Going Clear: Scientology e la prigione della fede – recensione in anteprima
Alex Gibney, come si dice, «segue i soldi» e tenta di spiegare il fenomeno Scientology per bocca di alcuni ex-militanti. L’ascesa di David Miscavige, figura a cavallo tra manager e leader religioso; il contributo determinante di Tom Cruise; le dinamiche interne. Going Clear è il risultato di tale ricerca, altra pagina di storia hollywoodiana
La storia la conosciamo tutti o quasi. Quando si parla di Scientology non si è certo tenuti ad essere degli esperti in materia, tuttavia il fenomeno è noto; anzi, paradossalmente è celebre a tal punto che non se ne sa abbastanza. Alex Gibney cerca perciò di colmare questa sorta di vuoto a cui fino ad appena qualche anno fa sarebbe stato impensabile far fronte. Non finché alcuni dei più addentro al gruppo hanno deciso di metterci pubblicamente la faccia ed esibire alcune scomode rivelazioni in merito alla gestione del fenomeno. Going Clear: Scientology e la prigione della fede parla di loro lasciando parlare loro.
Evidentemente su Gibney la sfera vagamente spirituale esercita un certo fascino, dato che prima di questo (nel 2012) è toccato a Mea Culpa, documentario che prendeva di mira gli abusi sessuali di alcuni sacerdoti sparsi per il mondo. Più che dalla sedicente religione in sé, il nostro pare essere attratto, in modo tutt’altro che originale certo, dagli angoli bui, da quelle verità che gli esponenti tentano in tutti i modi di celare, non senza ragione. Come ne uscirebbe un qualunque gruppo, religioso o meno, alla luce di testimonianze secondo cui al proprio interno vengono calpestati i diritti minimi della persona?
Going Clear in tal senso non intende indorare la pillola. La posizione è netta, così come probabilmente lo è nel saggio di Lawrence Wright da cui questo documentario muove le sue premesse. La novità, almeno per noi, è che la figura di L. Ron Hubbard ne esce in qualche modo “rivalutata”. Ok, non fino a questo punto, ma al prolifico scrittore di fantascienza nonché fondatore di Scientology vengono riconosciute delle attenuanti. Di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, come tanti altri che hanno condiviso la medesima esperienza, Hubbard tornò turbato a tal punto che egli stesso, nel 1947, mandò una lettera ad uno studio competente poiché convinto di aver bisogno di cure: a suo dire non stava tanto bene con la testa.
Scientology, stando perciò al documentario, sarebbe stato più che altro una sorta di auto-terapia, step preceduto da frequentazioni di personaggi alquanto pittoreschi, come un emulo di Aleister Crowley. Da qui Dianetics, libro fondativo dell’un tempo setta, nonché il suo inaspettato successo. Fu allora che Hubbard capì che da un fenomeno del genere si poteva trarre benessere a sufficienza. Gibney si accosta al fenomeno essenzialmente attraverso questa chiave di lettura, ovvero quella economica.
A conti fatti Going Clear racconta di questo scontro pluridecennale tra l’agenzia delle entrate statunitense e Scientology. Stando alla tesi, il gruppo diviene religioso in considerazione del fatto che simili entità giuridiche sono esenti da tasse, ché di pagarne Hubbard ed i suoi successori non hanno proprio intenzione. Il plurale è tuttavia improprio: David Miscavige è il volto di Scientology dal 1986, anno della morte di Hubbard. Miscavige rappresenta un po’ il vero villain della storia, colui di cui si sa poco, quello che si appropria del potere senza botti, nella più completa quiete di chi si è erto a naturale successore di un progetto che è andato probabilmente ben al di là delle aspettative di Hubbard – e sì che quest’ultimo scrivesse di fantascienza.
Nemmeno la fantascienza, però, sarebbe riuscita a “predire” un fenomeno come Scientology, vera e propria azienda il cui business è basato su… ecco, qui le cose si complicano. Ascoltare le interviste dei vari ex-membri, alcuni dei quali ad alti livelli, come Marty Rathbun (dirigente) o Mike Rinder (portavoce), non chiarisce tale punto. Il punto, forse, è proprio questo: non c’è nulla da chiarire. Scientology, o per meglio dire la Chiesa di Scientology, così come vuole l’auto-imposta denominazione, è una corporation che nel corso degli anni ha accumulato ricchezza e prestigio grazie alle generose donazioni di tanti, troppi membri, il più dei quali, probabilmente tutti, in buona fede.
Non vantando studi economici, vi chiediamo di non far troppo affidamento su certe nostre espressioni, ma ci pare che uno dei principali colpi da maestro messi a segno da Miscavige sia stato proprio dissimulare il core business; per tutti «come rendere il mondo un posto migliore», in realtà l’accumulo compulsivo di dati della persona attraverso sedute specifiche per poi poter esercitare sulla stessa pressioni di ogni tipo. Non stupisce infatti che i diretti interessati ammettano di sentirsi a disagio nel rievocare la loro militanza, sia per vergogna che per difficoltà nello spiegare a sé stessi cosa li tenne legati a questa realtà. Ciò che davvero lascia perplessi è come Scientology nel corso degli anni abbia proceduto a gonfie vele senza che nemmeno un organo come l’agenzia delle entrate potesse scalfirla minimamente.
C’è a dire il vero un passaggio chiave, risalente al 1993, quando la stessa agenzia ritirò la sua multa da un miliardo di dollari riconoscendo lo status di gruppo religioso alla setta; non a teologi, né ad altri ben più qualificati rispetto a semplici ragionieri è spettato l’onere di tale riconoscimento. Negli USA succede anche questo. Altro che discussioni circa il sesso degli angeli! Roba antiquata forse, va bene… ma di spessore tale che se ne sente quasi la mancanza.
Non aspettatevi perciò da Going Clear alcun approfondimento su temi quali filosofia, simbolismo et similia inerenti al culto, che, come si sarà capito, non è nemmeno tale, o quantomeno non nel senso tradizionale. Cedendo qualcosa ad un comprensibile sensazionalismo, Gibney si mostra esclusivamente interessato al processo che ha condotto Scientology da eccentrica trovata di uno scrittore psicologicamente instabile (per sua stessa ammissione, come si ascolta in un frammento di materiale di repertorio) ad azienda miliardaria che opera essenzialmente nel settore immobiliare, con interi edifici acquisiti praticamente in tutti i continenti. L’aspetto umano emerge nella misura in cui si cerca di comprendere quali siano le dinamiche di una menzogna così grossa, ma non ci pare si vada oltre in tal senso.
Quest’ultimo lavoro di Alex Gibney ha tuttavia il merito di dare voce, come già redazioni, siti e quant’altro hanno fatto, a persone che non intendono più tacere e che, cosa ben più importante, hanno davvero qualcosa da dire a riguardo. Non si può dire lo stesso per star come John Travolta e Tom Cruise, del cui peso nell’ambito del progetto si parla pure e diffusamente nelle due ore di documentario. Tanto che alla fine resta irrisolto il solito quesito: è possibile porre fine a tutto ciò? E come?
Che documentari come Going Clear: Scientology e la prigione della fede contribuiscano o meno, resta il fatto che un simile lavoro ci dice molto di ciò che è stata e per certi versi continua ad essere la cultura americana, così come i desideri di coloro che in tale brodo sono nati e cresciuti, rischiando di restarne affogati. Dunque non ne esce certo bene quel contesto lì, così come l’uomo, nella sua duplice veste di vittima e carnefice. Paul Thomas Anderson lo ha spiegato in maniera libera, viscerale, quasi poetica con The Master. Questo documentario potrebbe in fondo essere accolto come una risposta a chi non riuscì a cogliere ciò che Anderson ebbe a mostrare. Sarà forse vero ciò che dicono dall’altra parte dell’oceano… se vuoi scoprire la verità segui sempre i soldi. Comprenderete allora che non si tratta semplicemente di Scientology, bensì dell’ennesima pagina di storia hollywoodiana.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]
Going Clear: Scientology e la prigione della fede (Going Clear: Scientology and the Prison of Belief, USA, 2015) di Alex Gibney. Con Paul Haggis, Lawrence Wright, Marty Rathbun, Mike Rinder, Jason Beghe, Sylvia Taylor, Sarah Goldberg, Tom De Vocht, Monique Rathbun, Tony Ortega e Kim Masters. Nelle nostre sale da giovedì 25 giugno.