Il capitale umano: recensione in anteprima del film di Paolo Virzì
Dal Connecticut del romanzo alla Brianza del film: Paolo Virzì adatta Il capitale umano di Stephen Amidon. Un “noir” a puzzle che si fa sempre più cupo, con una chiusura che è uno schiaffo. La morale confusa di una nazione dalle fondamenta ormai putrefatte.
Se c’è un filo che lega Il capitale umano al precedente Tutti i santi giorni, non è certo il “genere”. Quella era un’altra commedia (malinconica), questo un noir piuttosto spietato, anche se non privo di tocchi humour. Però noi avevamo definito Tutti i santi giorni come il film “indie americano” di Paolo Virzì. E Il capitale umano è tratto da un romanzo di uno scrittore statunitense ambientato in Connecticut (che qui diventa la Brianza).
Ma il regista non scimmiotta mai il cinema straniero per copiarlo o tentare di dare un’aria un po’ più internazionale alla sua opera. Semplicemente si nutre di tutto il cinema possibile per raccontare nel migliore dei modi una storia. Forse per questo la Brianza de Il capitale umano è gelida, cupissima, terribile e quasi inedita pur restando ben riconoscibile. Come dire: il respiro è internazionale, ma la radice è pur sempre italiana.
Il capitale umano è diviso in tre capitoli, più un’apertura e un capitolo conclusivo. Nella scena iniziale un ciclista viene investito da un Suv lungo una strada provinciale nei pressi di Ornate. Si torna poi indietro per raccontare con un metodo “alla Rashomon” una storia che copre più o meno l’arco di 6 mesi da tre punti di vista diversi. L’investimento del ciclista è il punto d’incontro dei destini di tutti i personaggi, e il punto di svolta della trama.
Capitolo 1. Il punto di vista è quello di Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), un immobiliarista sull’orlo del fallimento che è stato lasciato anni fa dalla moglie, e in più ha un rapporto un po’ problematico con la figlia Serena. Non lo scenario perfetto per accogliere a braccia aperte il figlio che la sua nuova compagna (Valeria Golino) ha da poco scoperto di portare in grembo…
Ma l’incontro con Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), padre del fidanzato di Serena, potrebbe appagare le sue velleità di ascesa sociale: perché Giovanni è un broker di professione che permette a Dino di investire nel suo fondo. Il miraggio di guadagnare circa il 40% in più dell’investimento iniziale potrebbe diventare realtà e sistemare la vita della sua famiglia.
Capitolo 2. Il punto di vista è quella di Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi), moglie di Giovanni che vive nel lusso. Questo è forse il personaggio che più si avvicina a quel “cinema alla Chabrol” che Virzì ha citato tra le influenze. Annoiata dalla vita, svampita (“Cos’è la polizia?”), ha un rapporto finto-ossessivo con il figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli), che però di certo è più soggiogato dalla figura inquietante del padre.
La donna ha un passato da attrice dilettante che ora prova a rivivere con la volontà di ristrutturare un teatro in città. L’unica cosa che rischia di guadagnarci è però una scappatella con Donato (Luigi Lo Cascio), che vorrebbe far diventare direttore artistico del teatro nel caso il progetto andasse in porto. Si ride non poco nella scena in cui c’è la prima riunione per stilare il programma teatrale, in cui tutti i presenti hanno idee diverse: c’è il critico che insiste nel dire che il teatro è morto, c’è il leghista che si fa portavoce del popolo che è stufo di vedere cose che non capisce…
Capitolo 3. Il punto di vista è quello di Serena (Matilde Gioli, esordiente e bravissima: abbiamo poi forse trovato la nostra Angelina Jolie?). E qui Il capitale umano comincia a tirare le fila del discorso, sciogliendo i nodi, rimettendo assieme le tessere del puzzle e diventando sempre più oscuro. Persino notturno e gelido.
Entra anche in scena un nuovo personaggio, ma non bisogna svelare più nulla. Il fatto è che pure il personaggio di Serena si vede davvero per la prima volta nel “suo” capitolo: prima era quasi soltanto una figura relegata in secondo piano, anche se molti indizi portavano a lei come vero personaggio “risolutore” della vicenda.
Arrivati verso la fine, abbiamo il ritratto amaro e cattivo di personaggi piccoli e ambigui. “Avete scommesso sulla rovina di questo paese. E avete vinto”, dice Carla, che da svampita un po’ ingenuotta è quella che ha avuto più tempo (libero) per poter sperare in un paese migliore coltivando un progetto culturale e artistico. Impossibile da realizzare, ovviamente…
Con Il capitale umano, Paolo Virzì non racconta solo l’ingordigia dell’animo umano, agghiacciante e spietato contro tutto e tutti quando meno te l’aspetti. Racconta soprattutto la morale confusa di un paese che ha ormai le fondamenta putrefatte. L’agghiacciante chiusa finale, uno schiaffo dritto in faccia, è la cura perfetta allo strazio dei titoli natalizi italiani che stanno spuntando nelle sale come funghi.
Non tanto perché chiude un film dalle ambizioni e dalla riuscita evidentemente superiori, ma perché restituisce un’idea di Italia scomoda e terribile che sta dall’altra parte rispetto all’idea di Italia felice e buonista propugnata da Brizzi e dal cinepanettone. Una chiusa dedicata a tutti quelli per cui la “crisi” in Italia è solo finanziaria.
Voto di Gabriele: 8
Voto di Federico: 9
Il capitale umano (Italia 2014, noir 109′) di Paolo Virzì; con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Vincent Nemeth, Gigio Alberti, Bebo Storti, Nicola Centonze, Pia Engleberth, Giovanni Anzaldo, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli. Qui il trailer. Dal 9 gennaio 2014 in sala.