2011- 150 anni dell’Unità d’Italia: un’Italia fuori dal mondo e un’Italia nel mondo, parola di Kennedy
Per adesso solo un film controverso, Noi credevamo di Mario Martone di cui abbiamo parlato dalla Mostra del cinema veneziana, ha voluto ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Stanno cominciando a circolare timidamente dei documentari che per ora viaggiano riservati tra i piccoli festival sparsa nella penisola. Il fatto è che il cinema rivive su
Per adesso solo un film controverso, Noi credevamo di Mario Martone di cui abbiamo parlato dalla Mostra del cinema veneziana, ha voluto ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Stanno cominciando a circolare timidamente dei documentari che per ora viaggiano riservati tra i piccoli festival sparsa nella penisola.
Il fatto è che il cinema rivive su vecchie pellicole sul Risorgimento realizzati anni e anni addietro: 1860 di Alessandro Blasetti (1934), Camicie rosse di Goffredo Alessandrini (1952), Viva l’Italiadi Roberto Rossellini (1961). Vengono presentati, insieme a vecchi reperti del muto al Museo del cinema di Torino, nella Cineteca di Bologna e in quella di Roma. Che cosa aspetta il cinema a svegliarsi e a tornare, magari insistendo, sul tema dell’Unità che ogni presenta tanti segni di Disunità?
A dominare, almeno in prospettiva, sarà la rievocazione televisiva , anche in questo in vecchi filmati, frutto di un cinema che si stava mettendo a servizio del piccolo schermo spesso mantenendo la qualità del grande schermo.
In questi meravigliosi filmati si scopre che l’Italia è ed è sempre stata “nel mondo”. Anche quando ci pare che sia fuori dal mondo. I vuoti di memoria sono all’ordine del giorno.Vorrei tappare almeno un buco della memoria.
Nelle mie ricerche nelle Teche Rai fra documenti realizzati con la tecnica e la logica cinematografica ho trovato un brano di storia che io stesso non ricordavo, e quindi non avevo mai visto, anzi penso che sia stato poco visto in generale.
Si tratta di un filmato del 1961, ovvero dell’anno di cinquant’anni fa in cui soprattutto Torino, ma anche il resto d’Italia, celebrò senza fumi di esaltazione né ubriacature retoriche il centenario dell’Unità di allora.
In un bianco e nero molto chiaro, nonostante l’onta del tempo che pur si nota, le cineprese della Rai e della tv americana scendono dalle bandiere dell’ambasciata italiana a Washington, inquadra una piccola orchestra che esegue l’inno di Mameli, senza parole, in modo asciutto e veloce, con molto rispetto; infine si dedica a riprendere il presidente Kennedy, in gran forma, bello, sereno, concentrato in mezzo a varie personalità sia americane che italiane.
Tra il pubblico c’era la moglie del presidente, Jacqueline, la donna che era spesso accanto al presidente, e lo fu anche nel giorno dell’attentato di Dallas nel 1963, due anni dopo la cerimonia dedicata all’Unità d’Italia. Kennedy parlò non troppo a lungo, convinto, con calore. Estraggo la parte che ho inserito nel mio film “Concerto Italiano- Storia e storie dell’Unità d’Italia” destinato alla tv e a una ampia diffusione nelle sale italiane e straniere. Questa parte che dice:
“Se Cavour, Mazzini, Garibaldi e Vittorio Emanuele II hanno fatto l’Italia a fare gli italiani hanno contribuito i milioni di emigrati italiani che hanno portato con sé nel mondo e in America valori e tradizioni, creato identità e appartenenze. Essi sono partiti come napoletani, veneti, siciliani, lombardi, ed erano italiani, creando legami con il paese e con la regione di origine, consolidando l’Italia e la sua storia”.
Parole chiare, senza sbavature. Kennedy riscosse un vibrante applauso. Qualche lacrima brillò negli italiani presenti. Il presidente strinse alcune mani e se ne andò con un sobrio, leggero sorriso. Erano parole dedicate a 27 milioni di italiani che avevano lasciato l’Italia per andare nel mondo, molti dei quali arrivati sotto la leggendaria Statua della Libertà.
Storie forti, drammatiche, di speranza. Storie anche di gangster. Storie di umili operai e di banchieri, di industriali. Storie di grande attori e registi. Eccetera. Storie spesso, spessissimo di persone invisibili, oneste, dai volti colmi di stupore e di speranza che oggi balbettano la nostra lingua e se possono tornano al paese d’origine in tante parti d’Italia, sperdute nelle campagne, nelle montagne, lungo i mari.
E costoro adesso cosa trovano? Essi contribuirono, hanno contribuito all’Unità d’Italia all’estero, con il loro lavoro, con il loro talenti. Come disse Kennedy: “Erano partiti come napoletani, veneti, siciliani, lombardi ed erano italiani…”
Questo documento l’ho inserito nel mio film Concerto Italiano, dedicato a costoro, cerco di ritrovare quel senso di stupore, innocenza, speranza che fu una grande forza. Quindi niente retorica, ma una storia fatta di tante storie vere. Quante ce ne sarebbero ancora!