Torino Film Festival 2009: Gigante – La nana – Breaking Upwards
Il Torino Film Festival 2009 è ormai entrato nel vivo, anche grazie all’inizio del concorso. Sono ben quattro ad oggi i film presentati nella competizione ufficiale: una competizione che ha già presentato qualche bella sorpresa, e nella quale vogliamo sottolineare la presenza di attori eccellenti un po’ ovunque. Ma non manca qualche prima pecora nera…
Il Torino Film Festival 2009 è ormai entrato nel vivo, anche grazie all’inizio del concorso. Sono ben quattro ad oggi i film presentati nella competizione ufficiale: una competizione che ha già presentato qualche bella sorpresa, e nella quale vogliamo sottolineare la presenza di attori eccellenti un po’ ovunque. Ma non manca qualche prima pecora nera…
Gigante – di Adrián Biniez (Festa Mobile – Figure nel paesaggio)
Jara lavora come sorvegliante in un supermarket, e la sera tardi fa il buttafuori in discoteca: la sua stazza glielo permette. Un giorno attraverso i monitor vede un’addetta alle pulizie, Julia, e se ne invaghisce. Inizia a seguirla per capire chi sia: ormai è cotto, e vorrebbe almeno riuscire a parlarne…
Direttamente da Berlino, dove ha vinto l’Orso d’Argento per la miglior regia, arriva al Torino Film Festival l’opera prima di Biniez, ambientata in una Montevideo sfruttata benissimo in tutte le sue zone e la sua solarità, dalle spiagge ai pub notturni, dalle case più povere alle strade affollate.
Commedia pacata e tenera, Gigante non presenta grandi cose per cui lo si possa definire un grande film, e forse si potrebbe dire qualcosa sul premio ottenuto a Berlino (ma avremmo effettivamente dovuto esserci per poter dire qualcosa, anche in confronto agli altri film in concorso): ma il personaggio di Jara fa simpatia, e la sua tenacia mescolata ad un’immensa timidezza lo rendono a tratti irresistibile. Anche per il suo amore incondizionato per l’heavy metal.
La nana (The Maid)- di Sebastián Silva (Concorso)
Raquel lavora come tata nella casa di una famiglia benestante. Ci lavora da oltre vent’anni; festeggia con loro il natale e i suoi compleanni. La madre la sente solo al telefono, perché non fa mai ritorno a casa: ormai la sua famiglia è quella con cui vive da tempo. O così è convinta. Finché i padroni non decidono di affiancarle una nuova ragazza…
Il primo film del concorso è una bella sorpresa, cattiva e abbastanza tesa nella prima parte, poi via via sempre più umana e concentrata sul personaggio di Raquel nella seconda. La prima parte infatti vede Raquel nella sua routine quotidiana, tra le faccende di casa e il lavoro con i bambini: i pavimenti da pulire, i pranzi da preparare, i farmaci che prende per il mal di testa…
La donna vive come una minaccia l’arrivo di nuove ragazze che l’affiancano, e tenta il tutto e per tutto per metterle in cattiva luce e far sì che se ne vadano. Poi, quando arriva Lucia, l’atteggiamento di Raquel inizia a cambiare, e anche lo spettatore – che riesce anche ad odiarla, probabilmente – scopre un’umanità e una mancanza di affetto che colpiscono.
Dopo Tony Manero, grande vincitore della precedente edizione del Torino Film Festival, un altro film cileno convince e si fa strada per qualche premio principale. E ancora una volta il discorso politico e sociale non è da tenere in poco conto: Raquel, dopotutto, è il prodotto del suo alienante lavoro e della mancanza di sincera umanità nelle persone con cui ha vissuto per vent’anni. Ma, appunto, nella seconda metà vince su tutto il fattore umano. Straordinaria la protagonista Catalina Saavedra. Qui trailer e locandina.
Breaking Upwards – di Daryl Wein (Festa Mobile – Figure nel paesaggio)
Daryl e Zoe sono giovanissimi e innamorati. Ma dopo quattro anni, incominciano le difficoltà. I due iniziano a stilare puntigliosamente un programma per poter ricominciare ad avere linfa nella loro relazione: uno dei punti prevede di vedersi a giorni alterni. Non tutto funziona però per il verso giusto, e la loro coppia diverrà molto “aperta”…
In una New York coloratissima, che il regista ha voluto rendere apposta così per far rivivere la magia della città sullo schermo, si svolge questa commedia romantica, indipendentissima nell’anima. Diretta con un budget ridotto ma una capacità di tenere desto lo spettatore che svela il talento di chi sta dietro lo script, Breaking Upwards è interessante sin dai retroscena.
Infatti Daryl Wein è anche protagonista assieme alla ragazza Zoe Lister Jones, a sua volta sceneggiatrice: i due portano sulla schermo la loro storia; romanzata, certo, ma reale almeno al 50%. Pochi soldi, si diceva: ma la sceneggiatura ha un ritmo indiavolato, le battute sono scritte con intelligenza, e il romanticismo non è neanche per un secondo melenso. Il cinema indipendente americano piccolissimo ma serio, quello che ci piace.