Non aprite quella porta 3d: le recensioni dagli Usa e dall’Italia
E’ tornato Leatherface. Ma devo ammettere che leggendo le recensioni Italiane e Americane il killer con la motosega non ha trovato grandi conferme positive dai critici. A voi è piaciuto questa versione Non aprite quella porta 3d?
David Nusair – Reel Film Reviews: il film si afferma subito come un miglioramento significativo rispetto alle altre varie voci di questo franchise…
Nick Nunziata – CHUD: Leatherface è un perdente.
Kristian Harloff – Schmoes Know: nessun spettatore dovrebbe sopportare questo film.
Tim Brayton – Antagony & Ecstasy: Comprende alcuni dei peggiori effetti 3-D che io possa mai ricordare di aver visto.
Paul Chambers – Movie Chambers: “Texas Chainsaw 3D” non è un film slasher molto originale. E’ per gli appassionati del genere horror, con i suoi personaggi stereotipati e gore.
Greg Maki – Star-Democratic (Easton, MD): ho trovato il film un modo moderatamente divertente per passare un’ora e mezza in un freddo pomeriggio d’inverno.
Sentina Ebiri – Vulture: Texas Chainsaw 3D non è proprio buono, ma nonostante i suoi molti luoghi comuni e le indulgenze generiche, diamogli dei punti per averci provato.
Rob Humanick – The Projection Booth: Perdonatemi ma potrei rivalutare la mia posizione sulla pena di morte.
Brad Miska – Bloody Disgusting: il problema è che non solo non è brutale, ma non è neanche divertente.
Mark Dujsik – Mark Reviews Movies: per farlo funzionare, bisogna mettere da parte le considerazioni più elementari della propria coscienza, dimenticare l’intera trama e il film originale.
Matt Donato – We Got This Covered: Vorrei poter dire che il film è la rinascita di un’icona horror, ma invece è solo un altro film scritto male, privo di terrore, senza capo né coda e non è degno della partecipazione di Leatherface.
Shaun Munro – WhatCulture: Texas Chainsaw è un contendente per il peggior film del 2013.
David Jenkins – Little White Lies: Generico, senza tensione e privo di qualsiasi originalità di sorta. E il 3D è inutile.
Chris Hewitt (St. Paul) – St. Paul Pioneer Press: Forse è il momento di seppellire la maschera di pelle e andare avanti.
Ben Kendrick – ScreenRant: Texas Chainsaw 3D fallisce su entrambi i fronti – come esperienza horror di qualità e come evoluzione del personaggio di Leatherface.
Scott Weinberg – FEARnet: Se vi piace il Leatherface originale, questo non è il film per voi.
Clay Cane – BET.com: Inutile e atroce a tutti i livelli.
Peter Sobczynski – eFilmCritic.com: In realtà potrebbe essere il film più stupido mai fatto per usare le parole Texas e Chainsaw nel titolo.
William Goss – Film.com: A dire il vero, la cosa più spaventosa a questo punto è che si continua a andare avanti.
Rob Vaux – Mania.com: E’ sorprendente. E interessante. E anche divertente in qualche modo, se la vostra idea di divertimento coinvolge il catalogo Black & Decker.
Devin Faraci – Badass Digest: un film che è stato fatto perchè qualcuno ha avuto i diritti di un marchio e aveva bisogno di esercitarli in modo tempestivo. Il 3D fa schifo.
Eric Goldman – IGN Movies: un tentativo risibile di seguire l’originale.
Massimo Bertarelli – il Giornale: Ributtante horror, impossibile dire se più rozzo o scemo, dove l’inconsistente trama è il pretesto per una catena di squartamenti eseguiti da un’inesauribile motosega.
Roberto Nepoti – la Repubblica: Come gli altri franchise orrorifici del passato, anche la saga di Leatherface ha prodotto rifacimenti, prequel e sequel non memorabili. John Luessenhop, però, sembra deciso ad azzerare tutti coloro che lo hanno preceduto. Torna infatti alle origini, iniziando là dove il film diretto da Tobe Hooper nel 1974 finiva: agenti e vigilantes locali danno fuoco alla fattoria di Faccia-di-cuoio e della sua famiglia di psicopatici. Vent’anni dopo, la giovane Heather apprende di avere ereditato una grande casa nel Texas da una nonna che ignorava di avere. Parte col fidanzato e alcuni amici; non sa, la tapina, che del lascito fa parte una cantina con mostro e motosega. Anche ammettendo che, in 3D, l’attrezzo faccia la sua figura, ecco un film tutto fuorché necessario. Le situazioni sono un catalogo di quel che succede nel “gore”: tanto che, non fosse per i telefonini, sembrerebbe realizzato diversi anni fa. I personaggi, poi, rappresentano un autentico campionario di deficienti, che trovano sempre il modo di dividersi e di fare la cosa sbagliata. E le truculenze, alla fine, producono scarse emozioni.