A Touch of Sin: recensione in anteprima del film di Jia Zhang-ke
Il regista cinese Jia Zhang-ke spiazza con A Touch of Sin: un’opera per molti aspetti inedita nella sua filmografia. Vincitore del premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2013, narra quattro vicende che hanno a che fare con violenza e corruzione nella Cina di oggi. Con uno stile a tratti decisamente ironico e squarci di improvvisa violenza. Ecco la nostra recensione.
Dahai, un minatore arrabbiato, si ribella contro la corruzione dei capi del suo villaggio e scopre le infinite possibilità che un’arma da fuoco può offrire. Zhou San, un lavoratore immigrato, torna a casa per l’anno nuovo e vuole subito ripartire. Xiao Yu, una bella receptionist di una sauna, viene portata al’esasperazione quando un ricco cliente l’aggredisce. Xiao Hui, un giovane operario, continua a cambiare lavoro per migliorare la sua vita.
A Touch of Sin è un oggetto davvero stranissimo all’interno della filmografia di Jia Zhang-ke, il regista cinese di Still Life, Leone d’oro a Venezia nel 2006. Spiazza e lascia a bocca aperta vedere un certo tipo di azione, così tanta ironia e così tanto sangue in un film di un autore sensibile e raffinato come Jia, che finora ha raccontato certe cose con altro stile.
Ma diciamolo subito prima che ci sia qualche fraintendimento: pur sguazzando nel sangue – in alcune scene manco fosse un Miike o un Sono -, A Touch of Sin è un gran bel lavoro dal punto di vista formale, in cui dolci movimenti di macchina si sposano ad alcune convincenti scene action, e la fotografia del sempre fidato Yu Lik-wai regala momenti altissimi.
Nulla da dichiarare sotto questo aspetto, ma preparatevi a vedere un Jia davvero diverso e nuovo, pur se coerente con la sua filmografia e le sue tematiche. Ogni tanto è bello farsi stupire da un autore: meglio ancora se decide di cambiare registro in modo coraggioso e portando a casa un risultato come questo.
Forse perché spiazzante, A Touch of Sin almeno nella prima mezz’ora risulta un po’ faticoso da digerire, e non si sa bene come prenderlo. Il primo dei quattro episodi è forse quello più banale e macchiettistico, ed ha fatto bene Jia a metterlo subito per primo. Già il prologo, che si chiude con un’esplosione decisamente “gratuita” due secondi prima che appaia il titolo del film, lascia a bocca aperta: c’è l’alternarsi di una scena quirky (il camion di arancie rovesciato) e una in cui c’è una sparatoria. Stiamo davvero guardando un film di Jia?
Sarà forse per l’influenza dell’Office Kitano (che però aveva prodotto anche il precedente 24 City), ma A Touch of Sin si presenta nel primo episodio come una vera e propria “follia”, in cui scorre il sangue a fiumi grazie al protagonista che se ne va in giro come un giustiziere, sparando con un fucile a tutti i capi del villaggio. Se non si è predisposti al gioco, si può anche restare decisamente indifferenti.
Poi col secondo episodio il film comincia ad ingranare. Ma è soprattutto col terzo e quarto capitolo, che vedono per protagonisti l’attrice feticcio di Jia, Zhao Tao, e il giovane Luo Lanshan, che A Touch of Sin spicca il volo, centrando il suo obiettivo e rivelandosi per quello che è: il ritratto della Cina contemporanea in mano a corruzione e violenza. Non a caso i quattro episodi sono tratti tutti da storie vere e recenti, tutte finite malissimo.
Muovendosi in quattro diverse città del suo paese (Shanxi, Chongqing, Hubei e Guangdong), Jia – che si ritaglia anche un gustosissimo cameo – racconta la corruzione e la violenza che rischiano di divorare un “impero” che sta diventando enorme. Lo fa in modo forse slabbrato e con un risultato finale imperfetto, ma si sente l’urgenza dell’operazione e si sente pure la sua sincerità.
Voto di Gabriele: 8
A Touch of Sin (Tian zhu ding, Cina 2013, drammatico 135′) di Jia Zhang-ke; con Wu Jiang, Wang Baoqiang, Zhao Tao, Zhang Jiyai, Luo Lanshan, Li Meng.