Invictus – Recensione in anteprima
Invictus (id., drammatico, USA 2009) Regia di Clint Eastwood, con Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Patrick Mofokeng, Matt Stern, Julian Lewis Jones, Bonnie Henna, Grant Roberts, Langley Kirkwood, Robert Hobbs.Invictus racconta la vera storia di come Nelson Mandela ed il capitano della squadra degli Springboks, Francois Pienaar, unirono le forze per la pacificazione del
Invictus (id., drammatico, USA 2009) Regia di Clint Eastwood, con Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Patrick Mofokeng, Matt Stern, Julian Lewis Jones, Bonnie Henna, Grant Roberts, Langley Kirkwood, Robert Hobbs.
Invictus racconta la vera storia di come Nelson Mandela ed il capitano della squadra degli Springboks, Francois Pienaar, unirono le forze per la pacificazione del loro Paese. Per l’occasione vennero coniati slogan quali ‘The Rainbow Nation’ e ‘Una squadra, un Paese’. Il neo eletto presidente Mandela (rimasto in carica dal 1994 al 1999) è consapevole che la sua nazione è divisa dall’apartheid e, sperando di poter riunire il suo popolo con il linguaggio universale dello sport, sprona la nazionale di rugby del Sud Africa alla vittoria del Campionato del Mondo del 1995. Il titolo avrebbe dovuto inizialmente essere, il perchè ci sembra chiaro, The Human Factor (Il fattore umano). Invictus (proviene dal latino e significa invitto ovvero mai sconfitto), fa invece riferimento ad un poemetto scritto da William Ernest Henley del 1875, fonte di ispirazione di Mandela durante gli anni trascorsi in prigione.
L’appellativo di invitto, imbattuto ed imbattibile, potrebbe essere facilmente associato anche al nome di Clint Eastwood, che il prossimo 30 maggio compirà 80 primavere e che non sbaglia un colpo dai tempi de Gli Spietati. Ben lungi dall’idea di andare in pensione, anzichè rallentare il ritmo della propria produzione cinematografica, da qualche stagione a questa parte il cineasta ha cominciato a sfornare capolavori al ritmo di due all’anno. Chiariamolo subito: Invictus non arriva a toccare i livelli di perfezione raggiunti con Gran Torino; non è appassionante come Changeling nè toccante come Million Dollar Baby. Si tratta comunque di un ottimo film, girato con la maestria e la sensibilità tipica di Eastwood, un prodotto in tutto e per tutto ben al di sopra della qualità media offertaci da Hollywood di questi tempi.
Il film inizia, con esattezza, 20 anni e undici giorni fa. Ovvero: l’11 febbraio 1990, il giorno in cui Nelson Mandela venne scarcerato, dopo 27 anni trascorsi in una cella di cinque metri quadrati nel penitenziario di Robben Island. Si conclude cinque anni dopo, il 24 giugno del 1995, giorno in cui venne disputata la partita decisiva del campionato del mondo di rugby. Si tratta di un adattamento per il grande schermo, ad opera di Anthony Peckham, del libro di John Carlin edito in Italia con il titolo Ama il tuo nemico. Per la prima volta, curioso che per farlo abbia scelto di raccontare una storia vera, Eastwood abbandona i toni cupi e pessimistici che è facile trovare in quasi tutte le sue precedenti opere, e si lascia andare ad un cauto ottimismo, con tanto di happy-end in grande stile (e per favore non accusateci di spoilerare, stiamo parlando di fatti storici risalenti a 15 anni fa!).
L’intera pellicola – che sfiora l’agiografia ma, al contempo, la evita e ne prende le distanze – è stata realizzata, per volere di Eastwood, che non avrebbe accettato di girare altrove, nei luoghi dove si sono effettivamente svolti i fatti. Lo stesso soggetto, nelle mani di un altro regista, avrebbe potuto essere archiviato sotto la voce ‘buonista, scontato e melenso’. Clint Eastwood, invece, non scade mai nel banale e con il suo stile essenziale, elegante ed asciutto, riesce ad emozionare ed a commuovere (senza rinunciare all’ironia), con pochi elementi. Qualcuno ha lamentato un eccessivo uso del ralenti nelle sequenze finali; personalmente non l’ho trovato fastidioso. Aggiungo che – pur non amando, in genere, i film sportivi – Invictus mi ha appassionata e mi ha tenuta incollata alla poltrona fino alla fine. A quanti ne abbiano l’opportunità, consiglio vivamente di andare a vedere il film in lingua originale; il doppiaggio lascia parecchio a desiderare.
Morgan Freeman veste i panni di Madiba (nomignolo affettuoso dato a Mandela dai suoi collaboratori) con una naturalezza invidiabile. Non si limita a ricalcare i gesti ed il modo di muoversi e di parlare del Premio Nobel sud africano, ma assorbe e fa propria quella gestualità fino a fondere sè stesso con il personaggio. Bene Matt Damon, ma il suo non è un ruolo che permetta istrionismi di sorta.
“Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo che va da un polo all’altro,
ringrazio tutti gli dei per la mia anima indomabile.
Nella morsa delle circostanze,
non ho indietreggiato, né ho pianto.
Sotto i colpi d’ascia della sorte,
il mio capo sanguina, ma non si china.
Più in là, questo luogo di rabbia e lacrime
incombe, ma l’orrore dell’ombra,
e la minaccia degli anni
non mi trova, e non mi troverà, spaventato.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la pergamena,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima…” William Ernest Henley
Nelle sale da venerdì 26 febbraio.
Voto Simona: 8
Voto Federico: 7
Voto Gabriele: 8