L’intrepido: Recensione in Anteprima del film di Gianni Amelio
E il giorno di Gianni Amelio, che a due anni di distanza da Il primo uomo torna sul grande schermo con L’intrepido, ritratto contemporaneo dal tono fiabesco su un uomo ‘buono’ che affronta un mondo sempre più misero e contraddittorio. Protagonista Antonio Albanese
La giornata si apre con l’ultimo film di Gianni Amelio, L’intrepido, parabola dal tono velatamente fiabesco che si sofferma senza troppo disincanto sull’amaro periodo che attraversa quella parte di lavoratori, quasi tutti, costretta a vivere quotidianamente sul filo del rasoio. Al centro della vicenda Antonio Pane (Antonio Albanese), uno che, a conti fatti, fa il sostituto: sostituisce chiunque, quale che sia il suo lavoro, quando questi ha bisogno di assentarsi per uno o più giorni.
Una tematica evidentemente attuale, che a dispetto della familiarità si perde in un’ora e mezza abbondante sorprendentemente scialba, appesantita da una regia asettica, basata essenzialmente su quei puntuali dialoghi che non riescono quasi mai a risollevare la piattezza generale del film. E ci spiace doverci esprimere in questi termini, ma certe scelte di Amelio lasciano davvero perplessi. Per esempio, soffermiamoci sul personaggio di Antonio. Un profilo che ha tutte (o quasi) le carte in regola per far breccia, oltre che essere interpretato da uno degli attori più sottovalutati (non sempre per colpe altrui) del nostro cinema da una quindicina d’anni a questa parte, ossia Antonio Albanese. Quel sorriso stampato sulla bocca, identico per l’intera durata del film, quel suo irritante tono di voce, sono aspetti che ci suggeriscono quanto la performance di Albanese sia stata pilotata, e male, sebbene non ci aspettassimo certo che si facesse appello al suo estro da comico sopra le righe. Poca fiducia nelle qualità dell’attore? Difficile dirlo da questa distanza, ma sta di fatto che colui che doveva caricare su di sé il peso degli eventi non riesce assolutamente nello scopo. Anzi, non ci si meraviglia mai abbastanza di quanto ciò che avviene sullo schermo tenda a lasciare indifferenti nel migliore dei casi – salvo la scena con l’ex-moglie, anch’essa, come buona parte di ciò a cui assiste, per lo più derivativa.
In generale L’intrepido si mostra un film stranamente freddo, anche a dispetto di una storia profondamente umana, in cui l’empatia tra spettatore e personaggi (almeno col protagonista) non dovrebbe venir meno neanche per un istante. Ed invece certe battute forzate, certe uscite fuori posto, vanificano anche quel briciolo di realismo che eppure giace in fondo al racconto, che prima ancora che di povertà parla di miseria, che è altra cosa rispetto al non avere semplicemente qualche spicciolo in tasca.
Peccato anche perché il messaggio di fondo è positivo e andrebbe senz’altro veicolato, specie a vantaggio delle nuove generazioni, che si accingono ad affrontare un mondo che le tratterà a stivali in faccia come non avveniva da decenni. La mesta serenità di Antonio però non è abbastanza, perché essenzialmente gli episodi che vanno avvicendandosi sono privi di mordente, di quella verosimiglianza alla quale tuttavia tendono disperatamente. L’idea di un eroe ordinario, il cui vero potere è quello di riuscire ad affrontare una realtà meschina senza soccombere oltre che aiutare il prossimo a fare altrettanto, filtra ma non senza quel tocco di retorica che ne attenua di molto la portata. Il procedere lento del film, poi, non agevola affatto ai fini di quanto appena evidenziato, ponendo un’altra pietra sopra una pellicola che affonda sotto i suoi stessi colpi.
In più occasioni L’intrepido pare semplicemente aver sbagliato cittadinanza, affine com’è più all’universo letterario che a quello cinematografico, nel quale sembra calato con non poca fatica. Il che stupisce, perché a dispetto di una regia poco incline a giochi pirotecnici, l’asciutto e diretto Amelio ha anche di recente dimostrato di non essersi smarrito chissà dove (qui il riferimento è al suo penultimo film di appena due anni fa, Il primo uomo). In questo caso ci si limita invece a riportare certi cliché, come l’uomo di successo cinico che se esce con frasi patetiche del tipo “un uomo senza cravatta compra ma non vende“, o come il mal di vivere appenna abbozzato di certa gioventù; tutti elementi finiscono per travolgere un’idea davvero deliziosa di questo stoico lavoratore jolly che sgobba senza mai lamentarsene. E tra i tanti limiti, vanificare un approccio alla vita così pragmatico è tra i più dolorosi; fermo restando, come già evidenziato, problemi di altra natura, che smorzano qualsivoglia spunto degno d’interesse.
Nel finale si cerca di risollevare il film da quella piattezza generale che lo ha attraversato per intero, senza mai consentirgli di decollare; ma oramai è troppo tardi. Insieme a Child of God e Parkland, uno dei titoli più deludenti tra quelli visti in Concorso fino ad ora.
Voto di Antonio: 4
Voto di Gabriele: 2
L’intrepido (Italia, 2013) di Gianni Amelio. Con Antonio Albanese, Livia Rossi, Sandra Ceccarelli, Alfonso Santagata e Gabriele Rendina. Nelle nostre sale da domani, giovedì 5 Settembre.