Venezia 66 – Baarìa – di Giuseppe Tornatore: recensione in anteprima
Baarìa (Italia, 2009) di Giuseppe Tornatore; con Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Gaetano Aronica, Alfio Sorbello, Luigi Lo Cascio, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Laura Chiatti, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Giorgio Faletti, Corrado Fortuna, Paolo Briguglia, Tony Sperandeo, Monica Bellucci, Leo Gullotta, Franco Scaldati, Gabriele Lavia,
Baarìa (Italia, 2009) di Giuseppe Tornatore; con Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Gaetano Aronica, Alfio Sorbello, Luigi Lo Cascio, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Laura Chiatti, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Giorgio Faletti, Corrado Fortuna, Paolo Briguglia, Tony Sperandeo, Monica Bellucci, Leo Gullotta, Franco Scaldati, Gabriele Lavia, Raoul Bova, Luigi Maria Burruano, Aldo Baglio, Elena Russo, Beppe Fiorello, Marcello Mazzarella, Donatella Finocchiaro, Sebastiano Lo Monaco.
Baarìa è la storia di una famiglia siciliana dagli anni ’30 all’inizio degli anni ’80, attraverso tre generazioni. E questo, lo si sapeva già. Baarìa è poi la storia epica e nostalgica che Giuseppe Tornatore ha voluto dedicare alla sua terra, e lo si poteva immaginare sin da subito. Che però il kolossal italiano più costoso ed ambizioso da anni a questa parte potesse lasciare così insoddisfatti… Ci potevano certo essere dei dubbi, ma la speranza era che Tornatore tornasse a fare cinema di ampio respiro.
E’ una commedia, Baarìa. Un grande romanzone popolare pieno di “eroi” e macchiette. Ma sappiamo che in altre occasioni Tornatore non si è trovato molto a suo agio con il lato più comico e grottesco della situazione. E Baarìa non è da meno. Tutta la prima parte è una rievocazione di un felliniano Amarcord in cui il regista mette in scena situazioni strane e gag per narrare la vitalità e le contraddizioni del suo paese, ma nell’esagerazione il film perde subito l’orientamento.
Al solito, Tornatore si dimostra fin troppo abile con la macchina da presa, e coi suoi movimenti di macchina giustifica già in buona percentuale l’alto costo della sua grande produzione: dolly, gru e carrelli non mancano mai. E’ una critica che spesso è stata mossa al regista anche nei suoi lavori più riusciti, ma sembra che questa sia diventata ormai una cifra stilistica. Poco male, ma c’è anche altro.
Sentendola risuonare durante il red carpet o in generale nella zona della Mostra, la musica di Ennio Morricone è bella, affascinante. Ma come già successe nel precedente La sconosciuta, Tornatore la usa costantemente: il risultato ottenuto è che le oltre venti tracce musicali (e almeno un paio di temi valgono la fama del maestro) si trovano costantemente in scena ad accompagnare i movimenti di macchina.
Baarìa si apre con una scena energica, che sconfina con il volo del piccolo protagonista dopo una velocissima corsa proprio sopra Bagheria, in un mix di fascino e simbolismo che è in realtà un preludio ad altre scelte che fanno storcere il naso. Nel narrare il folklore della sua terra, il regista non si tira indietro di fronte ad immagini potenzialmente forti (le uova rotte, la presenza dei serpenti, il sassolino che nessuno riesce a far rimbalzare per tre volte sulle rocce, l’orecchino, la mosca nella trottola) che però con le loro metafore semplici si dissolvono nella durata del film. Anche questa, col senno di poi, decisamente ingiustificata.
Va bene che già in altre occasioni Tornatore ci ha abituati a filmoni epici e lunghi, come La leggenda del pianista sull’oceano (che come Baarìa in realtà soffre di troppa voglia di stupire e di raggelato esibizionismo tecnico), ma questa volta è difficile appassionarsi davvero ai personaggi di Peppuccio e Mannina, interpretati da Francesco Scianna e Margaret Madè: soffocati anche loro dalle ambizioni del film. Ambizioni che non mirano a narrare solo la storia di una famiglia, ma anche di inserire questa storia – scusate il gioco di parole – all’interno della Storia.
E così dal periodo fascista si finisce con l’euforia comunista, di cui Peppuccio sposerà le cause, fino alla rottura tra socialisti e comunisti. Passando anche per la DC, certo. L’impressione è che tutto sia buttato in mezzo al fitto calderone, come anche la manifestazione “sessantottina” che vede il cameo di Laura Chiatti. E anche sui camei bisognerebbe aprire una parentesi: molti attori sembra volessero semplicemente apparire in un’inquadratura di questo kolossal, e va bene così.
La magia di Nuovo Cinema Paradiso è lontana, ma comunque non siamo ai livelli di Malena. Anche se è interessante notare che proprio questi due film siano quelli che Tornatore cita di più tra quelli della sua filmografia: si veda la scena con i fotogrammi delle pellicole cinematografiche, per omaggiare il grande cinema che fu, oppure il cameo della Bellucci, che rifà esattamente il personaggio di Malena. E anche l’attacco aereo arriva pari pari dal film con la Monica nazionale.
A questo punto, dopo una serie di cose che fanno restare con l’amaro in bocca, non ci si riesce neanche ad emozionare per il finale, che ovviamente dovrebbe essere commovente. E il risultato globale non è tanto bello o brutto, categorie di cui tutti i giornalisti e accreditati al Lido sembra non possano fare a meno (tant’è che Baarìa ha già diviso tutti): ma in ogni caso è decisamente deludente, viste le premesse.
Voto Gabriele: 5
Voto Simona: 6
Voto Federico: 7
Al cinema dal 25 settembre (in versione doppiata in italiano)