26° Torino Film Festival – Ottava giornata: Lasciami Entrare, recensione in anteprima
Lasciami Entrare (Låt den rätte komma in, Let the right one in, Svezia, 2008, 114′, horror) di Tomas Alfredson, tratto dall’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist, con Kåre Hedebrant, Lina Leandersson, Per Ragnar, Henrik Dahl, Karin Bergquist, Peter Carlberg, Ika Nord, Mikael Rahm, Karl-Robert Lindgren, Anders T Peedu,Pale Olofsson.Non ci sarà stato mezzo chilometro di
Lasciami Entrare (Låt den rätte komma in, Let the right one in, Svezia, 2008, 114′, horror) di Tomas Alfredson, tratto dall’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist, con Kåre Hedebrant, Lina Leandersson, Per Ragnar, Henrik Dahl, Karin Bergquist, Peter Carlberg, Ika Nord, Mikael Rahm, Karl-Robert Lindgren, Anders T Peedu,Pale Olofsson.
Non ci sarà stato mezzo chilometro di coda, ma poco c’è mancato. Sala 1 del Cinema Ambrosio al gran completo per la proiezione di Lasciami Entrare, pellicola diretta dallo svedese Tomas Alfredson e tratta dall’omonimo romanzo d’esordio di grandioso successo del connazionale John Ajvide Lindqvist; il film, già vincitore del prestigioso Tribeca Film Festival 2008, dal 2 gennaio anche nelle sale italiane.
La storia è questa. Oskar, biondissimo ragazzino dodicenne, vive la sua vita di giovane studente sopportando a malapena le angheria del bulletto Conny e della ghenga di ragazzetti succubi del malvagio carisma del capetto. Oskar passa in solitudine interi pomeriggi collezionando macabri ritagli di cronaca nera e fantasticando sul momento in cui, coltellino alla mano, riuscirà a vendicarsi dell’odioso bambino che lo maltratta pesantemente e lo chiama maialino.
La solitudine di Oskar finisce nel momento in cui una stramba coetanea si trasferisce nell’appartamento di fronte; Eli, questo il nome della misteriosa ragazza, è un pallido ed emaciato personaggio che sembra non patire l’intenso freddo svedese e che si mostra solo quando il sole è ormai calato. Il nostro protagonista non sembra questionare la situazione, che invece per lo spettatore è abbastanza chiara (senza contare che contemporaneamente alla comparsa di Eli a Stoccolma comincia a colpire un serial killer che sgozza le sue giovani vittime e ne raccoglie il sangue). Oskar non è nè informato nè sgamato come il pubblico in sala, ma a un certo punto la situazione diventa veramente troppo evidente, e il confronto con Eli, a cui il ragazzo nel frattempo si è affezionato moltissimo, si rende necessario.
La vampiretta, anche se per sua stessa ammissione è dodicenne ormai da moltissimo tempo, confessa senza troppi patemi d’animo le sue particolari esigenze alimentari. Riuscità il biondo Oskar ad accettare il fatto che la sua unica vera amica tende a dissanguare la gente per nutrirsi?
Bando alle ciance, “Lasciami Entrare” è uno dei migliori film dell’anno. Partiamo innanzitutto con l’ammettere una scarsa nozione e una debole passione verso il genere horror; ebbene, nonostante queste deficienze è impossibile non ammettere le innumerevoli qualità della pellicola di Alfredson. E sempre nonostante le deficienze non è difficile notare che il film, e naturalmente il libro, non aggiungono nulla alla vasta letteratura e filmografia (iniziata con “Nosferatu” di Murnau, ho fatto i compiti) che trattano di vampiri e affini; Eli, infatti, risponde a tutte le caratteristiche dei classici mostri succhiasangue: incredibilmente forte e agile, praticamente immortale, refrattaria alla luce e odiata dagli animali.
Viene logico trarre la conclusione che i pregi del film stiano altrove. Anzitutto nella capacità, rara e per questo sempre ben accetta, di saper prendere l’horror (in questo caso) come punto di partenza per raccontare una storia che riesca ad aggirare le logiche evenemenziali del genere e in questo modo innalzarsi, raggiungendo livelli di eccellenza inaspettati. Il rigore e la perfezione stilistica, il ritmo serrato e mai convulso, la bravura dei due piccoli attori Kåre Hedebrant e Lina Leandersson, tutto contribuisce a fare della piccola macchina filmica di “Lasciami Entrare” un meccanismo per larga parte inattaccabile.
L’unico elemento opinabile si può ricercare in un utilizzo forse un po’ troppo ingenuo e artificioso della CGI nella breve sequenza dell’attacco dei gatti. Una minima pecca che si riassorbe in maniera sfocata nella memoria dello spettatore, messa in ombra dalla lucentezza del contesto. Ma è necessario ritornare a parlare della messa in scena. Si è parlato di rigore e di meccanismo ben oliato. Alfredson ha le idee ben chiare, e punta su alcuni elementi di dialogo sintattico ricorrenti e significativi: il contrasto fra il buio dello sfondo e il lucore del primo piano; il continuo alternarsi fra un livello di profondità messo a fuoco e uno fuori fuoco; le geometrie cromatiche ricorrenti, che arricchiscono il quadro e rendono uniche tutte le singole sequenze. Una regia essenziale, dunque, che agisce per sottrazione ricercando l’essenziale e mondando il superfluo, con lo scopo di raccontare una bella storia, incalzante, tesa e paradossalmente di una dolcezza estrema.
Ragazzi, cerchiamo di essere obiettivi, dimentichiamoci di Twilight e lasciamo entrare Oskar ed Eli.
Voto Nicola: 9
Voto Gabriele: 8
Voto Carla: 8
Voto Simona: 8