La chiave di Sara – Recensione in anteprima
Per salvarlo dalla deportazione e dai campi di concentramento, Sara nasconde il fratellino nell’armadio…
Julia è newyorkese ma ha sposato un francese e vive a Parigi da più di 20 anni. Fa la giornalista e si sta occupando di un’inchiesta sui dolorosi fatti del Velodromo D’inverno, il luogo in cui la polizia francese, per ordine dei tedeschi, rinchiuse per giorni e in condizioni disumane, migliaia di ebrei parigini rastrellati fra il 16 ed il 17 luglio 1942, in attesa di reindirizzarli verso i campi di concentramento e sterminio nazisti. Lavorando alla ricostruzione degli avvenimenti per il proprio articolo, la giornalista si imbatte nella storia della piccola Sara, una bambina ebrea di 10 anni che nascose il fratellino Michel nell’armadio quando la polizia fece irruzione in casa Starzynski ed arrestò la sua famiglia.
Nonostante ci siano più di 60 anni a dividere Julia da Sara, l’adesso e l’allora, le storie delle due donne sono in qualche modo collegate. Il fatto che Sara abitasse in quello stesso appartamento che ora Julia sta ristrutturando assieme al marito, trasforma la storia di quella bambina sconosciuta in una questione personale, qualcosa che potrebbe essere legato ad un segreto custodito dalla sua famiglia. A volte una verità che appartiene al passato comporta un prezzo da pagare nel presente…
Con l’avvicinarsi del Giorno della Memoria approda sugli schermi italiani La chiave di Sara, diretto nel 2010 dal francese Gilles Paquet-Brenner e tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay. Il tema è lo stesso già trattato da Vento di Primavera (La Rafle, letteralmente la retata), uscito alla fine del gennaio dello scorso anno: si parla dei tragici (e poco conosciuti) avvenimenti del luglio 1942, quando la polizia francese rastrellò più di 13mila ebrei. Una vergognosa macchia nel passato recente dei nostri cugini d’oltralpe, filtrata questa volta attraverso gli occhi sgranati ed increduli di una bambina e quelli della donna che, più di mezzo secolo dopo, si scoprirà coinvolta in prima persona nella storia di Sara.
Non è mai compito facile raccontare la Shoah, la disperazione, la follia omicida, l’orrore inimmaginabile dell’Olocausto. Spesso si tenta (consciamente e non) di cancellare dalla memoria quei fatti tanto tragici ed assurdi, si finge che non siano mai accaduti, che non ci riguardino. Per la mia generazione il velo è stato sollevato nel 1993 da Steven Spielberg con Schindler’s List, che ha voluto raccontare per non dimenticare ed è riuscito a riaccendere il dibattito, a puntare i riflettori nell’angolo più buio del 20° secolo e ad aprire la strada a molti scrittori e cineasti.
La chiave di Sara è costruito in bilico su due archi temporali paralleli, che la sceneggiatura riesce ad intersecare egregiamente. Non mostra le atrocità dei campi di sterminio, ma rappresenta ugualmente bene l’orrore di quei giorni, il silenzio dell’indifferenza e l’impossibilità – da parte di chi è sopravvissuto – di dimenticare e di tornare a vivere un’esistenza normale. La storia di Julia (che ha il volto della sempre brava Kristin Scott Thomas) ossessionata dallo scoprire quale sia stata la sorte della piccola Sara ed alle prese con una gravidanza tardiva quanto inaspettata, che mette a rischio un matrimonio già in crisi, ha i colori freddi e cupi di una moderna metropoli in inverno. La storia della bambina (interpretata dalla piccola Mélusine Mayance) ha invece i toni caldi e seppiati delle vecchie fotografie.
Uno dei pregi del film, è quello di affrontare lo spinoso tema dell’Olocausto in modo originale, raccontandone i risvolti psicologici ed umani. Delicato ed intimistico, intenso e toccante, riesce a non scivolare mai nel lacrimevole, nonostante non si astenga dall’assestare al pubblico un paio di poderosi pugni nello stomaco.
Nelle sale da venerdì 13 gennaio. Qui trovate il trailer italiano.
Voto di Simona: 7.5
La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah – Drammatico, Francia 2010) Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Kristin Scott Thomas, Mélusine Mayance, Niels Arestrup, Frédéric Pierrot, Michel Duchaussoy, Dominique Frot, Gisèle Casadesus, Aidan Quinn, Natasha Mashkevich, Arben Bajraktaraj.