Courmayeur Noir in Festival: Beverly Hills Chihuahua, Se sarà luce sarà bellissimo, La piège Américain, My name is Bruce
Beverly Hills Chihuahua, di Raja Gosnell – Mini Noir Se non amate i film disneyani dedicati ai più piccini, tenetevi alla larga. Se invece alberga in voi un animo infantile con uno spiccato gusto per il kitch, questo è il film che fa per voi! Papi – il cagnolino che appare su tutte le locandine
Beverly Hills Chihuahua, di Raja Gosnell – Mini Noir
Se non amate i film disneyani dedicati ai più piccini, tenetevi alla larga. Se invece alberga in voi un animo infantile con uno spiccato gusto per il kitch, questo è il film che fa per voi! Papi – il cagnolino che appare su tutte le locandine – nella versione italiana ha perso l’accento ispanico e, anzi, in un paio di battute sfoggia delle iflessioni dialettali più partenopee che sudamericane.
Vere star della pellicola sono però Chloe e Delgado, ovvero una candida e viziatissima chihuahua snob di Beverly Hills, smarrita e in fuga da una banda di organizzatori di combattimenti fra cani; e un pastore tedesco dalle mille risorse, che la aiuta e la difende da Diablo, un ferocissimo dobermann che le dà la caccia. Non aspettatevi i quadrupedi canterini del trailer: quella scena nel film non c’è. Grave pecca tecnica: la qualità di alcune immagini ed effetti in CG è pessima.
La presenza umana (Jamie Lee Curtis, Piper Perabo, Manolo Cardona ed Eugenio Derbez) è del tutto marginale e trascurabile. Un sequel, magari con dei cuccioli in arrivo, non mi stupirebbe affatto… Sugli schermi italiani arriverà il prossimo 16 gennaio.
Se sarà luce, sarà bellissimo – Moro: un’altra storia, di Aurelio Grimaldi – concorso
Il rapimento di Aldo Moro fa parte della storia recente del nostro Paese e, in un modo o nell’altro, ne conosciamo bene i particolari ed i risvolti. Se ne è parlato più volte anche anche sul grande schermo, attraverso numerosi documentari e fiction. Niente di nuovo, quindi, sotto il sole…ehm…neve!
Il film di Grimaldi segue quattro filoni narrativi: nel partito comunista diversi esponenti di base attaccano la linea di Berlinguer favorevole al compromesso storico; il ministro Cossiga si avvale di un esperto di terrorismo mandato dal governo statunitense, che sostiene un atteggiamento di chiusura contro ogni trattativa; una professoressa che prende una posizione critica contro il governo in un’assemblea scolastica, viene arrestata, sospesa dall’insegnamento, rinviata a giudizio; un ragazzo, arrestato in una retata di estremisti di sinistra, viene sospettato di essere membro del commando assassino, interrogato, barbaramente torturato, rinviato a giudizio.
Nonostante l’evidente povertà di mezzi, la pellicola è ottimamente diretta ed interpretata da tutti i protagonisti: Roshan Set , Steffan Boje, Craig Fairbrass, Edoardo Sala, Maria Papas, Gaetano Amato, Lalla Esposito, Fabrizio Raggi, Guja Jelo.
La piège Américain (The American trap), di Charles Binamè – concorso
Dal caso Moro, all’omicidio Kennedy. Uno sguardo trasversale su quello che può essere definito come uno degli omicidi più celebri della storia, all’interno di un più ampio contesto.
Lucien Rivard, il più grande criminale della storia canadese, trafficante in droga e armi, nato nel 1914 e morto nel febbraio del 2002, resta intrappolato nelle maglie di una rete fatta di intrighi politici internazionali e di corruzione. Stati Uniti, Russia e Francia tentano di appropriarsi delle risorse naturali del Terzo Mondo, ricorrendo a qualsiasi mezzo, anche ad allearsi con la criminalità organizzata. Lucien si trova nel mezzo, tra i casinò de l’Havana, i night club di Dallas, l’eroina di Marsiglia, l’Indonesia, New Orleans e Montreal. Al vertice della tensione, Rivard diventa l’arma segreta di un’organizzazione clandestina sulla quale non ha nessun controllo.
Buona la regia, anche se lo sviluppo della vicenda è un po’ troppo frammentario e niente affatto facile da seguire. La scelta di utilizzare una mescolanza di lingue differenti, in un continuo alternarsi di inlgese, francese e spagnolo, è estremamente interessante ma non aiuta a fare chiarezza. Un plauso particolare al direttore della fotografia per la scelta dei colori forti, tipici delle pellicole anni ’50 e ’60, in contrasto con le sequenze realizzate in bianco e nero e con le immagini sgranate dei reportage giornalistici. Buoni anche gli interpreti Rémy Girard, Colm Feore, Gérard Darmon, Joe Cobden, Janet Lane, Tony Calabretta.
My name is Bruce, di Bruce Campbell – fuori concorso
Scritto, diretto, prodotto e interpretato da Bruce Campbell, My name is Bruce è probabilmente la pellicola più attesa dell’intera selezione ufficiale di quest’anno. Il film è un omaggio ai b-movies americani degli anni ’80 ed è una vera chicca per gli appassionati del genere e per i cinefili tutti, con tocchi di genuina genialità.
In un minuscolo paesino rurale di 339 anime, due adolescenti risvegliano involontariamente lo spirito di una divinità cinese, Guan-Di, che rappresenta la rabbia di centinaia di minatori cinesi rimasti uccisi secoli prima nel crollo di una miniera a causa dell’indifferenza dei padroni. Lo spirito inizia a giustiziare ogni persona incontri sul proprio cammino. Campbell, nel ruolo di se stesso, è un attore in rovina, costretto a girare pessimi film per il mercato dell’home-video. Un giovane fan lo rapisce e lo trascina fino al minuscolo insediamento rurale dove gli viene chiesto di affrontare lo spettro, come farebbe uno dei suoi personaggi cinematografici.
L’attore feticcio di Sam Raimi ci regala delle vere perle autoironiche, in un film di soli 90 minuti che è già cult. Meravigliosi ed esilaranti gli stacchetti cantati dal sindaco e dallo sceriffo. Da segnalare la presenza di Ted Raimi, fratello di Sam, nel ruolo del manager. Fra gli interpreti anche Grace Thorsen, Taylor Sharpe, Ben McCain ed Ellen Sandweiss. Speriamo che qualche distributore italiano decida di acquistarne i diritti per il nostro Paese!