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Paprika e le critiche sul web

Satoshi Kon è un autore, e molti ancora non lo chiamano (e forse non lo chiameranno mai) maestro in quanto la presenza di Hayao Miyazaki si fa sentire. Come ci ha ricordato infamous, neanche all’epoca di Conan ragazzo del futuro e Il castello di Cagliostro nessuno chiamava Miyazaki maestro. Succederà lo stesso con Satoshi Kon?

16 Giugno 2007 16:12

Satoshi Kon è un autore, e molti ancora non lo chiamano (e forse non lo chiameranno mai) maestro in quanto la presenza di Hayao Miyazaki si fa sentire. Come ci ha ricordato infamous, neanche all’epoca di Conan ragazzo del futuro e Il castello di Cagliostro nessuno chiamava Miyazaki maestro. Succederà lo stesso con Satoshi Kon? Lo scopriremo solo vivendo.

Personalmente ho molto gradito questo folle Paprika, che pur non raggiungendo la vetta di Tokyo Godfathers resta un bellissimo esempio di animazione con tocchi assolutamente felicissimi (e a volte anche decisamente inquietanti). Noi l’abbiamo visto a Venezia, dov’era in concorso, ma facciamo spulciare anche voi fra le critiche che si leggono sul web.

Roberto Nepoti de La Repubblica:

E’ una storia di fantascienza immaginifica, ma ben lontana dalla poesia di un Miyazaki.

Cristina Piccino de Il Manifesto:

Che fosse un bel film non c’erano dubbi, Satoshi Kon sa dispiegare come pochi le folgorazioni dell’immaginario da narratore obliquo del presente. Il linguaggio e gli universi da lui esplorati vivono in perfetta sincronia. Perché il cinema di Satoshi Kon è visionario come i sogni che esplodono nei cervelli dei personaggi di Paprika, incubi di un contemporaneo ribaltati in blu/arancio lisergici, dunque prefigurati, intuiti, lasciati balenare come lampi di realtà ancora invisibile. Paprika è cinefilia scatenata, un po’ come quei sogni di vecchi lunapark e livelli che sono generi, poliziesco, avventura etc, anch’essi di una classicità ormai forse perduta (ma le citazioni omaggiano Peter Pan, la Sirenetta e molto altro…). E’ la sfida al presente, e alla sua ineffabilità, la voglia (desiderio) di starci dentro, di prefigurarlo appunto, di proiettarne le ossessioni dopo averle rivelate contrastando chi esercita censura (e autocensura).


Dario Zonta de l’Unità:

Paprika è il classico esempio di animazione intellettualistica (deriva che ha affossato il fumetto), iper citazionista e metacinematografica. Kon cede volontariamente alla vertigine onirica sprofondando lo spettatore in un’inesausta caricatura escheriana di mondi di mondi, matriosche infinite che esasperano anche il più solido cultore.

Il giornale:

Un cartone disegnato alla maniera giapponese, cioè orrenda, che propone una vicenda di fantascienza sociologica, cioè la più noiosa.
(che pena! n.d.Cineblog)

Aldo Spiniello di Sentieri Selvaggi:

Il film straripa ad ogni istante dalla razionalità e linearità narrativa, per presentarsi come un accumulo di sogni e incubi. Kon ci parla di libertà e dominio, scienza e limiti. Ma soprattutto ci mostra che il sogno, come il cinema, è il campo di battaglia di pulsioni, desideri, sentimenti, passioni.

ZabriskiePoint:

Effettivamente Paprika chiede un certo sforzo allo spettatore: la trama, inizialmente, stenta a decollare, densa com’è di informazioni e premesse condensate, in misura forse eccessiva, nella mezz’ora iniziale in cui le ambizioni di Kon sembrano sfiorare la presunzione. Ma quando la fantasia del regista prende il sopravvento, c’è davvero da tenersi stretti alla sedia, neanche si fosse al luna park.

Fonte per le recensioni dei giornali: Kataweb