Entourage: recensione in anteprima
Vince Chase si appresta al grande debutto in cabina di regia. Hollywood attraverso la lente alienata di Entourage, patinata commedia all’insegna della goliardia che non diverte
Sull’onda delle otto stagioni targate HBO, Entourage si sposta dagli angusti spazi delle TV a quelli del grande schermo. Avventura archiviata da Doug Ellin quattro anni fa, il che costituisce già la prima scommessa; quattro anni sono forse già troppi per cavalcare un fenomeno di questo tipo, ma non abbastanza per consentire allo stesso di circondarsi di quell’alone pseudo-nostalgico. Tutte logiche di cui si sarà tenuto conto e che, alla fine, hanno portato a propendere per tornare in quel contesto, con quegli stessi personaggi, non ancora invecchiati.
Tuttavia, per l’intero arco del film, ci si domanda quale appeal possa avere un prodotto del genere verso un pubblico avulso alla serie TV. Perché che Entourage sia rivolto agli estimatori della stessa è evidente, ma dato che chi scrive trova sempre un po’ sterili argomentazioni del tipo «non per tutti, solo per alcuni», bisogna andare oltre. Vincent Chase (Adrian Grenier) è sul punto di fare il grande passo, ovvero dirigere il suo primo film. Già attore di successo, un salto di questo tipo non sarebbe concepibile senza il gruppo di amici con cui è cresciuto, ovvero i due Kevin e Jerry. I soldi arrivano ma il processo non è dei più semplici, colpa del figlio del finanziatore, che comincia a mettere bocca su tutto creando un impasse non da poco.
Entourage può anche essere descritto come un discreto vuoto su grande scala. Vuoto perché privo di contenuti, di qualunque tipo, buoni o cattivi che siano. Voglio dire, trattasi di un lungo panegirico attraverso cui viene ostentata a più riprese la pochezza di una storia e dei suoi personaggi. Nell’ambito di una serie diluita in ore e ore, può anche succedere di affezionarsi ad uno o più protagonisti, non foss’altro per la continua esposizione a vicende che in un diverso contesto sarebbero pure simpatiche, se non divertenti. Risultato che qui Ellin ottiene di rado, perché il nonsense di certe situazioni non si lega in alcun modo con il resto, anche laddove certe uscite di per sé potrebbero far sorridere (merito per lo più di Jeremy Piven).A tratti sembra di star seguendo uno dei video di Dan Bilzerian, peraltro mediante il medesimo sistema di Instagram, che ripete la sequenza finché non te ne liberi; per lo più dunque tette, culi e bella vita. Anche se è vero, si tratta del contorno; in dosi massicce ma pur sempre contorno. Come vuole il titolo, Entourage si pone come buddy-movie con alle spalle un passato, una storia. Ma poiché relativamente a tale filone esiste un prima e un dopo Una notte da leoni, non dico farsi suggerire da Todd Phillips, ma nemmeno far poggiare tutto sulle spalle della serie.
Tanto che sarebbe addirittura facile prendere di mira il modo in cui l’ambiente ci viene descritto, così come l’ultima, banale parte del film, tra riconciliazioni con sé stessi, i propri “fratelli”, i propri sogni. Vi è però che l’inconsistenza di Entourage viene amplificata a dismisura dalla sua patina da film di prim’ordine, dal suo farsi passerella nei riguardi di star che non ne hanno bisogno, veicolando un’idea insipida di Hollywood, che non è né denuncia né esaltazione. Hai voglia a dimostrare che Ellin e soci intendessero altro da tutto ciò, perché Entourage in versione cinematografica altro non rappresenta che la controparte al maschile di Sex and the City.
Perciò, come l’altra blasonata serie TV, anzitutto superata. Appartiene difatti ad un altro periodo, sebbene siano trascorsi nemmeno dieci anni, un format di puro intrattenimento così superficiale, oramai soppiantato da altro, mentre proprio l’HBO è in prima linea nell’ambito di questa mutazione del seriale televisivo, e da tempo. Non intendo nemmeno nascondere che in certi momenti, ascoltando certi dialoghi, mi sia venuto in mente Lory Del Santo, che per lo meno, anche inconsapevolmente, ha segnato una tappa importante nel trash nostrano con The Lady. In Entourage siamo evidentemente su un livello altro; quel che mi è parso analogo è il grado di alienazione. Oltre che l’inquietante autocompiacimento.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”2″ layout=”left”]
Entourage (USA, 2015) di Doug Ellin. Con Kevin Connolly, Adrian Grenier, Kevin Dillon, Jerry Ferrara, Jeremy Piven, Emmanuelle Chriqui, Perrey Reeves, Rex Lee, Debi Mazar, Rhys Coiro, Constance Zimmer e Haley Joel Osment. Nelle nostre sale da mercoledì 15 luglio.