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Cinema: gli italiani amano i drammi ma guardano le commedie?

I dati sono stati diffusi in seguito alla ricerca ”Sala e salotto 2013”, commissionata da ANICA e presentata oggi a Firenze.

pubblicato 17 Ottobre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 08:26

Si è tenuto oggi all’Auditorium di Sant’Apollonia di Firenze il convegno “Sala e Salotto”, al quale sono intervenuti l’Assessore alla Cultura della Regione Toscana Cristina Scaletti e i rappresentanti di ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive). Nel corso del meeting sono stati resi noti i dati raccolti dall’ultima ricerca di mercato e i risultati sono abbastanza inquietanti.

Partiamo dai numeri: negli ultimi tre anni sono stati venduti circa 27 milioni di biglietti nelle sale italiane (una bella cifra), ma il 42% di questi sono stati acquistati da 3 milioni di individui. In pratica, al cinema vanno solo gli habitue: il 19% degli italiani frequenta le nostre sale (abitualmente o saltuariamente) e rappresenta il 70% del volume di affari dell’industria, ma dal report emerge che oltre il 50% della popolazione non ha mai messo piede in un cinema. Quest’ultimo dato ha dell’incredibile, ma la spiegazione, almeno parziale, sta nella concorrenza dei sempre più numerosi canali televisivi (a pagamento e non), nella difficoltà di raggiungere i cinema e, last but not least, nel costo del biglietto.

C’era un tempo, vent’anni fa, non nel paleozoico o nel dopoguerra, in cui tutte le città, anche di piccole dimensioni, avevano numerose sale anche nei centri storici: in buona parte sono scomparse, abbattute dall’home video, dalla pirateria e dalla concorrenza dei multisala. Oggi andare al cinema è diventato logisticamente scomodo e costoso.

Se le cause della diserzione sono piuttosto chiare, è drammaticamente significativo anche “cosa” gli spettatori vanno a vedere. Il pubblico preferisce i film stranieri e il genere di punta rimane la commedia, seguito da fantascienza e action movie. Gran parte degli intervistati ha affermato di amare film che “sappiano raccontare storie ed emozionare”, ma alla fine è la commedia a vincere. D’altra parte i forti fruitori di cinema amano film tratti da libri, non apprezzano i sequel e nemmeno gli attori (e personaggi) televisivi prestati al cinema.

Una spaccatura netta ed evidente: gran parte del pubblico cerca evasione spicciola e nonostante possa avere ambizioni più “alte” si riversa in massa a vedere film di facile consumo. D’altra parte c’è una minoranza (evitiamo di chiamarla elite, dal momento che “de gustibus non disputandum est”) che cerca nel cinema non solo un momento di relax mentale e l’occasione per una risata liberatoria, ma anche un mezzo per riflettere. Tutti i partecipanti al convegno, che ha discusso da diversi punti di vista i dati espressi dalla ricerca, hanno sottolineato la necessita’ e l’urgenza di cambiare profondamente il mercato e di aprirlo il più possibile, sia pure nel rispetto di tutte le componenti.

L’assessore della Regione Toscana alla cultura e al turismo Cristina Scaletti ha dichiarato:

“Siamo consapevoli che qualificare sempre di più l’offerta è essenziale, ma che è necessario dare qualcosa di più: eventi collegati o promozioni mirate. Siamo di fronte ad un pubblico nuovo, più esigente, che ha bisogno di orientarsi meglio e di avere a disposizione alternative valide. Perché il cinema è una grande opportunità: è un settore strategico, con ricadute economiche, tra cui in prima fila quelle turistiche, e occupazionali importanti”

Al nostro paese non servono altri festival né rassegne, né tanto meno l’ennesimo tentativo di attirare pubblico con l’inganno tramite, lo specchio di eventi enogastronomici o happening vari: un’occhiata anche superficiale della situazione appare chiaro che si è ormai creata, nel cinema italiano, una dicotomia tra il cosiddetto “film d’autore” e il “cinepanettone”. A dispetto delle grandi produzioni americane (e non solo) in Italia non si producono film d’azione, né di fantascienza, né d’ambientazione storica: la scelta è tra il dramma (spesso indigesto al grande pubblico, tranne rarissimi casi come Gomorra o La grande bellezza) e la commedia dalla risata facile che spesso ha per protagonisti volti noti del piccolo schermo o bellezze statuarie che della statua ereditano anche l’espressività. Sarebbe necessario ricreare un genere medio, di commedia brillante e intelligente, che per decenni è stata il cavallo di battaglia del nostro cinema: Sordi, Tognazzi, Monicelli, Scola, Gassman e gli altri “soliti noti” sono il faro cui orientarsi per rinnovare un cinema che non tira più o che replica indefinitamente se stesso. Poi ben vengano gli eventi.