Antichrist – di Lars von Trier: la recensione
Antichrist (Antichrist, Danimarca / Germania / Francia / Italia / Svezia / Polonia, 2009) di Lars von Trier; con Willem Dafoe, Charlotte Gainsbourg.In un’edizione cannense in cui non si riesce a capire un tubo di che accoglienza un film abbia avuto fra la critica, una delle poche certezze sembra essere la natura di regista di
Antichrist (Antichrist, Danimarca / Germania / Francia / Italia / Svezia / Polonia, 2009) di Lars von Trier; con Willem Dafoe, Charlotte Gainsbourg.
In un’edizione cannense in cui non si riesce a capire un tubo di che accoglienza un film abbia avuto fra la critica, una delle poche certezze sembra essere la natura di regista di Lars von Trier. Mentre i giornalisti non riescono a dare delle linee guida al lettore che non è al festival, lui presenta un “horror” e tutti se la ridono.
Antichrist doveva essere il film-scandalo dell’edizione, quello col quale riempire pagine e pagine di giornali e articoli on line. Così è stato, anche se Noé pare essere stato ancora più odiato. In effetti se fosse stata diretta da uno sconosciuto mestierante, è probabile che la pellicola sarebbe stata semplicemente tacciata di mediocrità. Col nome del suo regista però è scattato automatico l’odio.
E’ ordinario leggere critiche verso il nuovo lavoro di von Trier, e dall’altra è comunque ordinario leggere alcune difese, soprattutto dagli appassionati. Ma questa volta la difesa è scatenatamente tanto potente e definitiva quanto lo sono le stroncature. Von Trier ha raggiunto il culmine: ha spaccato ormai in due i cinefili. Facendo però probabilmente spostare qualche appassionato verso l’altro versante con un film allucinante.
Si è accennato alla natura di von Trier, che è una sicurezza paradossalmente tranquillizzante, sia per fan che detrattori. Lui è lì, fa il suo film ed è più o meno come te lo aspetti, forse sempre un po’ più sadico e sorprendente, ed è quello che piace a chi lo ama. Eppure Antichrist è tanto coerente (sottolineato dieci volte) quanto a suo modo diverso da tutto ciò che è stata la filmografia precedente del regista, e mica solo per la sua confezione di genere.
Quindi ci si può approcciare ad Antichrist ad un primo livello, ossia pensando continuamente al lavoro di un regista che si diverte un sacco ad infarcire i suoi film delle più vergognose nefandezze, condendo il nulla della sua visione etica ed artistica con visioni inutilmente provocatorie (tutte quelle che avete letto nei giornali, in questo caso, con il più totale menefreghismo degli spoiler). E si può pensarlo anche come il lavoro di una persona che fa un film porno-horror per uscire da una depressione.
Con von Trier si dà un sacco di peso alle affermazioni, infatti. Per chi lo odia è la dimostrazione che sono più interessanti, nella loro assurdità e inutilità, le sue dichiarazioni stralunate e fuori dal mondo rispetto alle sue pellicole. Che però, soprattutto da Idioti in poi, continuano a far ripetere più o meno gli stessi concetti a tutti: sono proprio le frasi del regista a smollare un certo tipo di meccanismo, offrendo linfa a chi non lo tollera.
Si è anche detto prima che Antichrist a suo modo è coerente con tutto quello che il regista ha fatto prima, e fin qui la cosa non dovrebbe sorprendere nessuno. Secondo questa regola, il pene di Dafoe che entra nella vagina della Gainsbourg per i soliti noti sarà la prima di una serie di provocazioni che servono a shockare lo spettatore, ottenendo solo l’effetto d’irritare, e per gli altri soliti noti sarà forse solo la purezza di un pene che entra in una vagina.
E, comunque la si pensi, c’è qualcosa che forse in pochi hanno detto, non cogliendo l’essenziale di Antichrist, vergognosa opera-nulla d’immagini vuote o capolavoro gotico di angoscia e dolore: ovvero che davanti alla fotografia, ai minuti iniziali che manco un videoclip, a tutto il resto e tra i capitoli che lo divide ci sta proprio il film. Che è davanti ai nostri occhi. “Tutto qua”. Con i suoi errori (possibile che von Trier non abbia capito che la volpe parlante è una cosa imbarazzante?) e il suo dolore.
Un dolore che è infinito, folle, terribile. Malsano e truce, e per questo ancora più inspiegabile che mai. Non ci si può spiegare quanto dolore i due protagonisti riescano ad infliggersi durante il film, anche se una chiave di lettura può esserci addirittura nel testo di Lascia ch’io pianga di Handel. Così lo spettatore reagisce come meglio crede, unendo il tutto al background culturale che uno ha rispetto al regista e alla sua opinione.
Perché qui si è abbastanza convinti (non del tutto, si sa mai…) che chi ha amato L’elemento del crimine, Le onde del destino e Il grande capo non potrà non amare Antichrist. Perché è il von Trier più naturale e nudo e sporco e dichiarato che possa esserci. Le accuse di misoginia gli appassionati le rispediranno come tutte le altre volte al mittente, anche perché sul finale ci si potrebbe discutere per ore. Un film tostissimo, spudorato e agghiacciante, un’esperienza sempre e comunque oltre il limite.
Voto Gabriele: 8
Voto Federico: 1