Roma 2015 – Experimenter: Recensione in Anteprima
Gli esperimenti socio-psicologici di Stanley Milgram diventano cinema grazie ad Experiment
Ebreo di origine e anticonformista, nella metà degli anni ’60 Milgram reclutò centinaia di cittadini nordamericani assolutamente ordinari per partecipare ad un esperimento ‘rivoluzionario’. Spinti da una figura autoritaria, ai soggetti venne chiesto di obbedire ad ordini che offendevano il loro senso morale, vedi trasmettere una scossa elettrica ad altri individui, senza però riuscire quasi mai a frenarsi e a rifiutarsi di portarli a termine. Reazioni ovviamente studiate nella loro propensione alla sudditanza o alla ribellione. Una conclusione statistica che lasciò di sasso gli psichiatri di un tempo, dando vita ad un lungo dibattito ‘etico’ sui metodi utilizzati dal geniale Milgram, interessato a capire come mai, ancora oggi, l’uomo sia portato sistematicamente a ‘cedere’ di fronte all’autorità. Come mai, nella Germania nazista, nessuno ebbe il coraggio di ribellarsi, piegandosi alla dittatura più sanguinosa della storia contemporanea.
“È possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?“. Partendo da questo quesito, nato al via del processo contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, Milgram trasse ispirazione per la sua ricerca più famosa, ora diventata addirittura lungometraggio cinematografico. Nel metterla in scena Almereyda gioca con il concetto di ‘illusione’, dando allo stesso Peter Sarsgaard il compito di interloquire con il pubblico. Il suo affascinante Milgram, infatti, tiene un’autentica ‘lezione’ socio-psicologica per l’intero arco della pellicola, tra elucubrazioni varie, spiazzanti retroproiezioni, interferenze visive (c’è un elefante in corridoio) e realtà. Milgram-Sarsgaard parla direttamente a noi, guardandoci dritto negli occhi, continuando di fatto le proprie ricerche persino all’interno di un’opera di finzione che proprio di loro parla.
Seguendo passo passo il difficoltoso ma travolgente cammino della tesi sull’obbedienza all’autorità con annesse dissertazioni etiche e morali, Almereyda semina in lungo e in largo altri interessanti esperimenti socio-comportamentali ideati da Milgram giocando di fatto con lo stesso spettatore, alimentato passo passo di nozioni e altrettanto stimolato insieme agli studenti ‘cinematografici’ di Stanley. A frenare il giocattolo, probabilmente, la ridondanza, perché l’esperimento visivo del regista si ripete più e più volte lungo l’arco della pellicola, finendo così per limitarlo sul piano espressivo.
Al fianco di un ottimo Sarsgaard spazio ad una ritrovata Winona Ryder, moglie di questo coraggioso genio a suo tempo da molti osteggiato, perché colpevole di aver dato una credibilità ‘scientifica’ a quella banalità del male nel 1963 diventata Storia grazie ad Hannah Arendt. Morto precocemente a poco più di 50 anni, Milgram fu un creativo della ricerca scientifica talmente sfaccettato e produttivo da meritare probabilmente un’altra e più appagante strada di pura finzione: quella della televisione, come accaduto a William Masters e Virginia Johnson, coppia che ‘insegnò’ il sesso agli americani e da ben 3 stagioni ‘protagonista’ di un’apprezzata, dettagliata e fortunata serie televisiva intitolata Masters of Sex.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]
Experimenter (Usa, 2015, drammatico) di Michael Almereyda; con Peter Sarsgaard, Winona Ryder, Dennis Haysbert, Jim Gaffigan, Taryn Manning, Kellan Lutz, John Leguizamo, Anton Yelchin