Roberto Faenza: “Cinema italiano in crisi perenne ma rimane lo svago meno costoso.”
Il regista di Sostiene Pereira e Un giorno questo dolore ti sarà utile analizza il cinema tricolore, tra sprechi, ristrettezze e la TV come insospettabile ancora di salvezza.
Che piacere leggere Roberto Faenza! Il pluripremiato regista torinese, da poco giunto alla soglia dei 60 anni, ha pubblicato oggi (16 aprile) un articolo su Il Fatto Quotidiano, dove analizza con grande lucidità e acribia la situazione del nostro cinema, partendo dalle radici della crisi. Anche se poi, a ben guardare, tanto in crisi non è…
Partiamo dalle origini della tragedia. Negli anni ’60, epoca aurea del cinema tricolore, quando
“Roberto Rossellini e il suo produttore, esaurito il budget di Vanina Vanini e dovendo girare le ultime scene ne inventarono una davvero diabolica. Fecero ricoverare e operare d’urgenza la protagonista per un’appendicite inesistente. In quel modo incassarono il premio dell’assicurazione. L’attrice si ritrovò con un pezzetto di viscere in meno, ma le riprese vennero terminate.”
Una vicenda che, se realmente accaduta, ha dell’incredibile, soprattutto se pensiamo al Maestro Rossellini e non al primo regista di filmetti osé (per inciso la protagonista del film era Sandra Milo, chissà se conserva una cicatrice…). Un cinema nato povero ma sprecone e che, nonostante le ristrettezze, da un lato per sostenere la concorrenza francese, dall’altra per non soccombere alla kriptonite del grande schermo, ossia la TV, continua a produrre in sovrabbondanza. Melium abundare quam deficere?
“Il duopolio Rai – Mediaset ha praticamente decimato la catena dei produttori riducendoli, salvo rare eccezioni, a meri strumenti delle loro politiche stereotipate e conformiste. Più che imprenditori, per citare De Laurentiis, prenditori.”
Non le manda certo a dire Faenza e vista la sua posizione privilegiata nel settore bisogna, se non credergli, comunque dargli credito. Comunque sia il numero di film prodotti in Italia ogni anno continua ad aumentare e dai 155 del 2011 siamo passati ai 166 del 2012, con un incremento degli investimenti che è passata da 423 a 485 milioni di euro. In media quasi 3 milioni di euro a film. Cifre da capogiro, che potrebbero presto aumentare, proprio a spese (è il caso di dirlo) della Televisione:
“Due ministri, Passera e Ornaghi, hanno firmato un decreto per rispettare quello che in Europa è legge da anni. Diventerà operativo nel prossimo luglio. E’ il decreto sulle quote di finanziamento che le televisioni dovranno versare alle produzioni cinematografiche. Circa 200 milioni di euro all’anno.”
Facendo i conti della serva, se sommiamo questa cifra a quella riportata prima arriveremmo quasi a 700 milioni di euro. Perchè il governo obbligherebbe le reti TV a questo oneroso balzello? Sarebbe una sorta di risarcimento, dopo che per decine d’anni le suddette, anche grazie ai film trasmessi nei loro palinsesti, avrebbero accumulato ingenti fortune grazie agli introiti pubblicitari. Inoltre dovranno dedicare almeno l’1% della loro programmazione alla messa in onda di film nazionali. Ovviamente le TV non sono rimaste a guardare e i ricorsi sono già in atto per prevenire una vera e propria emorragia di denaro che andrebbe a discapito della produzione di fiction.
Un panorama, quello dipinto da Faenza (che non manca giustamente di puntualizzare anche i danni della pirateria), veramente complesso, ma da cui emerge spontanea una domanda, per citare un famoso conduttore TV: ma nonostante l’incremento degli investimenti, perchè solo una misera quota del nostro cinema è al di sopra della mediocrità?