I pinguini di Madagascar: Recensione in Anteprima
Skipper, Kowalski, Rico e Soldato chiamati stavolta a salvare la propria specie in I pinguini di Madagascar. Non dall’estinzione, ma da un polpo vendicativo.
Attenzionando in maniera nemmeno troppo clinica il fenomeno Madagascar, non è difficile scorgere chi al suo interno ha sempre mosso il pubblico più dei protagonisti stessi. Per alcuni sarà Re Julien e Mortino, mentre per tanti altri la risposta potrebbe essere una ed una soltanto: il gruppo d’elite di pinguini capeggiato da Skipper.
Non costruirci sopra una storia, quale che fosse, sembrava quasi assurdo. Trattasi di personaggi che si prestano senza alcuna forzatura, perché in fondo generano quella simpatia e quell’attenzione legata ad una comicità pura. Senza rimandi colti, è in fondo quella gestualità del corpo e la frenesia di singole scene a fare la differenza, più che battute-tormentone o costruzioni complesse. Skipper, Kowalski, Rico e Soldato un posto in prima linea se lo sono insomma guadagnati.
Ed infatti ecco I pinguini di Madagascar, titolo semplice, diretto. Ed è piacevole notare come il tenore sia quello che t’aspetti, malgrado (Deo gratias) le dinamiche non siano affatto stanche e prevedibili. Stavolta i quattro devono fronteggiare la minaccia impersonata da Octavius Tentacoli, un polpo che ha sofferto e soffre ancora un acuto complesso d’inferiorità: dovunque venisse trasferito lui, improvvisamente arrivavano i pinguini, rubandogli clamorosamente la scena. Da qui il desiderio di vendetta maturato nel corso del tempo, che prende forma in un vero e proprio tentativo di sterminare tutti i pinguini del mondo. O quantomeno, di “abbruttirli”.
Il ritmo c’è, ed il film parte subito in quarta, portandoci alla genesi della formazione, incipit funzionale al finale. Scopriamo così come Soldato è entrato a far parte di questa squadra, quando ancora erano tutti dei cuccioli di pinguini (ammesso che sia questa la definizione adatta) – senza voci storpiate e quant’altro, perché tutti hanno la stessa intonazione di sempre.
E come sempre, la storia non conta. Tanto più che la morale, a volerla per forza di cose ricavare, non è nemmeno così edificante come si vorrebbe per un pubblico di meno giovani. No, s’ha da trovare il senso di questa operazione strada facendo, in un contesto reso ancora più surreale di quanto non sia surreale che un gruppo di pinguini riesca magistralmente ad intrufolarsi nella zona più sicura del mondo solo per fare un regalo ad uno dei componenti.
Ed in questo bisogna riconosce a Darnell e Smith un certo merito, perché svariati sono i punti in cui I pinguini di Madagascar riesce a strapparti una risata o per lo meno un sorriso; in maniera peraltro innocua, senza riferimenti (per così dire) adulti, bensì semplicemente attraverso situazioni ingegnose, come la rocambolesca caduta dal cielo mentre i quattro cercano di sottrarsi ad una spedizione forzata.
Ma i pinguini non sono soli. A ‘sto giro, infatti, abbiamo anche il Vento del Nord, una squadra high-profile capitanata da un borioso husky. Equipaggiamento non di ultima ma di prossima generazione, tecniche e strategie da servizi segreti altamente qualificati, fanno da contraltare alla sgangherata ma quasi sempre efficace improvvisazione di Skipper e soci, messi qui a dura prova dalla pirotecnica organizzazione del Vento del Nord. Anche qui, volendo, si trae un messaggio, al quale però non siamo particolarmente interessati. Ma c’è, tanto basti.
I pinguini di Madagascar rappresenta dunque un caso più unico che raro, per quanto un po’ telefonato (perciò a “basso rischio”) di operazione tesa ad ampliare un brand. Anzi, per certi versi risulta addirittura il tassello più riuscito nell’ambito di quel mosaico che è Madagascar; vuoi perché il pinguino è un animale simpatico di per sé, vuoi perché va riconosciuto agli autori originali di aver contribuito a dare vita a personaggi che funzionano, non importa in quale contesto vengano infilati.
Una delle riserve maggiori, infatti, era rappresentata dalla tenuta dei quattro pinguini in un film che non li vede più quali semplici comprimari (ruolo che nonostante tutto è loro congeniale); ed in tal senso una prova è già stata condotta con la serie TV andata in onda su Nickelodeon: inutile però evidenziare che il discorso sia leggermente diverso. La domanda per cui era: si prestano ad una così prolungata esposizione nell’arco tutto sommato ristretto di un solo lungometraggio? Oppure c’è il rischio che così facendo la loro verve, il loro effetto sullo spettatore perda qualcosa o addirittura di più?
Alla luci accese possiamo tranquillamente affermare «pericolo scampato»! Certo, la seconda parte de I pinguini di Madagascar probabilmente non mantiene il livello della prima, anche perché a quel punto c’è bisogno di tirare le somme con l’approssimarsi della fine. Non a caso, nel momento in cui ci si deve preoccupare di più della trama, il film perde qualche colpo, senza però venire mai meno alla vocazione grottesca e movimentata. Tirando le somme il pollice resta perciò all’insù, senza troppi se e ma.
Voto di Antonio: 7
Voto di Federico: 6
I pinguini di Madagascar di Simon J. Smith ed Eric Darnell. Con John Malkovich, Benedict Cumberbatch, Tom McGrath, Christopher Knights, Chris Miller, Conrad Vernon, Peter Stormare, Ken Jeong, Annet Mahendru ed Andy Richter. Nelle nostre sale da giovedì 27 novembre.