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Cineblog intervista Maxime Alexandre, direttore della fotografia di Alta Tensione, Maniac e Le colline hanno gli occhi

Da Alta Tensione al secondo Silent Hill, passando per il remake di Maniac: leggi l’intervista a Maxime Alexandre, in esclusiva su Cineblog.

pubblicato 15 Maggio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 01:26


Come ci ha detto lui stesso, il 2011 è stato un anno molto fortunato per Maxime Alexandre, visto che ha lavorato a produzioni importanti come Silent Hill: Revelation 3D e il remake di Maniac, atteso come proiezione di mezzanotte al 65. Festival di Cannes. Il 2012, quindi, sarà la prova del nove per queste pellicole. Direttore della fotografia per tre film di Alexandre Aja, ma anche regista e sceneggiatore di lungometraggi, attivo pure nel mondo della pubblicità, Maxime – che ci ha svelato di essere un appassionato di Cineblog! – ci ha regalato una lunga ed appassionata intervista sul suo background (anche italiano!), sui suoi lavori e sul cinema.

Innanzitutto devo assolutamente farti dire due parole sull’Italia, visto che mi hai detto che sei nato e vivi qui. Inoltre da bambino hai fatto parecchie comparse in alcuni film di Moretti, Bellocchio, Amelio… Come sei riuscito, dall’Italia, a diventare quello che sei oggi?
In realtà sono nato in Belgio, ma vivo in Italia dall’età di 5 anni. Il mio patrigno a quei tempi era aiuto regista di Moretti, Bellocchio, Amelio ed altri, ecco perché molto presto ho cominciato a fare la comparsa o piccoli ruoli come quello nella celebre cena di Bianca di Moretti (“Vabbeh, continuiamo così, facciamoci del male!“). La passione per la fotografia cinematografica è cominciata molto presto, poi per una serie di circostanze nel 2001 ho conosciuto Alexandre Aja. Lavorava ad un film che lui e Grégory Levasseur avevano scritto per la regia del padre di Aja, Alexandre Arcady. Aja, Levasseur ed io lavorammo sulla seconda unità di quel film, Entre Chiens et Loups. Così stringemmo una forte amicizia, e pochi mesi dopo Aja e Levasseur mi proposero quello che sarebbe stato il mio primo film da Direttore della Fotografia. Il film in questione era un horror dal budget molto piccolo: Haute Tension, in italiano Alta Tensione, un film che per gli appassionati del genere è divenuto un cult e che, sia per Aja che Levasseur, insieme al montatore Baxter ed io, è diventato presto il trampolino nel cinema americano.

Il tuo primo lavoro per un lungometraggio è stato quindi quello per Alta tensione: cosa ricordi di quella esperienza?
Sono passati dieci anni, e ben 19 film dopo Alta Tensione. Penso che uno dei ricordi più memorabili sia la collaborazione con Giannetto De Rossi, un maestro nei trucchi ed effetti speciali, che nell’armonia dei settori come fotografia, scenografia, cast, orchestrate magnificamente da Aja, fece delle prodezze ineguagliabili. Nonostante il budget del film riuscì a trasformare Alta Tensione in quello che è oggi.

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Silent Hill: Revelation 3D

L’horror francese si è imposto all’attenzione del pubblico proprio con Alta tensione, e poi con altri film a tinte forti, penso solo ad À l’intérieur o Martyrs. Lo guardi? Cosa ne pensi?
Nonostante il mio nome francofono e la lunga collaborazione con Aja non mi sento di fare una precisa analisi del cinema horror francese in particolare, e nonostante Martyrs sia un film degno di nota, non penso che il cinema italiano non possa esserne all’altezza. L’unica differenza è che in Francia il cinema è un vero e proprio business rispettoso dell’arte e dei gusti del pubblico, dunque la gente ha scelta, dunque va al cinema. In Italia, produrre un horror significa dover trovare un produttore che investa di tasca sua, e francamente oggigiorno dovrebbe essere molto coraggioso! Chissà, magari un giorno, quando i produttori di cinepanettoni saranno saturi di incassi, avranno il coraggio di investire in qualche cosa di diverso… Un po’ come gli studio americani, certo secondo un’altra scala: ma meno male che Fox, Warner ed altri non fanno solo commedie, vero?

Con Alexandre Aja hai lavorato in tre film, Alta tensione, Le colline hanno gli occhi e Mirrors: com’è lavorare con lui? E cosa pensi del fatto che dal secondo film sta girando solo remake?
Il lato positivo di lavorare spesso con lo stesso regista semplifica molte tappe del mio lavoro che precedono il vero e proprio momento in cui si accendono le luci di un set. Mi spiego: un film che sia stato o meno scritto dal regista ne riflette le sue caratteristiche umane e caratteriali, non solo quelle artistiche. Collaborare così da vicino con qualcuno che non conosci impone un percorso sistematico difficile da spiegare, tanto quanto quello di capire e condividere l’idea di un’immagine che ancora non esiste! Detto questo, posso anche dire che ho un’incredibile ammirazione sia per lui che per Gregory Levasseur, il suo co-sceneggiatore. I remake… io trovo semplicemente magnifico poter avere l’opportunità di rivedere un’idea o un concetto attraverso l’evoluzione del modo di comunicare, e in questo Alexandre ha dimostrato di essere un vero e proprio maestro. Il dibattito in rete sull’argomento è inesistente a mio parere, proviamo a chiedere ai milioni di spettatori che hanno visto Le colline hanno gli occhi quanti ne conoscevano l’originale, quanti andrebbero a vederlo oggi. Il film di Aja ha ridato vita ad un film a suo tempo incredibile, ma che oggi nel nostro nuovo modo di comunicare sarebbe inconcepibile. Posso anche aggiungere che sia Wes Craven che il suo produttore Peter Lock oggi sono ancora più fieri di quella che fu la folle scommessa in cui si lanciarono 35 anni fa. Poi, lasciatemi fare un paragone con la musica: My Way è il primo titolo che mi salta in mente, io vado pazzo per la versione di Elvis Presley, ma la più conosciuta forse è quella di Frank Sinatra. Eppure, My Way in realtà si chiama Comme D’habitude di Claude François. Tornando al cinema, al volo, un paio di riferimenti: Ocean’s Eleven del 1960, per i divoratori di cinema, o Scarface versione 1932; e Hitchcock rifece lui stesso L’uomo che sapeva troppo per rivederlo a colori.

Alta_tensione

Hai firmato anche la regia di due lungometraggi, Holy Money e Christopher Roth: com’è per un direttore della fotografia fare il lavoro del regista?
Bellissima esperienza, anzi assolutamente fantastica, oggigiorno poter realizzare un film è estremamente complicato, ed avere la fortuna di avere con sé una squadra che crede in te è un tesoro incomparabile. Ho dato tutta la mia passione, energia e amore per il cinema e la scrittura; in Holly Money e Christopher Roth ho tentato di dare una visione differente alle classiche regole, ma ovviamente o l’opera riesce oppure viene violentemente criticata. Prendiamo per esempio Christopher Roth, pluripremiato in vari festival internazionali, eppure non ha trovato una distribuzione, uscendo dunque direttamente in dvd. Le critiche non sono molte, ma la maggior parte di esse sono di una violenza a volte difficile da mandar giù!

Quali sono le principali differenze tra il lavorare per uno spot (sei stato direttore della fotografia per parecchie pubblicità) e lavorare per un lungometraggio?
Due mondi completamente differenti, ma devo ammettere che mi piace anche molto fare pubblicità. Quando ho cominciato a lavorare come assistente operatore ne feci tantissime. Sono assolutamente convinto che molte di queste mi hanno dato una certa sensibilità nel capire come costruire un messaggio nell’immagine in pochi secondi, a volte in pochi fotogrammi, e questo oggi mi è estremamente utile anche nei lungometraggi.

Parliamo un po’ del remake di Maniac, atteso come proiezione di mezzanotte a Cannes. Ci hai detto che non sarà in 3D, ma che sarà tutto in soggettiva: per te sarà stato un lavoro molto stimolante. Come ti sei trovato? E poi ho una curiosità: se il film è tutto in soggettiva, Elijah Wood, il protagonista, lo si vedrà quindi di conseguenza poco in scena?
Penso sia stato il film più eccitante che abbia fatto fino ad ora, e spero veramente che piaccia. È stata una vera e propria acrobazia, e ci volevano proprio produttori visionari come Thomas Langmann (Premio Oscar per The Artist) e Aja per avere il coraggio di produrre un film del genere, interamente in soggettiva. Maniac é il secondo film che ho fatto con Franck Khalfoun, il primo fu P2 (tradotto in Italiano con -2 Livello del Terrore) e ammetto che tra il primo e quest’ultimo vi è stato un enorme salto di qualità. Lavorare in soggettiva significa vedere le sequenze dal punto di vista del soggetto, dunque ovviamente la domanda è: che ci fa Elijah Wood in un film dove vediamo il suo punto di vista? Non posso svelare molto del film, nel vero senso della parola, non posso proprio, ma vi prometto che non ne rimarrete delusi, e sarà per me un grande piacere poter parlare e descrivere i piccoli segreti del film dopo il Festival di Cannes.

Mirrors_film

Hai lavorato a Silent Hill: Revelation 3D di Michael J. Bassett, una grossa produzione. Il 3D sarà nativo e non post-prodotto: com’è andata l’esperienza con il tuo primo 3D? E cosa dobbiamo aspettarci da questo attesissimo sequel?
La scelta dei distributori di aspettare il momento giusto per la distribuzione, anche se terribilmente frustrante, è una grande soddisfazione, il 2012 è saturo di mega produzioni, ed essere riusciti a piazzarlo nel mercato per il giorno di Halloween è una cosa meravigliosa e che promette molto bene. Abbiamo girato il film in 3D, devo ammettere che all’inizio è stato un po’ stressante, ma ho avuto un’ottima squadra. Fotograficamente è stato un po’ più complesso, anche perché ho la tendenza a voler vedere con i miei propri occhi il perché certe cose non si possono fare, ed in generale ci sono molti più tecnici che creativi in questo campo. Dunque non ho esitato a testare tutti i pro e i contro prima delle riprese, e posso dire oggi che il 3D è molto più malleabile a livello creativo di quel che si pensi. Sarebbe stato frustrante illuminare un film come Silent Hill come se fosse come tante altre pellicole stereoscopiche, dove ogni più piccolo oggetto illuminato è fotograficamente noioso. La fotografia in un film horror è essenziale, certo non si esce dal cinema dicendo “wow, che fotografia!”, ma questa è spesso la chiave di lettura nella tensione, nel mistero e nella paura. Ho voglia di dire che non ne sarete delusi, ma sento di ripetermi dopo Maniac… Certo che il 2011 é stato per me un anno molto fortunato!

Ed ora una serie di brevi curiosità, per finire. La prima: quali sono il lavoro che secondo te ti è riuscito meglio e quello per il quale sei rimasto meno soddisfatto?
Questa è una domanda difficile. Ad ogni film per cui lavoro do tutto me stesso, e anche se a volte la sceneggiatura può essere un po’ debole, io do e darò sempre la stessa energia e passione fino alla fine. Il film a cui devo tutto è Alta Tensione, il mio personale capolavoro Le colline hanno gli occhi, il mio secondo passo in avanti nel cinema americano La Città verrà distrutta all’alba, il mio primo 3D Silent Hill: Revelation, e oggi il film per cui incrocio tanto le dita e che penso farà molta strada è senza dubbio Maniac.

Ultima curiosità: a cosa stai lavorando ultimamente? Qualche anticipazione?
In questo momento sto facendo la mia prima esperienza in una mini serie tv, si chiama Air Force One is Down, é una co-produzione Americana, Inglese e Tedesca, sono due film di 90 minuti con Emilie de Ravin (Remember me, Lost, Le colline hanno gli occhi), Jeremy Sisto (Six Feet Under, Wrong Turn, May), e Jemie Thomas King (La Talpa, Tristano e Isotta). Dopo questo, lavorerò per un film intitolato Site, che sarà il primo film da regista di Gregory Levasseur.

Ringrazio moltissimo Maxime per la disponibilità, ed in bocca al lupo da parte di Cineblog per i suoi lavori. Qui trovate il suo sito ufficiale.

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