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Torino Film Festival 27: ecco il programma

Al solito, leggendo il programma del Torino Film Festival ci si può perdere. In questo caso, è solamente un bene. La direzione passa da Nanni Moretti a Gianni Amelio, ma lo spirito (forse perché la squadra è sempre quella, capitanata da Emanuela Martini) resta uguale a quello delle passate edizioni. Dal 13 al 21 novembre

pubblicato 4 Novembre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 08:45



Al solito, leggendo il programma del Torino Film Festival ci si può perdere. In questo caso, è solamente un bene. La direzione passa da Nanni Moretti a Gianni Amelio, ma lo spirito (forse perché la squadra è sempre quella, capitanata da Emanuela Martini) resta uguale a quello delle passate edizioni. Dal 13 al 21 novembre il pubblico a Torino potrà godersi nove giorni di cinema, tra grandi anteprime e film piccolissimi, per un totale di più di 200 film.

Nei 16 film in concorso tornano in gara gli italiani, dopo l’assenza delle precedenti edizioni, con Pietro Marcello (regista del documentario Il passaggio della linea, visto a Venezia e poi acclamato in tutta Italia) che presenta La bocca del lupo, e Gioberto Pignatelli, che presenta Santina. Dagli Usa alle Filippine, dalla Romania alla Norvegia, dal Cile alla Francia, passando per l’estremo Oriente: il concorso della 27a edizione del Torino Film Festival è tutto da scoprire, in attesa di poter giudicare in prima persona le pellicole.

La nostra attenzione va a focalizzarsi infine tra i grandi titoli e i grandi autori di questa edizione. Qualche nome sparso: Fantastic Mr. Fox – Una volpe troppo furba, nuovo atteso film di Wes Anderson; Gigante di Adrián Biniez, Orso d’Argento a Berlino; Kinatay, il penultimo film del regista filippino Brillante Mendoza, ormai sdoganato da Cannes (ha vinto il premio per la regia proprio con Kinatay) e Venezia (dove ha presentato il bellissimo Lola); torna Shane Meadows, molto amato da Torino, con Le Donk & Scor-zay-zee; si continua poi con i nuovi Jonathan Demme, François Ozon, Christophe Honoré, Julien Temple. E, per gli appassionati, non mancherà finalmente anche qualche bell’horror. Senza dimenticare il film di apertura, l’atteso Nowhere boy, e l’anteprima di Tetro – Segreti di famiglia di Coppola. E poi le retrospettive su Ray, Oshima e quella su Nicolas Winding Refn (autore del potente Valhalla Rising), omaggi al cinema italiano e alla Nouvelle Vague, Kusturica e le sue 6 ore di Underground

Il programma lo potete vedere sul sito ufficiale del festival; dopo il salto invece vi proponiamo le schede dei film in concorso e delle anteprima (ringraziamo Alphabet City).

TORINO 27
È riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera la principale sezione competitiva del festival, che presenterà 16 film di nuova produzione, inediti in Italia.

ADÁS – TRANSMISSION di Roland Vranik (Ungheria, 2009, 35mm, 95’)
Tutti i sistemi elettronici si sono fermati: un mondo senza luce elettrica, senza frigoriferi, senza benzina.
Un mondo alla J.G. Ballard, dove ognuno si arrangia come può. Squarci di quotidiana follia e sopravvivenza, in una città sulle rive di un lago, illuminata dal sole. Apocalisse prossima ventura venata di humor.

BASECO BAKAL BOYS di Ralston Jover (Filippine 2009, Betacam, 93’)
Utoy e Bungal sono due bambini che si guadagnano da vivere nella disastrata periferia di Manila recuperando in mare rottami metallici che rivendono per pochi spiccioli ai robivecchi. Sullo sfondo scorre una desolazione quotidiana che il regista ci racconta entrando con discrezione in un mondo disperato dove ancora abitano affetto e solidarietà.

LA BOCCA DEL LUPO di Pietro Marcello (Italia, 2009, DigiBeta, 67’)
A metà tra documentario e poema visivo, la storia d’amore tra Enzo, immigrato da giovane a Genova, e Mary, che Enzo conosce in carcere. Il rapporto tra due outsider vive sullo sfondo di una città-fantasma di reietti, il cui passato emerge attraverso rari filmati d’archivio. Il titolo allude a un celebre romanzo ottocentesco di Remigio Zena, ambientato nei vicoli genovesi.

CHI L’HA VISTO di Claudia Rorarius (Germania, 2009, 35mm, 88’)
Un giovane gay tedesco che non ha mai conosciuto il padre italiano, parte per Roma deciso a trovarlo. Mostra in giro una vecchia foto, poi scopre il programma televisivo Chi l’ha visto e si convince che quella è la sua unica vera chance. Film on the road, sulla storia vera del protagonista Gianni Meurer, con apparizione di Maria De Filippi.

CRACKIE di Sherry White (Canada, 2009, 35mm, 94’)
Mitsy è un’adolescente abbandonata dalla madre alcolizzata che vive con la nonna burbera e soffocante. Il suo sogno è diventare parrucchiera, la sua vita affettiva si limita a una relazione con un fannullone e all’adorazione ossessiva per un cane. Il ritorno a casa della madre farà esplodere le tensioni. Un’opera prima coinvolgente sulla difficoltà di crescere.

GET LOW di Aaron Schneider (USA, 2009, HD, 101’)
Tennessee, anni 30: Felix ha un caratteraccio, vive come un eremita, il suo passato è pieno di segreti. Ormai vecchio, decide di concedersi un “funeral party” prima di morire. Chiunque potrà partecipare e raccontare quello che sa di lui. Da una storia vera, diretta dal vincitore dell’Oscar 2004 (per il corto Two Soldiers), una favola amara dominata da un grande Robert Duvall.

GUY AND MADELINE ON A PARK BENCH di Damien Chazelle (USA, 2009, HD, 82’)
Lui, lei, il jazz, la città. Un inno alla vita che guarda a Cassavetes e a Chantal Akerman, con un po’ dello Spike Lee di Lola Darling. Un bianco e nero sgranato, aperture musical, spontaneità contagiosa, generosità a piene mani: un esordio americano come non se ne vedevano da tempo.

MEDALIA DE ONOARE – MEDAL OF HONOR di Calin Netzer (Romania, 2009, 35mm, 105’)
L’anziano Ion vive con la moglie Nina che da anni non gli rivolge la parola. Anche Corneliu, il figlio emigrato in Canada, evita di parlargli al telefono. Un giorno, Ion riceve una medaglia al valore militare, senza sapere per quale impresa. È l’occasione per riscattarsi davanti a tutti e per rimediare agli errori commessi. Soprattutto ora che Corneliu sta per tornare con moglie e figlioletto.

LA NANA – THE MAID di Sebastián Silva (Cile, 2008, HD, 94’)
Raquel festeggia il compleanno nella famiglia in cui è a servizio da oltre vent’anni. Ha cresciuto i figli della coppia e si illude di essere diventata parte integrante della famiglia. Per questo vive come una minaccia l’arrivo di nuove aiutanti e sistematicamente le mette in fuga. Ma Lucia, una cameriera più giovane, le fa capire che la sua vita è altrove.

NORD di Rune Denstad Langlo (Norvegia, 2009, 35mm, 78’)
Iomar, addetto a un impianto sciistico, è depresso e affetto da ambliopia causata dal riflesso della neve. Un giorno si presenta a casa sua quello che un tempo era il suo migliore amico, ma che poi gli ha rubato la fidanzata. Gli rivela che il figlio della donna, che abita nel Nord, è in realtà di Iomar. Questi intraprende un viaggio, dapprima in motoslitta e poi sugli sci per raggiungere il bambino.

LE ROI DE L’ÉVASION di Alain Guiraudie (Francia, 2009, 35mm, 97’)
Armand è sovrappeso, gay e annoiato della vita da single. Una sera salva Curly, 16 anni, da un’aggressione, e lei si innamora di lui. Intorno a loro, poliziotti, osti, famiglie, amici, tutti alla ricerca di una radice dai misteriosi poteri. Ambientata nel Sud della Francia, una commedia terragna e dissacrante dove si corre molto, si fa molto l’amore e si prende la vita come viene.

SANTINA di Gioberto Pignatelli (Italia, 2009, DigiBeta, 78’)
Ispirato ad alcune pagine de La storia di Elsa Morante, è la cronaca dell’omicidio di una prostituta da parte del suo giovane amante e sfruttatore. Ma anche un viaggio in luoghi e personaggi di una Roma in parte sognata e in parte scomparsa, al di là del bene e del male, di pagana e tragica innocenza. Con uno stile che mescola contaminazioni teatrali, musicali e figurative.

TORSO di Yamazaki Yutaka (Giappone, 2009, 35mm, 104’)
Due sorelle, un busto maschile gonfiabile, la solitudine e la difficoltà di fare i conti con l’altro: l’esordio alla regia del direttore della fotografia di Kore-eda è un ritratto femminile che scava in profondità senza invadenza, guardando e ascoltando il privato dei piccoli gesti di tutti i giorni.

VAN DIEMEN’S LAND di Jonathan auf der Heide (Australia, 2009, 35mm, 104’)
Nel 1822, Alexander Pierce evase con sette compagni da Macquarie Harbour, durissima colonia penale sepolta nel cuore della Tasmania. Solo lui riemerse alla civiltà. Com’era riuscito a sopravvivere? Avvolto da una natura ostile, vera protagonista del film, un thriller ispirato a un sanguinoso fatto di cronaca, diretto da un giovane attore australiano.

YOU WONT MISS ME di Ry Russo-Young (USA, 2009, HD, 81’)
Shelley è uscita da un ospedale psichiatrico. Il suo reinserimento sociale passa attraverso serate con gli amici, sesso, furiose litigate, telefonate alla madre e audizioni teatrali nel tentativo di restaurare con doloroso coraggio la propria vita. Opera seconda di Ry Russo-Young, il film ha il suo cuore e il suo motore nell’interpretazione di Stella Schnabel, figlia del pittore e regista Julian.

ZHA LAI NUO ER – JALAINUR di Zhao Ye (Cina, 2008, HD, 92’)
Un operaio va in pensione, uno più giovane, che lo guarda e lo rispetta come un padre, decide di accompagnarlo fino a casa. Come se il cinema di Jia Zhangke andasse a braccetto con quello di David Gordon Green: un road movie immerso in una Mongolia (il titolo si riferisce alla zona in cui corrono ancora i treni a vapore) sconfinata e gelida.

FESTA MOBILE
Il Torino Film Festival offre al suo pubblico una “festa”, un girovagare continuo tra uno schermo e l’altro, tra un genere e l’altro, tra un dramma, una risata, un horror, un musical. Un piacere per gli occhi, per scacciare l’inverno, all’interno delle sale.
Festa mobile è uno spazio in movimento, nel quale il festival propone, fianco a fianco, le anteprime più attese e i film più stimolanti visti all’estero, gli esemplari più bizzarri e i più rigorosi sguardi sulla realtà, da combinare insieme seguendo i gusti personali.

Francis Ford Coppola

TETRO – SEGRETI DI FAMIGLIA di Francis Ford Coppola (USA/Argentina/Spagna/Italia, 2009, 35mm, 127’)
Bennie, 17 anni, arriva a Buenos Aires alla ricerca del fratello maggiore, fuggito dalla famiglia anni prima: Tetro, scrittore amaro e nevrotico ossessionato da grovigli e delusioni che riemergono dal passato. Autodistruzione barocca a tempo di milonga nello sfolgorante nuovo mélo di Coppola, a colori e in bianco e nero, appassionato ed estremo, un omaggio alla follia del cinema.

RUMBLE FISH di Francis Ford Coppola (USA, 1983, 35mm, 94’)
Un ragazzo di 16 anni vive nel mito del fratello maggiore lontano: Rusty e Motorcycle Boy, Matt Dillon e
Mickey Rourke, due decenni prima di Bennie e Tetro. Il progenitore diretto di Tetro, anche questo scritto da Coppola, assolutamente indipendente, in bianco e nero con sprazzi di colore. E malattie, colpe, disperazioni che si materializzano in improvvisi deliri visivi.

THE RED SHOES di Michael Powell e Emeric Pressburger (UK, 1948, 35mm, 133’)
Uno dei mélo più belli della storia del cinema, citatissimo in Tetro: la storia di una ballerina tormentata tra la passione mortale per la danza e l’amore quieto per un musicista. Vicky danza verso un destino inevitabile, sulle ali della propria vocazione fatale. E Powell a ogni inquadratura inventa un tuffo al cuore, un’emozione, una meraviglia per lo sguardo. Copia restaurata.

Emir Kusturica

UNDERGROUND di Emir Kusturica (Francia/Yugoslavia/Germania, 1995, Betacam, 6×52’)
Due pittoreschi antinazisti, l’uno trafficante e l’altro donnaiolo, si fanno fama da eroi nella Belgrado del 1941 e convincono il loro clan a fabbricare armi in un rifugio sotterraneo, dove però terranno tutti segregati per quasi vent’anni, fingendo che la guerra continui, per guadagnarci con gli affari.
Tragicommedia tzigana, straripante e visionaria, proposta nella versione integrale, inedita in Italia, di circa 6 ore.

Figure nel paesaggio

À L’OUEST DE PLUTON di Henry Bernadet e Myriam Verreault (Canada, 2008, 35mm, 95’)
Una giornata nella vita di un gruppo di adolescenti dei sobborghi di Quebec City: la scuola con le sue assurdità, gli amori e una serata balorda che lascerà il segno. Gli adolescenti come una cosa a metà fra il pianeta e l’asteroide, cioè Plutone, raccontati da dentro con una macchina a mano, che li scopre traboccanti di amore per il futuro.

BEAUTIFUL KATE di Rachel Ward (Australia, 2009, 35mm, 100’)
Uno scrittore australiano quarantenne raggiunge la casa dove il padre sta morendo: si riaffacciano antichi
conflitti familiari, scoperte e attrazioni dell’adolescenza e soprattutto i ricordi della “bellissima Kate”, sorella gemella del protagonista, morta in circostanze misteriose un’estate di molti anni prima. Un torbido mélo familiare diretto dalla protagonista di Uccelli di rovo.

LA BELLA GENTE di Ivano De Matteo (Italia, 2009, 35mm, 98’)
Marito e moglie, borghesi e progressisti, un weekend in campagna. Quando lei decide di offrire rifugio a una prostituta rumena, prelevandola quasi a forza dalla strada, gli equilibri a poco a poco saltano. Una progressione psicologica da thriller, un quadro feroce dei personaggi, interpretati da Monica Guerritore, Antonio Catania, Elio Germano.

THE BLIND di Nathan Silver (USA, 2009, HD, 72’)
Marcus e Kate si sono trasferiti in un quartiere residenziale del New England. Lui è un architetto frustrato, lei una giovane casalinga che ha interrotto gli studi. Il quotidiano di una crisi è raccontato con rigore tra gli spazi immutabili dei suburbs borghesi: villette, giardini, centri commerciali. Consapevolezza di stile e maturità di analisi introspettiva in un film dai rimandi hitchcockiani.

BOMBER di Paul Cotter (UK, 2009, HD, 84’)
Alistair, anziano inglese ex pilota della Raf, parte con la moglie e il figlio che mal sopporta, per la Germania, intenzionato a chiedere pubblicamente scusa alla popolazione del villaggio tedesco che ha bombardato durante la Seconda guerra mondiale. Il viaggio porta alla luce conflitti mai esplosi tra l’uomo e il resto della famiglia.

BREAKING UPWARDS di Daryl Wein (USA, 2009, HD, 89’)
Come evitare, dopo quattro anni di relazione, il dolore di una separazione? Daryl e Zoe credono di affrontare la situazione con raziocinio pianificando al dettaglio la fine del loro rapporto. Non calcolano però gelosie, traumi, intrusioni, liti. Una commedia amara, ambientata in una New York splendente, sulla vita di coppia e sull’impossibilità di prevedere e condizionare le umane reazioni.

CHAN MAT – CLAUSTROPHOBIA di Ivy Ho (Hong Kong, 2009, 35mm, 100’)
Una coppia clandestina, Tom e Pearl. Lui è un manager sposato, lei è la sua giovane segretaria. Percorrendo a ritroso la genesi della loro relazione apprendiamo le ragioni della loro ineluttabile infelicità. Con una struttura alla Tradimenti di Harold Pinter, esordisce nella regia la sceneggiatrice di Peter Chan.

LA COSA GIUSTA di Marco Campogiani (Italia, 2009, 35mm, 93’)
Due poliziotti dal carattere molto diverso (Ennio Fantastichini e Paolo Briguglia) si trovano a indagare su un arabo sospettato di terrorismo. Tra i due, dopo conflitti anche aspri, sembra nascere una certa intesa. Nel frattempo cominciano a conoscere anche l’indagato, che si rivela una persona sensibile e umana.

FANTASTIC MR. FOX – UNA VOLPE TROPPO FURBA di Wes Anderson (USA, 2009, 35mm, 87’)
Dal libro di R. Dahl, la storia di Mr. Fox, Mrs. Fox e dei loro ragazzi, in guerra contro Boggis, Bunce e Bean, i tre agricoltori più invidiosi della zona, che tentano di seppellirli insieme a tutti i loro vicini di casa, puzzole, topi, conigli. Un gioiello di animazione stop-motion, con le voci di George Clooney, Meryl Streep, Bill Murray, Adrien Brody, Owen Wilson.

GIGANTE di Adrián Biniez (Uruguay/Germania/Argentina, 2009, 35mm, 90’)
Jara è grande, grosso e appassionato di heavy metal. Sorvegliante in un supermarket, attraverso i suoi monitor soprende Julia, un’addetta alle pulizie, mentre ruba. Invece di denunciarla, Jara le chiede un appuntamento. Orso d’argento all’ultimo festival di Berlino, una commedia laconica e tenera sull’incontro di due solitudini, dominata dalla fisicità disarmante del protagonista.

HAYAT VAR – MY ONLY SUNSHINE di Reha Erdem (Turchia/Grecia/Bulgaria, 2008, 35mm, 121’)
Hayat abita in una catapecchia in uno dei quartieri periferici più degradati di Instanbul: suo padre vive di espedienti, suo nonno è asmatico e confinato in un letto, sua madre si è fatta una nuova famiglia. Il suo destino sembra segnato, ma Hayat è forte. Pedinamento affettuoso e disincantato di un’adolescenza che non si rassegna a essere inghiottita da un mondo marginale e crudele.

KINATAY di Brillante Mendoza (Francia/Filippine, 2009, 35mm, 110’)
In auto verso l’orrore. E ritorno. Rilettura non accredita di Cuore di tenebra di Conrad, dove il colonnello Kurtz è l’istituzione, e dove non si macellano buoi bensì donne. Un viaggio nelle tenebre attraverso una Manila scura come la pece, che non dà tregua ad alcun ideale. Da uno dei più vitali e entusiasmanti filmmaker filippini contemporanei.

LE DONK & SCOR-ZAY-ZEE di Shane Meadows (UK, 2009, DigiBeta, 71’)
Le Donk è un incallito roadie il cui ultimo progetto consiste nell’aiutare un suo amico, il rapper sovrappeso Scor-Zay-zee, nella corsa verso il successo. L’idea è quella di intrufolarlo in un concerto della popolare band Arctic Monkeys. Un mockumentary rock, girato in cinque giorni e senza budget da Shane Meadows, che diventa un inno scalcinato ed esilarante alla vitale spontaneità del cinema.

THE LOVED ONES di Sean Byrne (Australia, 2009, 35mm, 84’)
Nonostante la scomparsa misteriosa di alcuni ragazzi, in una cittadina australiana la vita va avanti. Il giorno del ballo della scuola, si formano coppie eccentriche, e il più aitante della scuola va a prendere la sua ragazza. Horror familiar-scolastico sulla falsariga di Wolf Creek, con iniezioni di humor macabro e un’imprevedibile dark girl.

LULU & JIMI di Oskar Roehler (Germania, 2008, 35mm, 94’)
In Germania, negli anni ’50, Lulu, una ragazza ricca oppressa da una mamma nevrotica e ambiziosa, incontra Jimi, un giovane americano nero innamorato della musica di Elvis Presley. Colpo di fulmine, ira della mamma, fuga, separazione, riunione: un dramma familiare alla Douglas Sirk trattato come una commedia alla John Waters, con omaggi surreali ai Sailor e Lula di Cuore selvaggio di David Lynch.

MADE IN HUNGARIA di Gergely Fonyo (Ungheria, 2009, 35mm, 109’)
Negli anni 60, Miki, cresciuto negli Stati Uniti, è costretto a tornare in Ungheria con la sua famiglia: le sue camicie hawaiiane, le sue scarpe sgargianti e la sua collezione di dischi di rock’n’roll creano il caos nella scuola e tra i severi funzionari addetti alla cultura giovanile. Una travolgente commedia musicale, ispirata alla vera storia di una rock star ungherese.

NEW DENMARK di Rafaël Ouellet (Canada, 2009, HD, 73’)
La sedicenne Carla passa l’estate lavorando nell’albergo di famiglia e affiggendo manifesti della sorella maggiore, misteriosamente scomparsa da un mese. Nella ricerca la aiutano alcuni amici e uno sconosciuto che ascolta i rumori della natura. Fino a che Carla, con un’amica, decide di raggiungere New Denmark, luogo mitizzato dalla sorella.

NON MA FILLE, TU N’IRAS PAS DANSER di Christophe Honoré (Francia, 2009, 35mm, 105’)
Tra Parigi e la Bretagna, le inquietudini, le insofferenze, le malinconie di Lena, due figli piccoli, un matrimonio interrotto e una famiglia che vuole il suo bene, ma riesce solo a opprimerla e infastidirla. Un personaggio spigoloso per la brava Chiara Mastroianni, diretta da Christophe Honoré (Les Chansons d’amour) in uno scomodo ritratto di famiglia.

NOWHERE BOY di Sam Taylor Wood (UK, 2009, 35mm, 96’)
A Liverpool, un ragazzo cresce con la zia conformista, ma un giorno si rifà viva la mamma eccentrica, appassionata di musica: adolescenza e prime vocazioni di John Lennon e del suo amico Paul McCartney, dal libro di Julia Baird, sorellastra di Lennon. Due giovanissimi, Aaron Johnson e Thomas Sangster, con Kristin Scott Thomas, diretti dall’artista visiva Sam Taylor Wood.

PINK SUBARU di Ogawa Kazuya (Italia/Giappone, 2009, 35mm, 96’)
Avere un’auto, in una piccola città arabo-israeliana, è fondamentale, e Elzober, cuoco in un sushi bar di Tel Aviv, finalmente ha i soldi necessari. Compra una Subaru, che la notte stessa gli viene rubata. Commedia surreale popolata di arabi, ebrei, giapponesi, maghe, sfasciacarrozze, parenti, equivoci, diretta da un giapponese che vive in Italia e scritta da un arabo israeliano.

POLITIST, ADJECTIV – POLICE, ADJECTIVE di Corneliu Porumboiu (Romania, 2009, 35mm, 113’)
Cristi, giovane poliziotto, viene incaricato di pedinare uno studente sospettato di spaccio. Nonostante lo veda vendere hashish, Cristi si rifiuta di arrestarlo perché crede che la legge stia per cambiare e non vuole avere sulla coscienza un arresto inutile. Spiazzante commedia nera rumena, fatta di appostamenti, canzoni e umorismo laconico.

PONTYPOOL di Bruce McDonald (Canada, 2009, 35mm, 96’)
L’horror giunge con le parole: se ne accorge un dj radiofonico, che si interroga sul senso di troncare le comunicazioni. Da un talento ribelle del cinema canadese, un film di genere che usa l’intelligenza contro l’imbarbarimento della società. Come un Carpenter meno corporeo: un assedio dove il verbo conduce morte.

RECORD 12 di Mario Conte e Simone Wendel (Germania, 2009, DigiBeta, 63’)
Una casa spiata da una telecamera con l’obiettivo dietro un acquario. Una donna sola al telefono non si sa con chi. Fuori una non meglio identificata organizzazione lavora per il Senato e ha l’ordine di tenere sotto controllo i fantasmi. Il Grande fratello del paranormale, in un piccolo film ipnotico e a suo modo eversivo.

LE REFUGE di François Ozon (Francia, 2009, 35mm, 90’)
Mousse (Isabelle Carré) viene ricoverata in ospedale dopo un’overdose. Al risveglio scopre che Louis, il suo uomo, è morto e che lei è incinta. La ricca famiglia di Louis la spinge ad abortire, ma lei si rifugia in una casa al sud dove viene raggiunta da Paul, il fratello omosessuale di Louis. Come salvarsi la vita inventando nuovi modelli familiari.

LA STRANIERA di Marco Turco (Italia, 2009, 35mm, 108’)
Naghib e Amina sono marocchini immigrati in Italia. Lui è un architetto affermato che ha una relazione con un’italiana. Lei, clandestina in cerca del marito, finisce col prostituirsi. Naghib è attratto da Amina, dalla sua forza disperata. Una drammatica storia d’amore e di integrazione impossibile, girata tra Torino e il Marocco.

WELCOME di Philippe Lioret (Francia, 2009, 35mm, 110’)
Un giovane curdo, immigrato in Francia, tenta di raggiungere la fidanzata a Londra. Lo bloccano a Calais dove incontra un istruttore di nuoto in crisi per un divorzio non voluto. L’uomo lo allenerà per tentare l’attraversamento della Manica a nuoto. Il film racconta l’ipocrisia occidentale verso gli immigrati con sguardo attento e coinvolgente e con una dolente interpretazione di Vincent Lyndon.

YANG YANG di Yu-Chieh Cheng (Taiwan, 2009, 35mm, 111’)
La giovane Yang Yang, di padre francese mai conosciuto, abbandona il mondo dell’atletica per l’industria dello spettacolo: ma non avrà vita facile. Primi piani, attenzione al dettaglio, malinconia diffusa per una figura femminile moderna e contraddittoria. La protagonista Chang Yung-yung (aka Sandrine Pinna) è una star del cinema taiwanese.

ZION VE’ACHIV – ZION AND HIS BROTHER di Eran Merav (Israele/Francia, 2008, 35mm, 84’)
Zion è un quattordicenne che vive con madre e fratello maggiore nella periferia di Haifa. Il rapporto viscerale tra i due fratelli subirà uno scossone a causa di un tragico incidente. Un dramma familiare che diventa percorso di crescita e maturazione descritto con stile asciutto e coinvolgimento emotivo. Tra gli interpreti Ronit Elkabetz, protagonista di Matrimonio tardivo, Alila e La banda.

Paesaggio con figure

45365 di Bill e Turner Ross (USA, 2009, HD, 90’)
Dalla pattuglia della polizia al tribunale, dal campo sportivo alla casa di riposo, dalla parata cittadina al
sermone della domenica, quasi viaggiando sulle frequenze della radio locale, il film esplora il rapporto tra gli abitanti di Sydney, Ohio, e la loro città e con sguardo complice osserva l’intrecciarsi di tante storie di ogni giorno, che confluiscono in un armonioso mosaico di volti, luoghi e accadimenti.

CARMEL di Cédric Venail (Francia, 2009, DigiBeta, 17’)
Monte sacro alla cristianità sito nei pressi di Haifa che ha ispirato due ordini religiosi, Carmel è anche il nome di un mercato di Tel Aviv. Un sabato mattina dopo la pioggia. Il cinema e i suoi spettri.

CARNE VIVA di Jean-Charles Hue (Francia, 2009, DigiBeta, 98’)
Un americano 50enne, sdentato e malato ma con un corpo da ballerino, prostitute tossicomani, guaritori ambulanti, poliziotti, sono i personaggi di una favola dark ambientata nelle strade di Tijuana. Un coltello magico con un manico d’osso di cane è il filo rosso (sangue) che lega queste vite e sembra mormorare nell’orecchio di chi lo impugna che la libertà ha sempre un prezzo da pagare.

COME MIO PADRE di Stefano Mordini (Italia, 2009, DigiBeta, 75’)
Che cosa rappresenta la figura del padre? Com’è cambiato il ruolo e lo status della paternità in Italia dal dopoguerra fino ad oggi? Un lungo viaggio in bianco e nero e a colori nella storia d’Italia attraverso il sempre mutevole rapporto tra padri e figli. Per scoprire che solo l’intelligenza e il sentire dei bambini possono dirci davvero chi è il loro padre.

COMMON GROUND di Vera Brunner-Song (USA, 2008, Betacam, 27’)
Abbandono, decadenza, demolizione, ricostruzione: un film sul ciclo vitale delle terre nel Sud della California, dove l’economia dà forma al territorio. Il ritratto di un luogo e dei processi che lo modificano, dove lo sguardo del cinema ci interroga sul nostro rapporto con il passato e con il progresso.

GHOST TOWN di Zhao Dayong (Cina, 2008, Dvcam, 170’)
Zhiziluo è una città del sud est della Cina. Città fantasma, ma piena di vita. Mentre la grande statua del presidente Mao fissa le montagne, una giovane coppia si sfalda di fronte agli impedimenti sociali ed economici, e Ah Long, un dodicenne abbandonato dai genitori, cerca di sopravvivere con altri amici.

GRANDMOTHER di Yuki Kawamura (Giappone/Francia, 2009, DigiBeta, 34’)
Masa, una nonna giapponese di 83 anni, è in coma da 50 giorni. La sua famiglia la accompagna in questo difficile momento e la sua scomparsa diventa un’occasione di riflessione sulla natura, sul profondo significato della vita e della morte, per rendere così tributo ad un’intera esistenza.

HORS SAISON di Jean-Claude Cottet (Francia, 2008, DigiBeta, 43’)
Il giovane regista ritorna nell’Alta Savoia al paese natale, abbandonato 11 anni prima quando i genitori avevano perso casa e lavoro. Ora padre e madre vivono con grande dignità e pochissimi mezzi in una piccola casa in piena campagna. Il regista si riavvicina a loro, filmando il lavoro e lo scorrere delle stagioni. La rinascita possibile di un rapporto a lungo negato.

LINE di Kotani Tadasuke (Giappone, 2008, Dvcam, 52’)
Nel quartiere di Osaka, il 30% della popolazione è originario di Okinawa. L’insofferenza del regista per il suo quartiere è forse pari a quella verso il padre alcolizzato, e questa rischia di ricadere sul rapporto con la compagna e suo figlio. Nella zona a luci rosse di Okinawa, il regista filma le cicatrici sui corpi nudi delle prostitute nella speranza di ricucire così anche le proprie ferite interiori.

MANIQUERVILLE di Pierre Creton (Francia, 2009, 35mm, 83’)
Come rileggere Proust in Normandia, in una villa carica di storia e fantasmi riconvertita a casa di riposo. Il centro Maniquerville ospita molti anziani, per lo più affetti da gravi sindromi neurodegenerative. Francoise Lebrun, icona del cinema di Jean Eustache, si reca regolarmente da loro per un ciclo di letture di Alla ricerca del tempo perduto. Le parole prendono vita, sui volti come sulle pareti e la memoria svanisce, per essere restituita all’eternità.

MY OWN PRIVATE LIBRARY di Beate Kunath (Germania, 2009, Betacam, 49’)
Una relazione interrotta, un diario che è anche una lettera a una persona lontana. Una lunga serie di telefoni pubblici, filmati in Super8, ad accompagnare le parole della “protagonista” Petra, veicoli di un possibile dialogo con “l’altra” e con lo spettatore. Un ironico e articolato montaggio sonoro, la leggerezza del testo, che comincia con una citazione di Murakami, per un piccolo film rinfrescante.

NAHIED = VENUS di Parisa Yousef Doust (Olanda, 2008, DigiBeta, 38’)
Nahied ha passato diversi anni in prigione in Iran e ora vive, muta, in un istituto psichiatrico in Germania. Parisa, la regista, tenta di ridare voce al passato della zia confrontandosi con i silenzi e i racconti dei fratelli e delle sorelle di Nahied e cercando di affrontare le sue stesse paure.

NEIL YOUNG TRUNK SHOW di Jonathan Demme (USA, 2009, HD, 83’)
Jonathan Demme torna nuovamente dopo Heart of Gold sulla musica dell’amico e compagno di strada Neil Young. Un ritratto sul palco e in presa diretta di uno dei più grandi autori della storia del rock, realizzato quasi totalmente con delle piccole camere digitali durante il recente Chrome Dream II Tour. Contornato dalle sue chitarre, Neil Young ripercorre i 40 anni della sua carriera.

O’ER THE LAND di Deborah Stratman (USA, 2008, 16mm, 52’)
O’er the land of the free and the home of the brave. Gli Stati Uniti d’America e la loro identità nazionale, intesa come costrutto psichico che si rispecchia nel paesaggio, per un film che è una meditazione poetica e storica su una identità al contempo profonda e artificiale, fatta di cultura delle armi, mito della “wilderness”, consumismo, sentimenti patriottici ed imprese oltre la sfera dell’umano.

OIL CITY CONFIDENTIAL di Julien Temple (UK, 2009, HD, 106’)
Oltre il blues e prima del punk. Questa è la storia della parabola fulminea e deragliante dei Dr Feelgood, band nata all’inizio degli anni 70 da quattro amici nei sobborghi industriali di Convey Island che si trovò improvvisamente catapultata dai palchi dei pub inglesi agli stadi di mezzo mondo. Un nuovo capitolo della personalissima enciclopedia del rock’n’roll a cura di Julian Temple.

LES RACINES DU BROUILLARD di Dounia Bovet-Wolteche (Belgio, 2009, Betacam, 53’)
Un racconto a tre voci: Ali, combattente indipendentista algerino condannato a morte dalle autorità francesi, morto lontano dalla sua patria; la sua amica Axelle, che torna in Algeria sulle tracce che Ali e i suoi ideali hanno lasciato nella storia algerina; Dounia, autrice del film, che con il suo Super8 in bianco e nero disegna le impossibili “radici della nebbia”, per non cedere alla rassegnazione dell’oblio.

RESISIM – FRAGMENTS di Yonatan Haimovich (Israele, 2009, Betacam, 50’)
Il regista, israeliano di origine russa orfano dei genitori, torna nel quartiere russo di Gerusalemme, dove vivevano i suoi nonni, e filma ciò che resta della sua infanzia, di quella cultura forse non più sua ma a cui si sente ancora così profondamente legato. Un mosaico evanescente di vite, ricordi, suoni e voci, un microcosmo sospeso nel tempo che sembra sul punto di disperdersi nel pulviscolo della storia.

RIP! – A REMIX MANIFESTO di Brett Gaylor (Canada, 2009, DigiBeta, 80’)
Che senso ha il concetto di proprietà intellettuale nell’era del peer-to-peer e del file sharing, di Napster e di Torrent? Il regista e attivista del web Brett Gaylor, grazie alla complicità del dj e mash-up artist Girl Talk, mette in discussione molte delle nostre certezze sul diritto d’autore.

THE SHOCK DOCTRINE di Mat Whitecross e Michael Winterbottom (UK, 2009, 35mm, 78’)
Ispirato dal libro omonimo di Naomi Klein, Winterbottom e Whitecross ci conducono per mano in un viaggio nel tempo del capitalismo felix, quello ispirato a Pinochet, a Thatcher, a Eltsin dal Nobel Milton Friedman e dai suoi famigerati Chicago Boys. Dal golpe cileno del 1973 all’invasione neo-con dell’Iraq, straordinari materiali di repertorio svelano il lato oscuro del capitalismo vincente.

UNTIL THE NEXT RESURRECTION di Oleg Morozov (Russia, 2008, DigiBeta, 90’)
Ci sono voluti dieci anni per realizzare questo film, dieci anni passati dal regista alla periferia di Kaliningrad filmando i reietti della società. Ma qui non c’è pietismo per alcolizzati e prostitute: lo sguardo di Morozov è carico di un amore profondo e drammatico, di un senso di prossimità e di disperato attaccamento alla vita, in grado di superare anche il limite segnato dalla morte.

VIDÉOCARTOGRAPHIES: AÏDA, PALESTINE di Till Roeskens (Francia/Palestina, 2008, Dvcam, 46’)
Uno schermo bianco. A poco a poco delle linee si affacciano. Delle voci raccontano e delle mani disegnano una topografia, quella di Aïda, un campo profughi palestinese nei dintorni di Betlemme. Una topografia che non è solo geografica, ma mentale, politica, emotiva, storica. Se i muri si potessero cancellare come le linee disegnate…

Fonte: Alphabet City

Torino Film Festival