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Cine/Vision: La notte dei morti viventi

Per la rubrica Cine/Vision è la volta del b-movie… questa settimana tocca a “La notte dei morti viventi” datata 1968 e diretta dal grande Romero… qui potete vedere il film (anche su continua se siete più comodi) e di seguito la recensione di Matteo di PellicolaScaduta.Sette persone si ritrovano rinchiusi in una casa sperduta in

di carla
3 Aprile 2007 18:38

Per la rubrica Cine/Vision è la volta del b-movie… questa settimana tocca a “La notte dei morti viventi” datata 1968 e diretta dal grande Romero… qui potete vedere il film (anche su continua se siete più comodi) e di seguito la recensione di Matteo di PellicolaScaduta.

Sette persone si ritrovano rinchiusi in una casa sperduta in un bosco. Barricati nell’edificio si dovranno difendere dall’attacco di un numero spropositato di morti viventi. Intanto tramite la televisione vengono a sapere che i cadaveri non ancora tumulati si sono risvegliati dal sonno perpetuo della morte a causa di radiazione provenienti da Venere. Attendendo i soccorsi che, da quello che hanno sentito alla televisione non tarderanno ad arrivare, cercheranno di farsi largo tra l’orda di zombie usano le armi che hanno a disposizione.

Prima de “La notte dei morti viventi” di George A. Romero c’era “Il gabinetto del Dottor Caligari”. Detta così la cosa sembra leggermente forzata ma, se i due film vengono comparati aggiungendo a quest’operazione una breve ricerca sulla figura del “non-morto” nelle leggende haitiane e caraibiche, tutto sembra riordinarsi. Il “non-morto” è infatti inizialmente un cadavere che, risvegliato, viene utilizzato come servo, ciò che troviamo appunto ne “Il gabinetto del Dottor Caligari”. Romero invece crea un mostro tutto nuovo. Un cadavere vivo che si nutre di carne umana, creato da radiazioni (si insinua quindi una spiegazione scientifica) che è in perenne stato di decomposizione, è brutto e, come possiamo ben immaginare, puzza anche. E il suo unico scopo è quello di mangiare carne umana, carne fresca. Ma Romero non cambia solo la figura dello zombie dotandola di nuove caratteristiche e facendola entrare nell’immaginario collettivo, ma ribalta totalmente il ruolo della casa all’interno del film horror. Se infatti precedentemente gli edifici presenti nella narrazione servivano come pretesto per rinchiudere mostri e fantasmi, vampiri e lupi mannari (quindi come portatori assoluti di paura, di orrore, quasi quanto le creature che li abitavano), dopo questo film cambiano un po’ di cose. Infatti la casa diventa adesso un baluardo della sopravvivenza, l’unico contatto con i propri simili e col mondo esterno (la televisione). Non fa più paura ma protegge gli eroi dai pericoli esterni. A proposito di eroi bisogna evidenziare come questo film introduca un numero spropositato di eroi negativi, di eroi perdenti. Ognuno di loro infatti commette gravi errori, cosa che li porterà alla morte. Il carnet di personaggi non è altro che una rappresentanza degli stereotipi che popolavano gli Stati Uniti (e che ancora li popolano). Ritroviamo il giovane di colore. la coppia conservatrice, la coppia progressista, personalità che servono a Romero per rappresentare un’America borghese e stupida, che finirà per auto-eliminarsi (ricordiamo che in quegli anni era in corso la guerra in Vietnam e le idee della contestazione giovanile cominciavano ad avere una larga diffusione).

Capolavoro assoluto del low-budget, il film venne realizzato con pochi soldi (addirittura uno dei produttori era un macellaio che doveva rifornire Romero di frattaglie e sangue da utilizzare sul set). Gli attori usati non erano professionisti ma hanno saputo ben interpretare il loro ruolo, senza scadere nell’eccessività di una recitazione troppo fasulla. La regia di Romero è in tono documentaristico, volutamente spoglia di grossi effetti visivi. La fotografia scarna ed essenziale, tratteggia ambienti e protagonisti con vigore, non lasciando troppo spazio ai grigi, prediligendo bianchi e neri netti e fortemente contrastanti. Colonna sonora riciclata ma tutto sommato funziona.

Bisogna pur ammettere che la paura non sempre la si avverte, anche se qualche brivido non manca. C’è più che altro una tensione emotiva che si protrae per tutta la pellicola e che la rende meravigliosamente paranoica. Dobbiamo anche considerare l’età del film (è del 1968) e il modo di spaventare al cinema è molto cambiato da allora. Imperdibili comunque alcune sequenze, come la scena iniziale, che riesce a ricreare una forte tensione con i pochissimi elementi a disposizione. Un film imperdibile per i cultori del genere, ma anche un grande esempio di come si possa fare un grande film (anzi, direi un vero e proprio capolavoro, oramai un classico) con pochi mezzi ma con grandi idee.