Venezia 65: The Hurt Locker – Una semana solos
The Hurt Locker, di Kathryn Bigelow La Bigelow è tecnicamente ben sopra la media delle capacità degli shooter americani. Un Michael Bay non raggiunge la metà della sua bravura e della sua sicurezza, Emmerich dovrebbe capire come dar ritmo ai suoi film guardandosi dieci volte di fila lo straordinario Strange Days. Eppure gli ultimi due
The Hurt Locker, di Kathryn Bigelow
La Bigelow è tecnicamente ben sopra la media delle capacità degli shooter americani. Un Michael Bay non raggiunge la metà della sua bravura e della sua sicurezza, Emmerich dovrebbe capire come dar ritmo ai suoi film guardandosi dieci volte di fila lo straordinario Strange Days.
Eppure gli ultimi due film non mi avevano del tutto convinto, e il problema mi sembrava fosse da trovare soprattutto nella sceneggiatura. In The Hurt Locker, attesissimo ritorno della regista dopo sei anni da K-19, la Bigelow parla della guerra in Iraq (l’altr’anno al Lido fu la volta di Redacted e Nella valle di Elah) e dell’equipe americana antibombe: i soldati hanno pochi minuti per poter disinnescare le bombe, scegliendo il rischio di una morte immediata.
The Hurt Locker è girato splendidamente, con una velocità mai banale e con scene d’azione tese e coinvolgenti. La regia della Bigelow è nervosa senza essere fastidiosa, e gioca spesso con lo zoom regalando grandi momenti di cinema d’intrattenimento. Peccato che poi non risolva delle questioni di sceneggiatura che lasciano seri dubbi. Se è vero che il film, lo ha detto lei stessa, non è un “film partigiano”, è anche vero che spesso la retorica e l’idea di eroismo sono ben presenti -così come il suo film precedente-, fino al purtroppo bruttissimo finale.
Non si capisce come dietro ai soggetti di Nella valle di Elah, seriamente disperato, e di The Hurt Locker ci sia sempre il giornalista Marc Boan: se di là non c’erano eroi ma solo piccoli Davide che dovevano combattere da soli Golia, qui i militari (drogati di guerra) sono volontari che sfidano il pericolo coraggiosamente e amano, nonostante tutto, il loro mestiere. Guy Pearce e Ralph Fiennes fanno solo dei cammei.
Giornate degli autori:
Una semana solos, di Celina Murgia
Argentina: alcuni ragazzini passano una settimana da soli durante l’estate, in piena libertà, in quanto i genitori sono in vacanza. C’è tempo per divertirsi, per litigare, per fare follie, per nuovi amori…
La regista Murgia torna a Venezia per raccontare una storia piccola e corale. I protagonisti sono tutti ragazzini eccezionali, probabilmente facilitati dai ruoli (interpretano senz’altro sé stessi), ma con una naturalezza estrema che convince dal primo all’ultimo fotogramma.
Convince meno la sceneggiatura, che pare girare spesso a vuoto: due ore basate solo su fatti “piccoli”, accumulati senza una forte logica, sono forse troppe. Comunque ci si potrebbe anche divertire. Presentato da un certo Martin Scorsese, che ha scelto la Murgia come sua nuova assistente.