35 film horror da vedere secondo Cineblog
35 film horror che vi consigliamo, alcuni da ripescare altri da riscoprire.
Dopo la pubblicazione della classifica di MoviePilot “I 25 film horror che ogni fan del genere deve vedere“, al cui interno abbiamo trovato titoli oltremodo discutibili (vedi il remake di Nightmare piuttosto che Hostel 3 e Final Destination), ci è sembrato giusto rispondere con una nostra classifica proponendovi 35 titoli selezionati tra le migliori pellicole horror in circolazione.
Alcuni dei film che vi proponiamo a seguire sono già disponibili in italiano, altri sono in procinto di uscire e altri ancora sono in attesa di una distribuzione (speriamo che qualcuno si decida a portarli in Italia).
Partiamo dall’horror estremo di Martyrs per proporvi found footage, splatter nipponici, storie di fantasmi, clown assassini senza dimenticare naturalmente vampiri e zombie.
Martyrs
Martyrs da una nuova chiave di lettura all’iperviolenza da torture-porn di Hostel, da un rinnovato vigore alle paure, mostra gli incubi dotandoli di carne e sangue e ci sbatte in faccia una violenza estrema, urlata, ma figlia comunque di un pensiero e di un messaggio forte: violenza figlia violenza in mostri sopiti che albergano in ognuno di noi.
Il regista francese Pascal Laugier mette in scena una macabra danza della morte che conquista e sciocca per spessore emotivo e sofferenza.
Stake Land
Se volete avere un’idea di cosa vi aspetta dalla visione di Stake Land immaginate che George Romero diriga Io sono leggenda e che a questo ibrido tra zombie e vampiri si aggiungano tutti gli elementi tipici del genere post-apocalittico, stavolta però non virati alla Mad Max, bensì a pellicole come il suggestivo The Road di John Hillcoat e il sottovalutato L’uomo del giorno dopo di Kevin Costner.
Il regista Jim Mickle ha l’intelligenza di non lasciarsi imbrigliare dalla febbre da citazione, il suo film subisce diverse influenze, ma resta fortemente caratterizzato grazie ad una particolare attenzione allo scavo dei personaggi, in questo frangente abbiamo rivisto la medesima cura e lo stile sfoggiati dal televisivo The Walking Dead, ci troviamo così di fronte ad un solido dramma che spicca non tanto per originalità quanto per personalità e cosa da non sottovalutare, al primo vero ibrido degno di nota tra il filone vampire e quello zombie, insomma davvero da non perdere.
Afflicted
Sulla scia del Chronicle di Josh Trank che miscelava found footage con il filone supereroi, anche con Afflicted si approccia ad una storia di origine narrata in formato mockumentary, ma stavolta dal punto di vista degli horror con vampiri e bisogna dire che il film risulta dinamico e coinvolgente al punto giusto.
The Den
La forza di The Den risiede nella sua semplicità e schiettezza, nessuna ambizione filosofica sulla dicotomia reale/virtuale, ma solo una lucida disamina del lato oscuro della tecnologia e dei rischi legati ad una dipendenza dilagante che ha trasformato la rete in un coacervo di brutalità.
Il debutto di Zachary Donahue ci racconta di un incubo virtuale che sconfina oltre lo schermo del computer, figliando crimini reali e tangibili pronti a diventare materia prima da cronaca nera.
La recensione completa del film
The Borderlands
The Borderlands, pellicola inglese diretta dall’esordiente Elliot Goldner, riesce là dove titoli come L’altra faccia del diavolo e L’ultimo esorcismo hanno miseramente fallito, creando di fatto un minimo sindacale di tensione e riuscendo a mantenere alta l’attenzione con piccoli colpi di scena piazzati ad arte lungo la trama, che però è giusto ribadirlo si dipana senza mai scostarsi di una virgola dal consueto iter visivo del formato found footage, con le consuete riprese “grezze” che puntano a fornire il massimo realismo alla messinscena, quindi è avvertito chi proprio il formato non lo digerisce.
La recensione completa del film
The Children
Piccolo gioiello britannico diretto da Tom Shankland che rappresenta la summa del filone “bambini inquietanti”. Omaggiando classici come Il villaggio dei dannati e L’invasione degli ultracorpi Shankland ci racconta di un virus che trasforma inermi bambini in feroci e brutali assassini, assolutamente da recuperare.
Sinister
Sinister miscela il filone “case infestate” (vedi Amityville Horror) con un lato prettamente investigativo, il tutto calato in un’immersiva digressione esoterica con tanto di iconografia demoniaca a cui si aggiungono il filone “bambini inquietanti” e il formato found footage sfruttato ad arte.
Wake Wood
Il regista David Keating sfrutta a dovere una location tra il bucolico e il lugubre per mettere in scena una serie di clichè assolutamente ben sfruttati, aggiungendovi di suo una sana dose di “gore” centellinato ad arte, una piccola protagonista tanto graziosa quanto inquietante e suggestioni alla “Cimitero vivente”.
Wake Wood è un vero e proprio vademecum su come sfruttare al meglio un budget al minimo sindacale puntando su elementi tipici e iconici di tanto immaginario orrorifico: vedi ataviche tradizioni pagane e catartici riti villici, l’elemento infante ambiguo come impareggiabile input disturbante e location scelte e riprese ad hoc che collaborano a rendere l’atmosfera ben poco rassicurante.
Laddaland
Il regista tailandese Sopon Sudkapisit (Coming Soon) ritorna sul tema fantasmi inquieti stavolta con l’aggiunta del filone “case infestate”, anzi a dire il vero ad essere infestato è un intero quartiere visto che si trasforma in men che non si dica da paradiso per famiglie in un infernale purgatorio da incubo.
Sudkapisit ammicca all’horror nipponico più classico, vedi Ju-on e The Ring e sfrutta a dovere tutto il classico repertorio da spavento che gli permette di giocare con lo spettatore e mettere in scena un horror sovrannaturale di ottima fattura.
The Bay
Il regista Barry Levinson (Tootsie, Rain Man) per la sua prima incursione nel genere horror sceglie il modaiolo mockumentary alla Paranormal Activity, un found footage a mezzavia tra il Contagion di Soderbergh e lo splatter d’annata I carnivori venuti dalla savana capace di risvegliare l’ipocondriaco che è in tutti noi.
The Silent House – La casa muda
Il regista uruguaiano Gustavo Hernández confeziona un ibrido da brividi e stavolta nel senso buono del termine. Hernández decide di prendere una manciata di elementi dell’inflazionato formato found footage lasciando però inalterato e all’insegna del tradizionale sia l’utilizzo della colonna sonora che della macchina da presa.
L’evocazione – The Conjuring
James Wan ci riporta a piè pari nel periodo d’oro dell’horror, quello degli anni ’70 e’80 con le case infestate alla Amityville, le possessioni in stile L’esorcista e la lotta di una famiglia contro il sovrannaturale proprio come accadeva in Poltergeist.
L’evocazione ci mostra come si possa saccheggiare un’intero genere riuscendo a regalare genuini brividi invece che una fastidiosa sensazione di già visto, un titolo da non perdere.
Dead Silence
Il regista James Wan prima dell’exploit di Insidious e L’evocazione mette in mostra una notevole capacità di regalare brividi, mettendo in scena una suggestiva ghost-story sfruttando per l’occasione l’innata capacità di inquietare di bambole e pupazzi da ventriloquo.
Insidious
James Wan supportato produttivamente dall’Oren Peli di Paranormal Activity si cimenta con l’inflazionatissimo filone “case infestate”, lanciandosi in una serie impressionante di digressioni, omaggi e citazioni in cui cannibalizza il genere horror partendo dal classico anni ’80 Poltergeist.
Insidious nonostante qualche ingenuità e un saccheggio sfrontato di classici del genere riesce comunque a regalare qualche genuino brivido anche a chi di case infestate, cinematograficamente parlando, ne ha visitate a iosa.
The Woman
Il film di Lucky McKee spiazza e colpisce duro, non tanto per la violenza che raggiunge vette di rara truculenza all’insegna del realismo più turpe, ma per l’elemento “famiglia” che viene violentemente scardinato e mostrato in una lenta e devastante decomposizione, che esplode in una virulenta escalation di oltraggi e bestialità, elementi contrapposti alla letale purezza di un essere selvaggio, la donna del titolo interpretata da Pollyanna McIntosh, che vive di un puro ed atavico istinto primordiale.
The Woman non è certo una passeggiata, i colpi bassi si susseguono in un crescendo difficile da metabolizzare, ma è un film che scava in profondità e come gli zombie dell’apocalisse romeriana e la famiglia cannibale di Hooper ci mostra elementi sfuggenti e subliminali della società odierna, con l’orrore che viaggia sotto la superficie pronto a far capolino in luoghi inattesi.
Tokio Gore Police
Efferato e sanguinolento manifesto splatter del regista giapponese Yoshihiro Nishimura che raggiunge l’estremo degli estremi, miscelando in salsa fetish la nuova carne di Cronenberg con le mutazioni de La cosa, riesumando le esplosioni di sangue e le coreografiche mutilazioni del primo Sam Raimi, raggiungendo così di fatto le vette di “cattivo gusto” toccate dal Peter Jackson di Braindead.
Alta tensione
Il regista Alexandre Aja si trova in grande sintonia con un cinema di genere che sembra aver metabolizzato a dovere, mettendo in scena una trama da thriller-psicologico che rimanda al classico Doppia Personalità di De Palma per trasformarlo ben presto in un efferato party selvaggio all’insegna dello slasher d’annata, con tanto di colpo di scena finale e serial killer dotato della canonica disturbante maschera, anche se in questo caso solo “metaforica”.
Hatchet
Splatterone la cui visione è sconsigliata a chiunque non conosca e ami il Sam Raimi del primo Evil Dead, il Peter Jackson di Bad Taste e che almeno una volta all’anno non indossi la sua maschera da hockey preferita per godersi una maratona a base di popcorn e Venerdì 13.
Per tutti gli altri noi inclusi c’è solo da godersi questa folle e spassosa sequela di efferatezze da manuale, messe in scena in una location assolutamente perfetta e con l’ausilio di un serial-killer ultradeformed.
Hatchet è assolutamente perfetto nella sua genuinità e sicuramente indirizzato a quella manciata di fan duri e puri con la capacità i percepire qualche reminiscenza anarcoide dello splatter che fu e soprattutto la grande passione di chi sta dietro la macchina da presa.
The Woman in Black
Il film è prodotto dall’iconica Hammer e diretto da James Watkins (Eden Lake) che allestisce con dovizia una classica ghost-story optando per una narrazione gradevolmente convenzionale e ricca di sfumature goticheggianti, di quelle che giocano con atmosfera, location e suggestioni orrorifiche e che in questo caso fruisce del supporto di un incisivo Daniel Radcliffe.
Silent Night (Remake)
Il regista Steven C. Miller rivisita per l’occasione il classico del 1984 Natale di sangue (Silent Night, Deadly Night), traendone un gustoso remake che sfrutta la libertà a livello censorio del formato home-video per spingere lo splatterometro oltre il consentito per la gioia dei palati forti.
Miller non si limita a riportare su schermo elementi aggiornati del film del 1984, ma prende spunto per omaggiare lo slasher nella sua connotazione più ampia, quella connaturata a classici come l’Halloween di Carpenter o il Venerdì 13 di Cunningham in cui l’omicidio diventa coreografico e il boogeyman di turno portatore sano di gore.
Nel remake di Miller una celebrazione di natura religiosa, ormai trasformata in bagarre commerciale, viene abbattuta a colpi di ascia con tonnellate di humour nero e uno dei babbi natale più inquietanti di sempre.
Under the Bed
Sotto il letto e dentro l’armadio, anfratti oscuri e ben celati da cui sbirciare nelle camerette buie e in cui ogni mostro partorito dall’infanzia ama rintanarsi in paziente attesa che si spenga la luce per ghermire qualche ragazzino innocente nascosto sotto le lenzuola, ma stavolta il mostro di turno si troverà di fronte un paio di ragazzini piuttosto combattivi e la battaglia per una volta sarà ad armi pari e senza esclusione di colpi.
Il talentuoso Steven C. Miller (Silent Night) omaggia gli anni ’80 e horror come Non aprite quel cancello imbastendo un nostagico amarcord sovrannaturale con qualche godibile puntata nel gore.
Absentia
Il film esplora da una prospettiva sovrannaturale la piaga delle persone scomparse che affligge gli States con cifre incredibili, che lievitano in maniera esponenziale quando si tratta di minori.
Il regista Mike Flanagan padroneggia la macchina da presa con incredibile fluidità ricordando il Sam Raimi di Evil Dead e scrive una sceneggiatura che miscela folclore, miti orrorifici, religione e dimensioni parallele popolate di demoni, elementi sui quali il regista imbastisce un leggenda metropolitana da brividi, senza mai mostrare troppo, celando con dovizia l’orrore e lasciando che si insinui nell’immaginifico dello spettatore, riportando in un moderno contesto urbano paure ataviche e radicate da secoli di leggende.
La cosa più incredibile è che Absentia Flanagan l’ha girato con soli 70.000$ parte dei quali raccolti online.
Apartment 143 (Emergo)
Apartment 143 aka Emergo lanciato come il Paranormal Activity spagnolo è in realtà di molto superiore all’ormai fiaccato franchise americano.
Il regista Carles Torrens al suo debutto usa il formato found footage in maniera egregia, mentre lo script ad opera del Rodrigo Cortes regista di Buried – Sepolto prende spunto ed omaggia il classico Poltergeist di Tobe Hooper aggiungendovi un’intrigante digressione a sfondo demoniaco in stile L’esorcista.
Kill List
Il regista Ben Wheatley confeziona un horror anomalo dai tratti efferati e dalle atmosfere inquietanti che accompagna lo spettatore in una lenta discesa negli inferi tra occultismo, digressioni nel torture-porn e un intreccio ad orologeria che culmina in un finale da incubo.
Wheatley come accadeva nel classico Rosemary’s Baby di Polansky ci pone di fronte ad un percorso lungo il quale la realtà come la conosciamo andrà lentamente sgretolandosi, lasciando il posto ad una mostruosa realtà parallela in cui, appena sotto la superficie, si muovono forze oscure che tirano le fila di un destino segnato da un complotto infernale.
Quello del protagonista è un sogno, l’odissea di un subconscio disturbato o un vero percorso iniziatico? Domande che portano ad altre domande, indizi e simboli sciorinati lungo la visione che si rivelano vicoli ciechi, ma forse è questo senso di incertezza, che secondo noi va ben oltre gli intenti del regista, a fare di Kill List uno dei migliori horror degli ultimi anni.
Lovely Molly
Eduardo sanchez, co-regista del celeberrimo The Blair Witch Project, si cimenta ancora con il found footage ibridando il formato e miscelandolo con riprese tradizionali, confezionando un disturbante e oscuro horror psicologico, che miscela incursioni domestiche a sfondo demoniaco come nel classico Entity, digressioni da thriller psicologico con deriva sovrannaturale come in Shining e tutto il repertorio del rodato filone con possessione demoniaca.
Il film ci mette un po’ a carburare e non mancano i momenti di stanca, ma quando lo status psichico della protagonista passa al livello successivo e la porta si spalanca, liberando tutta l’oscurità promessa nella prima parte, il film comincia finalmente a regalare qualche sano brivido con sequenze in cui gore e delirio toccano vette notevoli.
The Pact
Il regista Nicholas McCarthy dimostra una notevole capacità nel dosare la suspense, riempiendo gli angusti spazi a disposizione con la presenza su schermo di un’inquietante ed incombente entità mai mostrata nella sua interezza, un invito allo spettatore a sbirciare nell’oscurità come in uno specchio dalla superficie opaca, capace di rimandare solo un riflesso distorto che sa di ataviche paure infantili.
The Pact nasce da un cortometraggio dello stesso McCarthy che ampliato diventa un mix di sovrannaturale e thriller al cui interno troviamo elementi tipici del filone “case infestate”, ma anche le digressioni di un vero e proprio “giallo” che evolve in un’atmosfera rarefatta pescando suggestioni da classici come Poltergeist, Entity e Il sesto senso con McCarthy che ibrida tensione e paranormale un po’ come accadeva ne Le verità nascoste di Robert Zemeckis.
Urban Explorer
Il filmmaker tedesco Andy Fetscher allestisce un claustrofobico incubo metropolitano costruendo, cunicolo dopo cunicolo, una tensione da manuale e non fa l’errore di promettere ciò che non può mantenere, ma centellina ansia, gore ed efferatezze all’interno di dinamiche da istinto di sopravvivenza.
Livide
Altro disturbante horror per i francesi Julien Maury e Alexandre Bustillo, all’attivo per loro l’efferato esordio A l’intérieur.
La coppia di cineasti stavolta si cimenta con una rivisitazione del mito del vampiro, un classico dell’immaginario horror a sfondo gotico donandogli una surreale vena poetica, assimilandovi alcuni elementi tipici del filone “case infestate” e omaggiando in maniera piuttosto esplicita sia il visionario immaginario infantile di alcune opere di Guillermo Del Toro che il cult Suspiria di Dario Argento.
Livide si rivela un’opera godibile e gradevolmente imperfetta capace di regalare brividi genuini trasformando la fatiscente e spettrale location del film n un ansiogeno tunnel dell’orrore dove stregoneria, vampirismo e remiscenze dal Frankenstein di Mary Shelley si alternano in una visionaria fiaba dark dalle corpose declinazioni splatter.
Wrong Turn 4
La famiglia di deformi cannibali creati dal compianto Stan Winston torna alle origini dell’orrore con un prequel che da un po’ di fiato al franchise ormai in debito di ossigeno.
Con questo direct-to-video mette in scena un’efferato banchetto per veri intenditori, con citazioni da Tobe Hooper, una location che miscela l’isolamento dell’Hoverlook Hotel di kubrickiana memoria, il tutto senza inseguire in alcun modo velleità contenutistiche, ma solo macelleria d’alto profilo per cultori del genere.
Citadel
Thriller-horror piscologico scozzese di notevole spessore visivo con un protagonista efficace e il cui lodevole tentativo è quello di dare forma e vita ai demoni partoriti da paranoia e ansia.
Citadel è un horror claustrofobico come il limbo in cui si trova prigioniero il protagonista, popolato di mostri e demoni e da cui non sembra esserci via di uscita.
The Tunnel
Il filmaker filippino Carlo Ledesma con The Tunnel da una bella lezione di tecnica a tutti quei registi che negli ultimi anni hanno usato il formato found footage.
Il regista punta tutto sull’ambientazione ammiccando a pellicole come Creep – Il chirurgo e The Descent e grazie ad un montaggio da manuale riesce a miscelare con dovizia immagini da telecamere a circuito chiuso, finte interviste, riprese agli infrarossi e riprese classiche, queste ultime per fortuna molto luminose, che spezzano nei momenti giusti gli eccessi da “vicolo buio” tipici del formato.
Il film girato in 14 giorni ha fruito di un budget di 135.000$.
I Spit on Your Grave (remake)
Steven R. Monroe debutta sul grande schermo con il remake di un controverso rappresentante del genere “Rape and revenge” del 1978 giunto in Italia con il titolo di Non violentate Jennifer.
Il film di Monroe è duro da metabolizzare e senza dubbio sconsigliato allo spettatore più sensibile, ma se si è avvezzi al genere e si “sopravvive” alla prima parte del film in cui la violenza tocca vette davvero insostenibili, con il dipanarsi della seconda parte, in cui la vendetta farà il suo efferato corso, ci si trova di fronte ad un film davvero ben girato, con tutti i clichè del genere pienamente rispettati e con una protagonista particolarmente efficace.
Altitude
Godibile horror che pesca a piene mani dall’immaginario di cult televisivi come Ai confini della realtà e fumetti storici come Weird Tales e l’aggiunta, tanto per non farsi mancare nulla, di citazioni da Sartre e creature uscite dritte dritte dall’immaginario di Lovecraft.
Stitches
Una spassosa ed efferata comedy-horror con un clown che torna dalla morte per vendetta e si trasforma in un malvagio serial-killer sovrannaturale che rivaleggia in follia con il Joker di Batman munito di gadget tanto spassosi quanto letali.
Stitches regala gore e humour nero a dosi massicce ed ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult del filone “clown assassini”.
Cockneys vs. Zombies
Cockneys vs. Zombies insieme a L’alba dei morti dementi e Benvenuti a Zombieland rappresenta un’ideale trilogia in formato parodia del filone zombie, anche in questo caso l’equilibrio tra comedy e horror è perfetto e naturalmente il gore non manca di soddisfare i palati forti.