L’amore che resta di Gus Van Sant – La recensione in anteprima
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Enoch è un adolescente difficile rimasto traumatizzato dopo un incidente che lo ha reso orfano e a suo dire gli ha fatto vivere l’esperienza della morte per almeno tre minuti. Sedotto e spaventato dall’idea del trapasso, Enoch si imbuca di nascosto nei funerali di perfetti sconosciuti per vivere il loro lutto ed espiare le proprie paure. Dal giorno dell’incidente al suo fianco c’è Hiroshi, un coetaneo che negli anni della Seconda Guerra Mondiale è stato un kamikaze dell’esercito nipponico. I due ragazzi condividono una singolare amicizia, condividendo le esperienze di vita e di morte, anelando ciascuno il ruolo dell’altro.
Durante una cerimonia funebre però Enoch viene scoperto da una giovane ragazza di nome Annabel, dal viso delicato e gli occhi inquieti che nascondono un doloroso segreto. Annabel ha un cancro e pochi mesi davanti a se, ma la sua rassegnazione non le porta via una grande voglia di vivere. Nasce una storia d’amore in cui eros e tanathos si intrecciano indissolubilmente, in cui entrambe i ragazzi sono consapevoli di avere una data di scadenza che però li spinge a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, nel bene e nel male.
Gus Van Sant torna nuovamente a raccontare una storia di adolescenza ambientata nella cupa periferia americana, questa volta dalle parti della città di Portland. I giovani di Van Sant sono fragili e sensibili, inquietanti e rassicuranti al contempo, consapevoli della caducità dei loro corpi mortali ma disposti a vivere un amore utopico che sogna di essere al di sopra dello spazio e del tempo.
I corpi di Henry Hopper e Mia Wasikowska sono il prototipo della bellezza adolescenziale, ma come nella celebre natura morta caravaggesca, la necrosi di nutre di loro dall’interno. Mia/Annabel ha un cancro al cervello che le sta divorando l’esistenza, Henry/Enoch vive con un’ossessione di morte che invece gli rode l’anima. L’unione delle loro due sfere è l’unica via di uscita da una situazione che porterebbe entrambi all’autodistruzione. Non c’è pietà e non c’è apertura a una speranza di una guarigione miracolosa nelle immagini di Gus Van Sant, ma allo stesso tempo il racconto di questa storia d’amore impossibile risulta uno dei più dolci e delicati che si siano visti al cinema negli ultimi tempi. Sulla carta poteva essere un film strappa lacrime, devastante e ricattatorio nei confronti del pubblico, ma la malattia non è in questo caso il tema principale quanto un pretesto per ragionare sul valore dell’amore puro.
Gus Van Sant gioca a richiamare visivamente il cinema adolescenziale degli anni ottanta, su cui riecheggia il fischio del treno di Stand By Me (non a caso Resteless è un film che venti anni fa avrebbe certamente avuto come protagonista il compianto River Phoenix), ma appare estremamente evidente come l’intero progetto sia frutto di una rilettura personalissima di Harold e Maude, la storia d’amore impossibile per eccellenza nel cinema. Henry Hopper, con uno sguardo terribilmente uguale a quello del padre Dennis, esordisce con un ruolo romantico decadente che non ha però lo spirito maledetto e nichilista di altri “eroi” del mondo di Van Sant, un primo film che promette ci sarà una lunga carriera per il giovane rampollo. Splendido il rapporto metafisico che Van Sant costruisce con l’amico immaginario Hiroshi, defunto ma desideroso di vivere come nessun altro dei personaggi viventi.
L’amore che resta uscirà nei cinema venerdì 7 ottobre 2011. Qui potete vedere il trailer italiano del film.
Voto Carlo 7,5
Voto Simona 7,5
Voto Gabriele 9
L’amore che resta (Restless, drammatico, Usa 2011) Regia di Gus Van Sant. Con Henry Hopper, Mia Wasikowska, Ryo Kase, Schuyler Fisk, Jane Adams, Lusia Strus, Chin Han, Jesse Henderson, Victor Morris, Colton Lasater, Christopher D. Harder, Kyle Leatherberry, Morgan Lee, De Ann Marie Odom, Kelleen Crawford