Roma 2014 – Andiamo a Quel Paese di Ficarra e Picone: Recensione in Anteprima
Ficarra e Picone coppia a sorpresa per la chiusura del Festival di Roma 2014 con la loro 5° commedia, Andiamo a Quel Paese
Partito con la leggerezza dal taglio televisivo di Genovesi, Soap Opera, la nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma ha chiuso i battenti con un’altra commedia Medusa, Andiamo a Quel Paese, ribadendo la volontà di tornare ad un concetto di Festa ‘popolare’, più indirizzata al pubblico che alla critica. Tutto questo con il 5° film della coppia Ficarra e Picone, comici televisivi esplosi a Zelig e da oltre 10 anni sbarcati in sala. Nel 2002, con Nati Stanchi, la loro prima apparizione cinematografica, per poi debuttare dietro la macchina da presa nel 2007 con Il 7 e l’8. Digeriti in seguito La Matassa e Anche se è amore non si vede, i 43enni palermitani sono ritornati in cabina di regia con l’intenzione di rivisitare ed omaggiare la Sicilia di Pietro Germi (troviamo l’Ispica di Divorzio all’Italiana), dando vita ad una commedia all’italiana dal taglio vecchio stile, tra incomprensioni farsa, satira sociale, critica politica e gag da cabaret.
Protagonisti disoccupati e scansafatiche, Salvo e Valentino sono amici da una vita. Da sempre litigiosi i due abbandonano Palermo perché senza più un lavoro, tornando così alla ‘vecchia’ Monteforte, piccolo e morente paese d’origine. Qui, vuoi o non vuoi, entrambi riescono a scovare una soluzione sfruttando l’incredibile abbondanza di anziani. Prima dando vita ad un ospizio illegale in cui ‘impilare’ pensionati da spolpare, e infine arrivando ad ideare il piano diabolico senza ritorno, ovvero sposare una vecchia zia con entrata fissa mensile. Perché se l’amore è passeggero, una pensione è per sempre…
Impossibile non pensare agli indimenticabili e troppo tardi rivalutati Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, dinanzi alla litigiosa comicità tutta siciliana di Salvatore Ficarra e Valentino Picone. Amici da una vita, l’uno l’ombra dell’altro tanto in tv quanto a teatro e al cinema, i due hanno preso a piene mani dall’Italia di ieri, oggi e domani, fatta di raccomandazioni e nullafacenti cronici, l’Italia anziana che vive il paradosso di avere i nonni con uno stipendio fisso in tasca e i giovani nipoti al bar a giocare a carte, perché senza uno straccio di lavoro retribuito. Il Bel Paese delle contraddizioni morali, tra coppie di fatto, maschilismo strisciante, matrimoni d’interesse, leggi da aggirare, pettegolezzi e inappropriati anatemi clericali.
Ciò che stupisce in positivo, visti i terrificanti precedenti cinematografici di comici televisivi che si sono improvvisati registi dall’oggi al domani, da quel Leonardo Pieraccioni che in 20 anni non ha imparato niente a Vincenzo Salemme, è l’impianto registico costruito da Ficarra e Picone. Nulla di clamoroso, intendiamoci, ma in Andiamo a quel Paese c’è almeno uno straccio di idea di Cinema, con una macchina da presa che non è clamorosamente statica, tanto dall’abbondare persino in carrelli e dolly. L’evoluzione della trama, che parte da un buon soggetto di fondo, si fa invece balbettante, zoppicante e a lungo andare ripetitiva e annoiata. Il duo comico esagera nell’azzuffarsi ad ogni sketch, tra dita da puntare contro il viso dell’altro e cattiverie da rinfacciare, deragliando sfacciatamente nella sottotrama romantica che coinvolgerà Valentino Picone e Fatima Trotta.
Nel paesino sperduto dell’entroterra siciliano, Monforte San Giorgio, la coppia di Zelig ha ovviamente abbandonato di cliché. Dal brigadiere napoletano (Francesco Paolantoni) perennemente deriso perché da sempre ultimo a sapere le cose al barbiere chiacchierone (Nino Frassica), passando per gli arzilli anziani chiamati a trainare i più giovani, il potente politico a cui affidarsi per trovare un lavoro possibilmente ben retribuito e poco faticoso e il prete su cui la comunità tutta si affida, per poi rimanere inspiegabilmente ‘calma’ dinanzi ad un segreto da lui per anni taciuto. Nulla di nuovo sotto il sole, questo è poco ma sicuro, ma alcune trovate ideate da Ficarra e Picone strappano più di un sorriso. Aspetto di non poco conto e tutt’altro che scontato dinanzi alla media delle ultime commedie italiane, il più delle volte tristemente piatte e poco divertenti.
Immancabile, poi, le stilettate rivolte alla politica nazionale, quella triste e incancrenita nel suo essere fastidiosamente immorale che non muore mai. Persino quando giace fisicamente nella tomba. Omaggiato il grande Albertone Sordi durante i titoli di coda mandandoci tutti esplicitamente a quel paese, Salvatore e Valentino hanno sguazzato nella Sicilia degli sprechi e degli onorevoli che vivono nel lusso, nella Regione ‘autonoma e a statuto sociale’, con tutte le implicazioni pratiche del caso, dando ancora una volta voce ad una generazione, quella dei trenta/quarantenni, che una pensione non la vedranno probabilmente mai. Attaccandosi automaticamente con unghie e denti a quella di nonne e zie. Da coccolare, raggirare e alle brutte, perché no, persino chiedere in moglie.
Voto di Federico: 5.5
Andiamo a Quel Paese (Ita, commedia, 2014) di Salvatore Ficarra e Valentino Picone; con Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Tiziana Lodato, Lili Tirinnanzi, Fatima Trotta, Francesco Paolantoni, Nino Frassica – dal 6 novembre al cinema