno ed ingrassato e stempiato in American Hustle, e Jared Leto, ingrassato di 30 kg per il presto dimenticato Chapter 27.

6) Raccontare Guerre o Olocausto

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Il dolore, la morte e le ingiustizie, si sa, arrivano al cuore del pubblico. Ecco perché guerre ed olocausti hanno sempre fatto breccia in casa Academy, soprattutto se sapute raccontare. Ne sanno qualcosa Steven Spielberg, memorabile con Schindler’s List, Roman Polanski, in trionfo con Il Pianista, il nostro Roberto Benigni, nella Storia del cinema nostrano con La Vita è Bella, Oliver Stone, ai suoi massimi livelli con Platoon, e ancora una volta Spielberg, per la 2° volta Oscar alla regia con Salvate il Soldato Ryan. Clamorosa l’eccezione che conferma la regola, ovvero il capolavoro Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, nel 1980 sconfitto da Kramer contro Kramer di Robert Benton.

7) Saper cantare

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Gli Oscar e l’Universo Musical. Due mondi che hanno sempre camminato a braccetto, per poi perdersi per strada nel corso degli anni. Eppure l’infatuamento non è mai del tutto passato, tanto dall’aver visto attori e attrici conquistare la statuetta per le proprie strepitose doti canore. Perché se è complicato recitare, immaginate quanto sia difficile farlo cantando. Dalla Julie Andrews di Mary Poppins alla Liza Minnelli di Cabaret, passando per la Rita Moreno di West Side Story e la Maureen Stapleton di Reds, la Catherine Zeta-Jones di Chicago e la Jennifer Hudson di Dreamgirls, fino alle recenti Anne Hathaway ne Les Misérables e Reese Witherspoon de Quando l’amore brucia l’anima. Immancabile anche in questo caso l’eccezione che conferma la regola, ovvero l’iconica Nicole Kidman di Moulin Rouge!, sconfitta dalla ‘struccata’ Halle Berry di Monster’s ball – L’ombra della vita.

8) Intepretare un meraviglioso pazzo

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Hollywood e la passione per i villain. Anzi no, per i pazzi. Quelli esagerati, spaventosi, quasi fascinosi. Un binomio indissolubile che nel corso del tempo ha visto diversi divi vincere un Oscar grazie a ruoli ‘mostruosi’. Basti pensare a Kathy Bates in Misery non deve morire e al nazista Christoph Waltz in Bastardi senza gloria, per non dimenticare il folle Heath Ledger de Il cavaliere oscuro e l’assassino Javier Bardem di Non è un paese per vecchi, il misterioso Kevin Spacey de I soliti sospetti e il violento ma maestoso Joe Pesci di Quei bravi ragazzi. Tra le più incredibili eccezioni che confermano la regola, come dimenticare Glenn Close in Attrazione fatale, sconfitta dalla Jodie Foster di Sotto accusa.

9) Avere culo e/o trovare l’anno giusto

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E qui ci concediamo il lusso di tirar fuori la categoria ‘politicamente scorretta’. Perché anche la fortuna, nella carriera di un attore e/o di un regista, merita la sua attenzione. D’altronde quante volte abbiamo visto annate iper-competitive ed altre molto scarne? Quante volte ci è capitato di inorridire dinanzi a misteriosi trionfi? Tante, troppe. Come dimenticare il già citato Tommy Lee Jones de Il fuggitivo, per non parlare di quel Cuba Gooding Jr. celebrato con Jerry Maguire. Qualcuno ha poi rivisto la Mo’Nique di Precious? Persino la Penélope Cruz di Vicky Cristina Barcelona, per quanto brava, non meritava probabilmente un simile riconoscimento. Apriti cielo poi con la Renée Zellweger di Ritorno a Cold Mountain, ma senza dimenticare la Jennifer Connelly di A Beautiful Mind e l’incredibile Kim Basinger di L.A. Confidential. Kim ha un Oscar in casa e Glenn Close no, vi rendete conto? Statuetta vinta persino dalla scomparsa Mira Sorvino de La dea dell’amore, mentre è forse passato alla storia il trionfo di Marisa Tomei in Mio cugino Vincenzo, ancora oggi deriso in lungo e in largo. Perché di Sandra Bullock Premio Oscar con The Blind Side, vogliamo parlarne? La Gwyneth Paltrow di Shakespeare in Love, poi, gli americani la stanno ancora cercando. Per quanto riguarda la Jennifer Lawrence de Il lato positivo – Silver Linings Playbook, infine, che batte la Jessica Chastain di Zero Dark Thirty e la Emmanuelle Riva di Amour, ancora dobbiamo riprenderci. Michel Hazanavicius, infine, ha imbroccato The Artist per entrare nella storia di Francia, mentre nel 1981 avvenne l’inimmaginabile con Robert Redford (Gente comune), Premio Oscar davanti a Scorsese (Toro Scatenato), Lynch (The Elephant Man) e Polanski (Tess). Smettetela di ridere. Lynch derubato anche nel 2002, quando Mulholland Drive venne sconfitto da A Beautiful Mind di Ron Howard. Dolorosa eccezione Marcello Mastroianni, 3 volte candidato (Divorzio all’italiana nel 1963, per Una giornata particolare nel 1978 e per Oci ciornie nel 1988) eppure mai vincitore. Per lui mai l’annata giusta.

10) Incrociare Woody Allen

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Di suo ha vinto 5 Premi Oscar ed è stato nominato 24 volte, ma c’è da dire che spesso e volentieri anche chi ha solo ‘recitato’ nei film di Woody Allen ha incrociato la fortuna di poter stringere una statuetta tra le mani. Basti pensare a Diane Keaton con Io e Annie, alla Cate Blanchett di Blue Jasmine, alla doppia Dianne Wiest di Hannah e le sue sorelle e Pallottole su Broadway, alle già citate Mira Sorvino de La dea dell’amore e alla Penélope Cruz di Vicky Cristina Barcelona, ma anche a Michael Caine, Oscar per Hannah e le sue sorelle. Storica l’eccezione che conferma la regola, ovvero Mia Farrow, ex moglie nonché musa del regista incredibilmente mai nominata agli Oscar. Anche se per ben 13 volte sul set con Woody.

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