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Da Venezia due recensioni di The U.S. vs. John Lennon

Give peace a chance. Se bastasse una canzone ad averla, quella benedetta pace, sarebbe straordinario. Ma a volte può essere già un ottimo punto di partenza: cantare tutti assieme, un inno, una speranza che dopo anni e anni non è morta ed è sempre più viva. “The U.S. vs.John Lennon” vuole fare chiarezza definitiva su

3 Settembre 2006 13:25

Give peace a chance. Se bastasse una canzone ad averla, quella benedetta pace, sarebbe straordinario. Ma a volte può essere già un ottimo punto di partenza: cantare tutti assieme, un inno, una speranza che dopo anni e anni non è morta ed è sempre più viva. “The U.S. vs.John Lennon” vuole fare chiarezza definitiva su quello che fu il caso Lennon, sulla sua figura e sulla sua potenza. Perchè man mano che le autorità e il Governo si rendevano conto della vera potenza che avevano John e Yoko (ma, come più volte ripetuto nel corso del documentario, soprattutto John) s’incominciò a fare di tutto per sbarazzarsi di questa figura-leader pericolosa, che diventò un segno indelebile. War is over, if you want it. Se la popolazione lo vuole, protesta e si fa sentire, forse la guerra finirà. Banale? Evidentemente non per Nixon & co., nemici numero 1 di Lennon davvero spaventati… Probabilmente il documentario poteva essere più corto, probabilmente poteva essere migliore (ma attenzione comunque a qualche cosuccia originale nel montaggio, bello da vedere), ma è innegabile che riesca a scuotere qualcosa. E’ quella rabbia probabilmente morta coi ’70, ma che ancora oggi, con visioni del genere, non appartiene solo a chi quel periodo l’ha vissuto. E poi, parafrasando il film, la pace non costa meno della guerra, economicamente? Quindi fa comodo a tutti.

Voto Gabriele: 7


Ed ecco la recensione di Michele:

US vs. John Lennon
Venezia 29/08 ore 1:00. Fuori dalla finestra un diluvio sta letteralmente sommergendo l’intero lido. Sebbene verso le 21:00 ci fossero tutte le avvisaglie per una pioggia torrenziale stile amazzonica il sottoscritto si  è fiondato, armato di sola bicicletta, a guadagnarsi la sua prima proiezione (e senza saperlo pure una bronchite) di questa edizione della mostra biennale: un documentario su John Lennon e sua moglie Yoko Ono. L’epilogo stile happy ending che ha passato il sottoscritto dopo la fine del film è descritto dalla seguente equazione:
1 bicletta + 0 ombrello + pioggia torrenziale = tornare praticamente a nuoto alla base (tra l’altro senza occhialini che mi da pure fastidio agli occhi).
Questo scenario non ha di certo facilitato la digestione del film… In ogni caso dopo una bottiglia di burbon e 2 sigari mi sento abbastanza lucido da poter scrivere qualche riga su cio’ che ho visto.
Stringi stringi si tratta di una carrellata di interviste ad amici conoscenti mirata a far emergere il rapporto politico conflittuale tra il celebre membro dei Beatles e l’entourage della Casabianca capeggiato da Richard Nixon. Sebbene dai titoli di inizio mi aspettassi un documentario dietrologico sui rapporti tra l’omicida di Lennon e i piani alti di Washington (con magari qualche colpo di scena tipo “Lennon  ancora vivo e viene detenuto all’area 51”), col passar dei minuti la mia eccitazione  è venuta ben presto scemando nel constatare il film si riduce ad un affresco (buonista) delle vicissitudini della allegra coppia di artisti nel contesto politico Nixoniano e della guerra nel Viet “fottuto” nam. Dal documentario si evince:
1) Sotto Nixon e Hover gli Stati Uniti hanno sperimentato un tipo di oligarchia protofascista (ma questo lo sapevamo giàˆ) che molti aspetti in comune con l’attuale gestione Bushana (a partire dalla storia delle intercettazioni).
2) la sconfitta del movimento radicale USA da parte di questa egemonia
Non so quanto la seconda fosse nelle intenzioni del regista…. In effetti la prima domanda che uno si fa alla fine del film (e non me la sono posta solo io… accanto a me dei tedeschi si stupivano della stessa cosa): ma dove sono finiti tutti quei giovani ribelli, pacifisti e rivoluzionari? Non sto parlando delle idee (come la pace ad esempio) che sono rimaste in un contesto oggi decisamente lontano da quello che i cosiddetti rivoluzionari prosaisticavano. Dove è finita questa gente? Stavo per risponderle che probabilmente molti staranno guidando dei SUV dall’altra parte dell’oceano intenti ad andare a fare la spesa a Wall Mart. Non penso che se Lennon fosse sopravvissuto sarebbe cambiato qualcosa…. il documentario vuol far intendere che con la sua morte è scomparso il punto di forza di questi movimenti (chissàˆ magari ha ragione..)…
Le interviste agli attivisti politici del tempo, amici e compagni di Lennon sono abbastanza tristi: gente di mezza-etˆà vestiti similpopstar lontani anni luce dalle immagini di repertorio che ci mostra il documentario. Forse, anzi, è proprio questa la cosa che colpisce di più delle due ore di documentario: il totale annichilimento (o assoggettamento) di questi movimenti (simbolizzati dai loro ex leader) chiamati a suo tempo rivoluzionari.
In genere alle persone della passata generazione il documentario è piaciuto… Loro comunque lo guardano con spirito nostalgico (e forse qualcuno pure di rassegnazione)… chi lo sa…

Voto (Mereghettiano): *1/2 (su ****) nota: nel Mereghetti il ***1/2 vale “moralmente” più del ****

PS: Gore Vidal, onnipresente è sempre un grande!!

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