Roma 2015 – The Whispering Star: Recensione in Anteprima
Un’androide in viaggio tra i sistemi solari per consegnare vecchi cimeli ai pochi umani rimasti in vita. E’ la stella sussurrante di Sion Sono
A bordo della curiosa e vintage navicella spaziale Rental Spaceship Z, Machine ID 722 trasporta gli oggetti più disparati in giro per l’Universo. Matite, cappelli, vestiti, fotografie. La sua quotidianità è dannatamente ripetitiva al pari della sua totale solitudine, attenuata da un computer di bordo che ha la voce di un infante. Perché gli esseri umani continuino a preferire la spedizione ‘a mano’ dei pacchi dinanzi alla comodità del teletrasporto non le è chiara, fino a quando una volta sbarcata sulla Stella dei Sussurri, pianeta unicamente abitato dagli umani in cui un rumore superiore ai 30 decibel potrebbe ucciderli, non assiste alla drammatica reazione ‘emotiva’ di una particolare consegna.
Un futuro dal taglio retrò, con interi pianeti devastati dalle guerre e dall’incuria dell’uomo, qui travolto dal dominio dei robot e attaccato a malinconici ricordi da ricevere per posta. A tratti visivamente folgorante, ricco di spunti ed esteticamente affascinante, The Whispering Star si perde malamente nel ridondante sussurio di una trama che proprio non riesce ad evolversi, ribadendo continuamente quanto già detto e già visto.
Sion Sono omaggia i luoghi devastati dal disastro di Fukushima (11 marzo del 2011) e quegli abitanti che da allora mai più han messo piede nelle proprie case attraverso una fantascienza inedita e coraggiosa. La navicella spaziale dell’androide protagonista è un trionfo scenografico anni ’50, con una radio d’epoca che diffonde la voce di bordo e un limitato spazio dall’arredamento povero e ‘casalingo’ da pulire e accudire come farebbe una massaia qualsiasi. I giorni si sommano a ritmo incessante, senza mai differenziarsi l’uno dall’altro. Un rubinetto che perde acqua, un bollitore da mettere sopra i fornelli, una consolle da spolverare, un insetto che ‘sfarfalla’ nella plafoniera, un pavimento da lavare. Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica. Nulla cambia per l’androide postina.
Machine ID 722 dorme in piedi, ha le batterie e si nutre con del thè da alternare a strane bevande in lattina. Non si pone troppe domande e non si chiede il senso del proprio lavoro, che consiste nel consegnare pacchi in giro per l’Universo. Quel che sappiamo di lei il regista lo sviscera attraverso un vecchio registratore, che diffonde la sua stessa voce mentre racconta quanto fatto nei 10 anni precedenti.
Un film sulla memoria perduta, quello scritto e diretto da Sono, affidatosi ad uno straniante bianco e nero e ad un impianto scenografico a dir poco spiazzante ma frenato da una sceneggiatura da ‘corto’ qui forzatamente allungata, tanto da rendere la visione dell’insieme al limite della digeribilità. Dialoghi e musiche di fatto inesistenti; suoni e voci aggiunte in post-produzione; ore, giorni, settimane e mesi che si ripetono continuamente in tutta la loro noiosa banalità quotidiana; ossessivi sussurri che tendono a devastare l’attenzione di chi osserva. Un’opera dalle spiccate potenzialità mal sfruttate, in conclusione, per un Sono forzatamente ‘d’autore’, tanto da sfiorare la parodia di se’ stesso.
[rating title=”Voto di Federico” value=”4.5″ layout=”left”]
The Whispering Star (Giappone, fantascienza, 2015, Hiso Hiso Boshi) di Sion Sono; con Kenji Endo, Yûto Ikeda, Megumi Kagurazaka, Mori Kouko