Devil’s Knot – Fino a prova contraria: Recensione in Anteprima
Atom Egoyan torna dietro la macchina da presa a quattro anni di distanza da Chloe, concentrandosi su uno dei crimini più celebri e dibattuti negli USA. La storia dei tre bambini di otto anni brutalmente uccisi, si disse, a causa di un rito satanico. Devil’s Knot – Fino a prova contraria torna sull’infame vicenda per fare ulteriore chiarezza
Oramai anche dalle nostre parti conosciamo da tempo l’appeal mediatico capace di suscitare un delitto più o meno irrisolto. Media di vario tipo si accalcano presso i luoghi dove è stato commesso il misfatto, quasi sempre un luogo periferico, vagamente isolato. Così quelli che un tempo erano degli emeriti sconosciuti, operanti nell’anonimato delle loro ordinarie e per nulla disprezzabili esistenze, diventano celebrità. Noi ne abbiamo conosciuti parecchi di questi casi più o meno recentemente: da Cogne ad Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher.
Tutti casi che hanno calamitato su di sé un’attenzione mediatica spropositata, perché in fondo lo scandalo, la tragedia, hanno sempre un loro insopprimibile fascino. Così è stato negli Stati Uniti dei primi anni ’90, quando in una cittadina dell’Arkansas i corpi di tre bambini furono ritrovati brutalmente uccisi. Da allora l’inevitabile caccia all’assassino che, stando alla tesi a quanto pare più accreditata, si è trasformata sin da subito in una «caccia alle streghe».
La sentenza scosse l’America: dei tre indiziati e successivamente dichiarati colpevoli, uno (Damien Echols) fu condannato a morte in quanto maggiorenne, mentre agli altri due, di 16 e 17 anni (Jason Baldwin e Jessie Misskelley Jr.), toccò l’ergastolo. Trattasi di una vicenda che, anche in relazione ai seguenti sviluppi, ha rappresentato un cavallo di battaglia per i numerosissimi detrattori della pena di morte. Argomento oltremodo delicato, dunque, che non si limita al già atroce crimine, sfociando bensì in una battaglia ed una questione di carattere internazionale e di ben più ampio respiro. A dire di Atom Egoyan però, dopo quattro documentari ed una verità che ancora fatica ad emergere nella sua integralità, era arrivato il momento di trattare l’argomento sottoponendolo al vaglio della finzione che sonda, che fa inchiesta.
Devil’s Knot infatti si impegna ad essere rispettoso di tutte le vittime coinvolte da questo raccapricciante evento, a prescindere dagli esiti giudiziari o dalle improvvisate sentenze sommarie fuori le aule di tribunale. Eppure, come spesso accade, più ci si allontana dall’epicentro più si riesce a entrare nella giusta prospettiva. In tal senso Egoyan è piuttosto abile, opponendo alla ferocia giustiziera del piccolo sobborgo dove si è consumato il delitto il più cauto (forse perché essenzialmente disinteressato) giudizio di chi non bazzicava strettamente da quelle parti.
Una vicenda che viene ricostruita poco alla volta, partendo proprio dalle ore immediatamente precedenti al ritrovamento dei cadaveri. Senza soluzioni particolarmente ricercate, il regista canadese tenta a sua volta di far luce sul caso, affidandosi pertanto proprio ad un investigatore privato, senza però caricarlo dell’ingombrante ruolo da protagonista. Ron Lax (Colin Firth) è infatti solo uno, e nemmeno il principale, dei personaggi che vanno avvicendandosi. Certo, a quest’ultimo viene concesso il dono di averci visto lungo sin dall’inizio, offrendosi addirittura gratuitamente per lavorare sul caso.
Ma Devil’s Knot è anche la storia di una madre, scioccata, ma non nel senso e nelle modalità che tutti si aspetterebbero. Egoyan si destreggia più che dignitosamente nel dipingere il ritratto di questa giovane madre (Reese Witherspoon), dosandone anzitutto la disperazione. Difatti dopo l’iniziale smarrimento misto a rabbia per la brutale perdita dell’adorato figlio, Pam Hobbs si ritrova suo malgrado in balia di questo strano meccanismo a cavallo tra risonanza mediatica e cavilli giudiziari. In fondo potrebbe essere lei la vera “protagonista”, o quantomeno condividere tale ruolo con Lax – in tal senso è abbastanza indicativa una delle ultimissime scene, in cui i due si aprono a vicenda per la prima volta.
E sebbene Egoyan manifesti la propria tesi, frutto senz’altro di attente ricerche (peraltro numerose e circostanziate quelle presenti già in rete, come avverte lui stesso), lo scorrere della vicenda che si consuma nell’aula di tribunale tiene botta pressoché fino alla fine. Dato questo suo dipanarsi senza particolari incidentali, tuttavia, l’approfondita conoscenza dei fatti potrebbe in qualche modo depotenziare il tutto, dato che sostanzialmente lo spettatore è preso dagli sviluppi nella misura in cui intende sapere chi ha ucciso i tre ragazzini (risposta che peraltro verrà lasciata ambiguamente nell’aria, quantunque la si percepisca in maniera piuttosto chiara).
Considerate le quasi due ore, comunque, c’è da dire che il risultato è alquanto soddisfacente, anche perché non era per niente facile lavorare su un materiale così masticato e rimasticato. Brava la Witherspoon, meno ispirato forse Firth, che comunque porta a casa la pagnotta dignitosamente. Occhio però pure ai comprimari, specie all’interprete di Echols, perché in fondo è attraverso loro che potrebbe pure passare il senso dell’intera operazione, e che difatti non sono stati scelti a caso (lo ripetiamo, soprattutto il personaggio di Echols). Il «nodo del Diavolo» sta proprio in questo, nel dividere, rimescolare le carte, mietendo vittime le più disparate. Poco importano le simpatie. Se c’è infatti un “colpa” di cui non si è mai macchiato il Nemico è proprio questa: non ha mai fatto favoritismi. Tranne una volta, una soltanto. Bastò quella.
Voto di Antonio: 7
Devil’s Knot – Fino a prova contraria (USA, 2013) di Atom Egoyan. Con Mireille Enos, Reese Witherspoon, Dane DeHaan, Colin Firth, Kevin Durand, Elias Koteas, Stephen Moyer, Amy Ryan, Bruce Greenwood, Alessandro Nivola, Matt Letscher, Collette Wolfe, Martin Henderson, Kristoffer Polaha, Brandon Carroll, Amber Chaney, Rex Linn, Robert Baker, Michael Gladis, Gary Grubbs e Kristopher Higgins. Nelle nostre sale dal 3 aprile 2014.