John Wayne – il mito immortale dell’eroe americano
Cavalcando il mito dell’eroe americano con John Wayne, la leggenda che festeggia 106 primavere, a 34 anni dalla morte dell’attore che gli ha prestato un corpo massiccio e una grinta da duro.
Il calendario delle icone del cinema oggi festeggia John Wayne (pseudonimo di Marion Mitchell Morrison), il mito del granitico eroe americano scomparso da 34 anni, che con le sue 106 primavere continua a cavalcare nelle terre selvagge del West con cappellone da cowboy, a fare la guerra con il berretto verde, e dare baci da uomo tranquillo ma tutto d’un pezzo (un pezzo alto 1,93) e largo come un armadio a due ante), con volto di cuoio e grinta da duro.
Festeggia la star di Hollywood a caccia di nipoti, fidanzate di altri, vendetta per qualcuno, giustizia per altri, che da The Drop Kick (1927) a Il pistolero (The Shootist, 1976) è stato il protagonista di 153 film, per 24 anni (dal 1949 al 1974, ad eccezione del 1958) ha svettato nella Top Ten degli attori che producono maggiori incassi, diventando la quintessenza del capofamiglia rassicurante della società che ha bisogno di eroi.
Quel Duca (Duke, dal Duke Morrison accreditato nei titoli di coda di Words and Music nel 1929) che lavorando alla Fox Film Corporation per 75 dollari a ruolo, nel 1930 guadagnò il suo nome d’arte interpretando Il grande sentiero del nel western diretto da Raoul Walsh, e incontrando John Ford inaugura una leggendaria collaborazione durata 20 film e 35 anni, che lo consacra come quel mito che ha contagiato anche i social network da Twitter a Facebook, da Pinterest a Instagram.
Un mito che oggi festeggiamo con 10 film che hanno costellato la sua lunga corriera, seguendo un ordine cronologico e purtroppo lasciando fuori tanti film molto amati da parecchi, citazioni e vecchie fotografie di un mito restato in sella.
“Coraggio è essere spaventati a morte, ma comunque montare il Sella”. John Wayne
Ombre rosse (Stagecoach), regia di John Ford (1939)
Il Ringo Kid di Ombre rosse, segna la svolta decisiva della carriera di Wayne, il ritorno di John Ford al genere western dopo 13 anni, e nuovi standard per i western successivi, inaugurando una fortunata collaborazione che annovera la trilogia sulla Cavalleria (Il massacro di Fort Apache nel 1948, I cavalieri del Nord Ovest nel 1949, Rio Bravo nel 1950, Un uomo tranquillo nel 1952, Sentieri selvaggi nel 1956, L’uomo che uccise Liberty Valance nel 1962. Un film impreziosito da quella illuminazione in chiaroscuro che a quanto pare Orson Welles studiò a lungo durante la preparazione di Citizen Kane, ma anche dall’interpretazione di un cast che conta Thomas Mitchell (il dottore ubriaco da Oscar come miglior attore non protagonista), Claire Trevor, Donald Meek, Andy Devine, e John Carradine.
Il fiume rosso (Red River), regia di Howard Hawks (1948)
L’allevatore id bestiame Thomas Dunson, con questo film candidato a due Oscar, inaugura un’altra importante collaborazione con Howard Hawks, rinnovata con Il fiume rosso nel 1948, Un dollaro d’onore nel 1959, Hatari! nel 1962, El Dorado nel 1967, e Rio Lobo nel 1970.
Un uomo tranquillo (The Quiet Man), regia di John Ford (1952)
Dalla frontiera del West all’Irlanda, il pugile in pensione Sean Thornton si concede un dramma romantico passato alla storia con quel bacio stampato sulle labbra della rossa Maureen O’Hara tra vento, tuoni, lampi e pioggia scrosciante. Tra The Quiet Man e i sentieri selvaggi di The Searchers, nel 1954 John Wayne interpreta anche l’eroico copilota dei Prigionieri del cielo diretto da William A. Wellman, dopo aver indossato la divisa di aviatore con I falchi di Rangoon nel 1942, I diavoli alati nel 1951 e L’isola nel cielo nel 1953, e riprendere ruoli analoghi con Le ali delle aquile nel 1957, e Il pilota razzo e la bella siberiana (Jet Pilot) nel 1957.
Sentieri selvaggi (The Searchers), regia di John Ford (1956)
John Wayne nei panni del veterano della Guerra Civile Ethan Edwards si mette in cerca della nipote, anche per portare la giovane Natalie Wood sul set, quando con Jeffrey Hunter la andavano a prendere direttamente a scuola, con immensa gioia delle compagne di classe. Ethan Wayne, uno dei figli di John Wayne, deve il nome al personaggio del film giudicato dall’attore il migliore che avesse mai interpretato. Tra igli estimatori della pellicola e di Ford, c’è anche Steven Spielberg, che stando alle sue dichiarazioni lo rivede almeno una volta all’anno. Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito al 96° posto della classifica dei migliori 100 film statunitensi di tutti i tempi, dieci anni dopo la lista aggiornata lo vede salire al 12° posto.
Un dollaro d’onore (Rio Bravo), regia di Howard Hawks (1959)
Nei panni dello Sceriffo John G. Chance, Wayne diretto da Hawks e affiancato da Dean Martin e Ricky Nelson, tenta di preservare la giustizia di una piccola città, realizzando una risposta più americana a a Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann.. Il film tra i preferiti di John Carpenter si ritrova anche nei riferimenti dei suoi film da Distretto 13: le brigate della morte al Fantasmi da Marte, Quentin Tarantino lo ha inserito al secondo posto nella classifica dei suoi 12 film preferiti, dopo Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone.
La battaglia di Alamo (The Alamo), regia di John Wayne (1960)
Il film finanziato (con la Batjac Production fondata nel 1952), diretto e interpretato da John Wayne, nei panni del leggendario Davy Crockett, pur mitizzando la storica battaglia, con gli indipendentisti buoni da una parte e i messicani dalla parte dei cattivi, ottenne un successo di gran lunga superiore al remake storicamente più accurato del 2004, e vinse il premio Oscar per il miglior sonoro, mentre la colonna sonora di Dimitri Tiomkin, con la ballata della morte già utilizzata in Un dollaro d’onore (1959) continua a conservare una discreta popolarità.
L’uomo che uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance), regia di John Ford (1962)
Il film con Wayne nei panni dell’allevatore Tom Doniphon, al fianco di un’altra star dell’epoca come James Stewart, fu anche teatro del caratteraccio del regista che non perdeva occasione di rinfacciare a Wayne di non essere diventato un giocatore di football professionista” a differenza di Woody Strode: (nei panni di Pompeo), ma soprattutto di non aver combattuto durante la seconda guerra mondiale, mentre James Stewart era stato un eroe di guerra («Quanti soldi ti facevi mentre Jimmy rischiava la vita?»), stuzzicando una fonte di rimpianto viva e cocente per l’attore, accusato di essere stato succube dell’influenza dei produttori di Hollywood che non avevano voluto rischiare di perdere la loro nuova stella emergente.
Hatari!, regia di Howard Hawks (1962)
John Wayne, insieme a Sean Mercer. Hardy Kruger, Esla Martinelli e Red Buttons, va in Africa a catturare animali esotici, e tra una sigaretta e l’altra (tante sigarette) trovanil tempo anche di vigilare sul bagnetto degli elefantini con Anna (Elsa Martinelli), sulle note della Baby Elephant Walk composta da Henry Mancini per la colonna sonora.
El Dorado, regia di Howard Hawks (1966)
Dopo Il giorno più lungo (The Longest Day) diretto da Ken Annakin e Andrew Marton (1962), La conquista del West (How the West Was Won) diretto da John Ford e Henry Hathaway (1962), I tre della Croce del Sud (Donovan’s Reef) di John Ford (1963), McLintock! Di Andrew V. McLaglen (1963), Il circo e la sua grande avventura (Circus World) di Henry Hathaway (1964), un cancro al polmone costringe John Wayne a sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico, ma nel 1965 è di nuovo a cavallo, con La più grande storia mai raccontata (The Greatest Story Ever Told) di George Stevens (1965), la Prima vittoria (In Harm’s Way) di Otto Preminger (1965), I quattro figli di Katie Elder (The Sons of Katie Elder) di Henry Hathaway (1965), Combattenti della notte (Cast a Giant Shadow) di Melville Shavelson (1966), e con El Dorado di Hawks, definito una sorta di remake di Un dollaro d’onore. Negli stessi anni, John Wayne diventa il portavoce di cause ultraconservatrici e appoggia incondizionatamente l’intervento militare americano in Vietnam, celebrato nel 1968 con I berretti verdi, diretto e interpretato con il figlio Patrick Wayne.
“Talk low, Talk slow, and Don’t say too much.” – John Wayne
Il Grinta (True Grit), regia di Henry Hathaway (1969)
Il grintoso sceriffo Cogburn, con tanto di benda sull’occhio ben quotata all’asta dei suoi oggetti personali bramati dai fan, vince l’Oscar nel 1970, ottenendo un successo mancato dal remake del film, interpretato da Jeff Bridges, che arrivato alla notte degli Oscar 2011 con 10 nomination è restato a mani vuote.
“Voglio che nessuno si occupi della mia morte: neanche chi vorrebbe salvarmi l’anima. La morte di un uomo è la cosa più privata della sua intera vita, e non appartiene a Dobkins, al reverendo Sonders, a Thibido o a lei: è mia” John Wayne a Lauren Bacall
Il pistolero (The Shootist), regia di Don Siegel (1976)
Il leggendario pistolero JB Books, come una sorta di alter ego di Wayne sta morendo di ‘cancro’ (diagnosticato dal Doc Hostetler interpretato da Jimmy Stewart) e visto che è tempo di andare, lo fa a modo suo. John Wayne muore a Westwood l’11 giugno del 1979, come il leggendario eroe della sua ultima interpretazione, ma il mito è vivo e vegeto!