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My Old Lady: Recensione in Anteprima

Israel Horovitz per la prima volta al cinema con una sua piéce, My Old Lady

pubblicato 13 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:33

Debuttare alla regia cinematografica alla tenera età di 75 anni. Impresa riuscita a Israel Horovitz, celebre drammaturgo statunitense vincitore nel corso degli anni di due OBIE Awards, un premio alla carriera Prix de Plaisir du Théâtre, un Prix Italia premio internazionale per programmi radiofonici, un Sony Radio Academy Award e un Premio come migliore sceneggiatore dal Writers Guild del Canada. Fu Horovitz a lanciare le carriere teatrali di Al Pacino e Diane Keaton, per concentrare ora le proprie attenzioni nei confronti di Kevin Kline, Maggie Smith e Kristin Scott Thomas, qui splendidi protagonisti di una sua piéce teatrale diventata cinema. My Old Lady.

Presentata al Toronto Film Festival, la pellicola nasce da un’opera presentata per la prima volta con successo al Promenae Theater di New York, nel 2002, prima di girare Germania, Russia e ovviamente Francia, perché è qui che è ambientata la storia. In una Parigi come al suo solito fascinosa e malinconica. Mathias, sessantenne newyorkese senza più un soldo in tasca, ha ereditato un appartamento da sogno da suo padre. Una palazzina su due piani, di 500 metri, con giardino interno e un’infinità di stanze. Lasciata l’America con gli ultimi dollari disponibili, l’uomo ha tutte le intenzioni di vendere la casa all’ombra della Torre Eiffel, pagare i debiti contratti nel tempo e vivere di rendita.

Peccato che la sorpresa sia dietro l’angolo. Perché oltre ai vecchi mobili e a un po’ di polvere, Mathias troverà nella casa una raffinata e anziana signora di 92 anni, insieme alla sua unica figlia di 60 anni. Il motivo della loro presenza? L’appartamento non è altro che un ‘viager’. Questo significa che secondo le leggi di Francia l’uomo dovrà attendere la morte della vecchia signora prima di poter mettere le mani sull’abitazione. E non è tutto. Perché fino ad allora dovrà corrisponderle una mensilità di 2400 euro, come fatto dal padre deceduto negli ultimi 40 anni. Più che una casa milionaria, in conclusione, Mathias sembrerebbe aver ereditato dal detestato padre un’altra fregatura. O forse no?

Una pièce rimasta ‘fortemente teatrale’ anche nella sua rappresentazione cinematografica. Ma come poteva essere diversamente, visto il suo autore nonché regista. Iniziata quasi come una ‘commedia’, l’opera prima di Horovitz si è presto trasformata in altro, intrecciando storie d’amore passate e presenti, ma anche dolori mai del tutto dimenticati e il più delle volte taciuti. Ed ora pronti ad esplodere. Affidatosi quasi completamente alla bravura di una cinica, diabolica, tendenzialmente bugiarda, egoista ma irresistibile Maggie Smith, quasi acqua e sapone nel ‘dover’ dimostrare un’età avanzata (79 gli anni della leggenda britannica), Horovitz ha poi riportato il quasi dimenticato Cline in quella Parigi che lo vide splendido mattatore in French Kiss di Lawrence Kasdan, al fianco di Meg Ryan, nel lontano 1995.

Invecchiato, arrabbiato con il mondo, depresso, due volte divorziato, tendenzialmente fallito e con evidenti problemi di alcolismo, il personaggio dell’attore sarà di fatto obbligato a dover affrontare quelle verità famigliari che nel corso dei decenni passati ne avevano influito l’esistenza. Rovinandogliela, a causa di un padre che aveva deciso di indirizzare tutto il proprio affetto dall’altra parte del mondo, affossando conseguentemente prima la moglie ed infine il figlio. Ricco di dialoghi brillanti e il più delle volte rinchiuso tra le 4 mura dell’abitazione ‘ereditata’, il film di Horovitz vaga tra le strade di una Parigi magica e al tempo stesso solitaria, con un Cline sfatto e disperato, un’elegante Smith aggrappata alla vita e una Scott Thomas fedele figlia incapace di vivere la felicità appieno, perché a sua volta portata a fondo dall’inespresso e flebile amore famigliare.

Tralasciando colpi di scena ed intrecci passionali che andranno improvvisamente ad ‘unire’ passato, presente e futuro di questi 3 personaggi, My Old Lady paga indubbiamente l’inesperienza con il mezzo cinematografico del suo regista, perché a tratti fortemente rallentato nel ritmo e tendenzialmente ridondante in alcuni situazioni, ma gode innegabilmente dell’eleganza di scrittura della storia, forse banale nella sua costruzione eppure impeccabile e tragicomica nella sua evoluzione, e con il fascino strabordante dei suoi protagonisti ad impreziosire il tutto. Si ride grazie a battute tipicamente ‘british’ e ci si commuove nel veder crollare le difese emotive dei 3 mattatori, con un happy ending purtropo troppo sfacciatamente buonista e chissà, magari mutato dallo stesso Horovitz per il grande schermo.

Un film sulle drammatiche conseguenze di un silenzio d’amore, sulle menzogne ‘obbligate’ che implicitamente e il più delle volte esplicitamente vanno ad influire negativamente la vita di chi ti vive attorno. Senza che tu ne renda conto, perché fai finta di non vedere e non sentire le grida d’allarme, le richieste d’aiuto. Conseguenze che in questo caso si incontreranno prima e scontreranno poi tra le mura di una meravigliosa casa parigina, dove tra animali impagliati, vecchie fotografie, botiglie di vino rosso e pungenti battute lanciate l’uno contro l’altra, le verità troppo a lungo non dette verranno finalmente a galla. Portando tutti i suoi protagonisti a respirare a pieni polmoni, dopo decenni passati in apnea.

Voto di Federico: 6.5

My Old Lady (Usa, Francia, drammatico, 2014) di Israel Horovitz; con Kevin Kline, Maggie Smith, Kristin Scott Thomas, Dominique Pinon, Noémie Lvovsky, Stéphane Freiss, Francis Dumaurier, Anouk Dutruit – uscita giovedì 20 novembre 2014.