Pasolini: la forza di vivere e sopravvivere
Un’intervista nell’avvicinarsi del 2 novembre, quarant’anni fa il poeta-regista veniva ucciso a Ostia, una storia infinita
Ho pensato di raccontare Pasolini in un libro “Pier Paolo Pasolini Vivere e Sopravvivere”, Lindau, che è appena andato in libreria e che presto comincerò a presentare in varie parti d’Italia. Un appuntamento importante è quello di fine ottobre, a poco giorni dall’anniversario del grande poeta-regista, scrittore corsaro. Di che libro si tratta? Si annunciano non pochi ma decine libri, in un contesto di una miriade di manifestazioni di ogni tipo. Di che cosa si parlerà? cosa si vedrà? Stiamo “sciupando” la memoria di PPP? Giudicate voi, dal testo di un’intervista che mi è stata fatta da un critico di valore sul quotidiano abruzzese “La Città”, Simone Gambacorta, in occasione della mia partecipazione ad un incontro di presentazione dell’ estratto dal mio film “Donne & Donne” e di due libri, uno “Greta Garbo star per sempre” e l’altro “Anna Magnani un urlo senza fine”, entrambi della Lindau; il tutto è avvenuto a Teramo, sabato 2 ottobre, giorno dell’uscita del “Pasolini”.
E’ un po’ difficile riassumere il percorso di Italo Moscati. Che è un saggista, un regista, uno sceneggiatore, uno storico del cinema e dei media- proprio Storia dei Media ha insegnato alla università di Teramo- e tra l’altro ha scritto commedie, libri su Jack Kerouac, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Sergio Leone, Alfred Hitchcock, Federico Fellini, Greta Garbo, Eduardo De Filippo e Anna Magnani. Senza dimenticare Pier Paolo Pasolini. Dal 2 ottobre sarà in libreria ‘Pier Paolo Pasolini Vivere e Sopravvivere’.
“La passione per Pasolini, al di là del fatto che conoscevo i suoi film e i suoi libri è nata nel 1968 alla Mostra del cinema di Venezia. Pasolini era presente con Teorema con cui Laura Betti vinse la Coppa Volpi come migliore attrice. Come era successo a Cannes, gli autori cinematografici avevano criticato fortemente il festival, secondo loro vecchio e al servizio del ‘cinema di papà’, come diceva Godard. Pasolini faceva parte dell’Anac (Associazione nazionale autori cinematografici) e doveva dare il consenso al fatto che il film non venisse proiettato. La polemica fu lunga anche sui giornali. Pasolini era molto combattuto. ‘Teorema’ era una storia di omosessualità e una critica alla borghesia, e lui giustamente voleva che il film ne fosse la rampa di lancio. L’ho incontrato in quei giorni e l’ho visto soffrire moltissimo per questa contraddizione. Voleva essere dalla parte dei contestatori ma voleva anche essere approvato, nel desiderio di partecipare alla Mostra dai contestatori stessi. L’ho visto commosso e anche disperato, se così posso dire, per questa scissione che aveva dentro di se. Fu trovata una soluzione. Il produttore avrebbe consentito alla proiezione su richiesta di Luigi Chiarini, direttore della Mostra, mentre Pasolini avrebbe affermato il suo dissenso. Al di là del fatto veneziano, pensai che sarebbe stato utile studiare meglio Pasolini. La sua vita, ho scoperto, è stata governata da fatti clamorosi. Come le accuse di aver approfittato di alcuni minorenni: la storia si concluse con il proscioglimento di ogni responsabilità di Pasolini, ma il caso pesò moltissimo nella sua vita. Aveva 27 anni, fu costretto ad abbandonare Casarsa dove faceva l’insegnante. La sua vita cambiò in maniera netta e drammatica, Questo ispirò il libro ‘Pasolini passione’ e prima ancora ‘Pasolini e il teorema del sesso’.
E come si arriva a ‘Vivere e sopravvivere’? Glielo chiedo anche alla luce del fatto che Pasolini è sempre esposto all’insidia del poster, sempre a rischio di essere trasformato in una specie di santo laico, in un idolo da t-shirt. Insomma, in un’immaginetta da adorare per partito preso, magari senza senza nemmeno aver compreso per quale motivo lo si adora.
Lei coglie uno degli equivoci del momento. Ho scritto “Vivere e sopravvivere” perchè si è fatta una grande confusione. Con la continua evocazione della sua morte, sembrava che tutto il resto passasse in secondo piano. Ho voluto fare un racconto che cominciasse da quando un giovane di 27 anni che faceva il professore in un paesino del Friuli, e che quindi sarebbe stato ‘condannato’ a una carriera provinciale, fu costretto ad abbandonare il paese dove viveva. Questo evento cambiò profondamente la sua vita. Ho voluto raccontare un’avventura durata ventisei anni dai suoi 27 a suoi 53, quando morì il 2 novembre 1975. Una vita che è una sorta di passione, non in senso religioso, ma umano. Arrivò a Roma perchè fu ‘cacciato’ e senza questo spostamento avrebbe avuto forse un futuro grigio, anche se come letterato aveva già avuto molti consensi da autorevoli critici. Non è stato un colpo di fortuna ma di radicale cambiamento.