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Se Il Lato Positivo – Silver Linings Playbook rappresenta lo “spirito indipendente”…

Il Lato Positivo batte Re della Terra Selvaggia agli Independent Spirit Awards. Segno dei tempi, in cui non si sa cosa significhi “indie”. Il nostro commento.

pubblicato 24 Febbraio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 17:16

E così Il Lato Positivo – Silver Linings Playbook ha trionfato agli Independent Spirit Awards. I riconoscimenti che premiano lo “spirito indipendente”. La questione della natura degli “indie americani” è dibattuta da almeno una ventina d’anni, da quando Hollywood si è resa conto che anche con i prodotti più piccoli, di nicchia e autoriali si potevano ottenere buoni incassi e prestigio. Due piccioni con una fava. Sembra inutile ormai ritornare sulla questione, ma mi pare tuttavia sia più “urgente” che mai.

Anche chi non ha studiato la questione a fondo, e comunque si interessa un minimo di cinema americano, avrà certamente capito che la definizione di “film indie” oggi è parecchio sfumata. È un pericolo ormai assodato, ed è una definizione-calderone che racchiude assieme sotto lo stesso cappello film completamente diversi come Juno (con quasi 8 milioni di dollari di budget ed una succursale d’essai di una major alle spalle, la Fox Searchlight), Medicine for Melancholy (13.000 dollari di budget dichiarato) e, perché no, anche The Master (un prodotto Weinstein completamente opposto a ciò che è mainstream).

Chiaro, oggi per “capire” cosa sia un film indie non basta più guardare il budget e il tipo di produzione/distribuzione dell’opera, anche se sono dati indispensabili. Bisogna semmai guardarne le caratteristiche estetiche e contenutistiche, ed infine – vera prova del nove – il pubblico a cui si rivolge. Il Lato Positivo, in questo, è un prodotto indie: il budget è sostanzioso ma non più della media di un prodotto di Indiewood (area virtuale del mercato americano tra Hollywood e il mondo indipendente), ed alcune caratteristiche lo rendono appetibile anche ad pubblico più “ricercato” rispetto a quello di massa.


Però continuare a fare questo gioco, dire che ormai la situazione è questa e non c’è più niente da fare, è un grave errore. A sottolineare la differenza tra un Il Lato Positivo e un Re della Terra Selvaggia dovrebbero mettersi innanzitutto le istituzioni create a “difesa” e alla “promozione” del cinema indie stesso. Ecco perché, per l’ennesima volta, i premi degli Independent Spirit Awards sono una cocente delusione: non perché premiano, per chi scrive, un film meno bello di un altro, ma perché continuano a promulgare un’idea di indipendenza che fa male al cinema americano e crea confusione.

Adoro i ragazzi di Film Independent, coi quali ho avuto l’onore di collaborare alla scorsa edizione del L.A. Film Fest, ma credo che debba partire (anche) da loro una distinzione seria tra i film indie che hanno a che fare, in un modo o in un altro, con Hollywood, e quelli che con sudore e fatica si fanno notare innanzitutto da soli con le proprie gambe. Nell’anno di Re della Terra Selvaggia di Benh Zeitlin, opera prima che ci riporta alla mente l’esordio col botto di David Gordon Green del 2000, gli Independent Spirit Awards premiano un film di David O. Russell: viene un po’ da sorridere.

Ma così facendo non si snatura proprio il senso del premio? La risposta pare ovvia a tutti, spero. E si ritorna ancora lì, alla questione dibattuta da una ventina d’anni. Con l’unica differenza che ormai tutti danno per scontato che va bene se un The Artist, un Paradiso Amaro e un Take Shelter concorrono assieme per vincere un Independent Spirit Award. Il fatto che poi ci sia un premio ad hoc per opere con un budget al di sotto dei 500.000 dollari, il John Cassavetes Awards, pare a questo punto uno specchietto per le allodole. E che quest’anno sia stato vinto dal discubitile Middle of Nowhere – e non ad esempio da Starlet – non aiuta.

La soluzione comunque ci sarebbe: dividere i premi in due categorie, i film indie e i film di Indiewood. Due circuiti separati in modo un po’ forzato, ma che ridarebbero un posto in primo piano ai registi very independent. Non ne mancano, in giro. Ma sarebbe come dichiarare apertamente che ci sono delle differenze di natura produttiva e distributiva tra le diverse opere, e questo alle major e agli studios non farebbe ovviamente alcun piacere. Lo spirito indipendente, dopotutto, lo si può anche comprare.