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I sogni segreti di Walter Mitty: recensione in anteprima del film di Ben Stiller

Ben Stiller torna in cabina di regia a cinque anni di distanza da Tropic Thunder con I sogni segreti di Walter Mitty, tratto da un racconto di James Thurber già base per Sogni Proibiti di Norman Z. McLeod. Un film che, giocando con l’estetica e il confine tra realtà e immaginazione, rincorre l’emozione e la scena madre: un po’ ci riesce e un po’ si perde.

pubblicato 12 Dicembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:15

Quando è apparso il trailer de I sogni segreti di Walter Mitty, c’è stato un inatteso entusiasmo generale. Ce n’erano tutti i motivi, perché quello che avevamo visto in due minuti di video aveva lasciato effettivamente tutti a bocca aperta. L’unione fra immagini, musica (Dirty Paws degli Of Monsters and Men) e quel poco che si sapeva del plot colpiva con un flusso di trovate direttamente il cuore.

Il rischio? Che il trailer fosse il solito video ben confezionato ad arte e che il film non mantenesse le promesse, certo. Ma c’era soprattutto un altro rischio, molto più grande, e che in pochi avevano messo in preventivo: quello che I sogni segreti di Walter Mitty fosse tutto come il suo trailer, ovvero un flusso continuo ed esagerato di immagini e musica che confondesse immaginazione e realtà senza soluzione di continuità.

Bisogna dare atto a Ben Stiller di non aver voluto andare sul sicuro con la sua quinta regia. La pellicola è tratta da un (cortissimo) racconto di James Thurber, edito nuovamente in Italia, e che ha già fatto da base a Sogni Proibiti di Norman Z. McLeod (era il 1947), a cui si era già liberamente ispirato addirittura Neri Parenti nel 1982 per il suo Sogni mostruosamente proibiti con Paolo Villaggio.

Character driven movie nel senso pieno del termine, I sogni segreti di Walter Mitty è in qualche modo un coming-of-age: solo che il suo protagonista ha 42 anni. Walter è un uomo mite con un lavoro presso la rivista Life, e spesso e volentieri fugge dalla realtà in cerca di avventure incredibili trasformandosi di volta in volta nell’eroe della situazione. Walter ha una cotta mostruosa Cheryl, una collega di lavoro, ma la sua timidezza gli impedisce di dichiararsi. Prova anche a contattarla attraverso un sito d’incontri, ma non c’è modo di farle sapere i suoi sentimenti.

Quando un bel giorno il suo lavoro e quello di Cheryl sono a rischio (la rivista cartacea verrà chiusa), Walter dovrà decidere se vuole ancora sognare ad occhi aperti o prendere finalmente il toro per le corna e per una volta vivere nella realtà. Si mette così sulle tracce di un celebre e sfuggente fotografo e di una foto perduta che dovrebbe essere l’immagine per l’ultimo numero di Life…


C’è una sincerità di fondo nel film che è quasi palpabile e innegabile. Walter si trova spesso e volentieri ad estraniarsi, bloccandosi e iniziando a volare con la fantasia. Immagina di fare cose grandiose, come quella di buttarsi da un ponte per catapultarsi dentro un appartamento rompendo la finestra e salvare un cane. Ben Stiller crede seriamente che tutti questi momenti, introdotti senza che lo spettatore venga “avvisato” e senza intrusione del montaggio, non solo descrivano un mondo interiore, ma riescano ad emozionare direttamente lo spettatore.

Insomma: Stiller crede che l’empatia fra spettatore e protagonista nasca soprattutto dallo stile esagerato e vagamente matto del film. Giocando con l’estetica, la follia stralunata della fantasia di Walter e tanta, tantissima musica (usata davvero in modo “emotivo”), il regista ed interprete insegue costantemente l’emozione pura e ingenua, e allo stesso tempo è sempre alla ricerca della grande scena madre. Risultato? Un po’ ci riesce e un po’ si perde.

A tratti ci riesce perché bombarda lo spettatore con il suo misto quirky tra malinconica dolcezza e ironia. A volte non ci riesce perché si perde: inevitabilmente un film del genere, basato su “sketch” e viavai tra realtà e fantasia, rischia davvero di esagerare. Il gioco però mostra la corda nella seconda parte, durante tutto il lungo segmento in Groenlandia e Islanda, lì dove la fantasia non c’è più (?). L’immaginazione del protagonista lascia invece spazio ad una specie di road movie che però mantiene sempre la cifra stilistica della prima parte, senza scarti.

Forse il problema di fondo del film, che lo frena dal spiccare il volo e trasformarsi in qualcosa di più significativo, è che è troppe cose assieme eppure resta molto esile nella storiella che racconta. Per ribadire un semplice concetto (“Non hai mai fatto niente di significativo”: bisogna schiudersi dal proprio megaminimondo per vivere il vero mondo), Stiller non solo spiattella in faccia costantemente lo slogan della rivista Life, ma mescola assieme una storia d’amore, un giallo con indizi, un road movie, un coming-of-age “tardivo” e chi più ne ha più ne metta.

Salti da un elicottero, vulcani in eruzione, lotte con squali, e un boss/nemico da odiare: troppa roba che nessuno ha davvero ordinato e che finisce per soffocare le intenzioni. Chi già poco sopporta lo Stiller attore, poi, dovrebbe stare alla larga dal film, perché è essenzialmente lui e soltanto lui. Mentre i fan di Sean Penn potranno godere di un ruolo piccolo ma decisamente significativo. Attenzione poi ad una stoccatina/omaggio a Il curioso caso di Benjamin Button: è solo una di tante citazioni che coloro che entreranno nel film e non si stuferanno prima della fine si divertiranno a cogliere.

Voto di Gabriele: 6
Voto di Federico: 6.5

I sogni segreti di Walter Mitty (The Secret Life of Walter Mitty, USA 2013, drammatico / fantasy 114′) di Ben Stiller; con Ben Stiller, Sean Penn, Kristen Wiig, Adam Scott, Kathryn Hahn, Shirley MacLaine, Patton Oswalt, Ólafur Darri Ólafsson, Terence Bernie Hines, Adrian Martinez, Alex Kruz. Qui il trailer italiano. Dal 19 dicembre 2013 in sala.