Da Venezia la recensione di Hey Yanquan (I don’t want to sleep alone)
Hey Yanquan di Tsai Ming-liang; con Lee Kang-sheng, Chen Shiang-chyi, Norman Atun.Un uomo picchiato a sangue, un giovane che lo raccoglie dalla strada e lo porta a casa sua per prendersene cura, una cameriera che si prende cura di un paraplegico. E un vecchio materasso. I protagonisti del nuovo bellissimo film di Tsai Ming-Liang sono
Hey Yanquan
di Tsai Ming-liang; con Lee Kang-sheng, Chen Shiang-chyi, Norman Atun.
Un uomo picchiato a sangue, un giovane che lo raccoglie dalla strada e lo porta a casa sua per prendersene cura, una cameriera che si prende cura di un paraplegico. E un vecchio materasso. I protagonisti del nuovo bellissimo film di Tsai Ming-Liang sono ancora anime solitarie in cerca di qualcosa, o meglio di qualcuno, e il materasso sarà proprio il punto di unione e la loro realizzazione. I don’t want to sleep alone, non voglio dormire solo. Voglio il tuo corpo. Ancora il corpo, ancora attrazione sessuale intensa che deve essere appagata. Non siamo più a Taipei ma a Kuala Lumpur, ma i personaggi sono parenti stretti dei protagonisti di altri film di Tsai, come quelli di Che ora è laggiù?. Che ritornarono nel bellissimo Il gusto dell’anguria, dove l’ossessione per il corpo diventava ancora più esplicita. E in quest’ultimo film c’era una grande siccità che costringeva le persone a bere solo succo d’anguria: in Hey Yanquan ad un certo punto c’è del fumo assolutamente irrespirabile, che costringe i cittadini ad indossare delle mascherine. Ma la voglia di amore e di carne cerca di superare anche questo, come si vede verso il finale nella scena tra il protagonista e la cameriera che vorrebbero fare l’amore ma sono abbastanza ostacolati dall’aria che respirano. Tsai si riconferma grande regista, che usa le inquadrature -sempre fisse- per sorprenderci con la bellezza delle ambientazioni, con l’originalità dei particolari (si veda il gioco di specchi in casa della cameriera) e la bellezza della fotografia. Come sempre i dialoghi sono ridotti all’osso e l’azione è scarsa: ma chi conosce Tsai sa cosa va a vedere e sa che la firma dell’autore la trova in momenti poetici, che siano lenti o spiazzanti (vedere la scena in cui al paraplegico viene fatto un doppio “lavoretto di mano”). Lee Kang-Sheng, onnipresente attore feticcio, è qui in un doppio ruolo: il protagonista, quello picchiato a sangue all’inizio, e il paraplegico. Il finale è pura poesia.
Voto Gabriele: 8