Star Wars 7: riflessioni sul sequel e recensione della trilogia prequel
Star Wars 7 ha debuttato nei cinema e per l’occasione abbiamo rivisto e commentato la trilogia prequel.
Vista l’uscita di Star Wars: Il risveglio della Forza abbiamo affrontato una duplice maratona ripercorrendo in due sessioni l’intera esalogia della saga di George Lucas. Così dopo avervi proposto la nostra recensione della prima, mitica e inarrivabile Trilogia originale è il turno della famigerata e controversa Trilogia prequel, annunciata da George Lucas nel 1993 e che ci regalerà uno dei personaggi più odiati della saga, il logorrorico e irritante gungan Jar Jar Binks. Nel 1997, a due anni dall’uscita del primo episodio prequel e in corrispondenza con il ventesimo anniversario della saga, furono distribuite nei cinema le “Edizioni Speciali” della trilogia originale, queste nuove versioni presentavano diverse alterazioni che hanno fatto storcere il naso a molti, sottoscritto incluso e che preannunciavano l’overdose di CG che avrebbe reso i tre prequel visivamente sovraccarichi e lontani anni luce dai film originali.
Il risveglio della Forza tra nostalgia canaglia e vecchi compagni ritrovati
Prima di inoltrarci nella Trilogia prequel spendiamo due parole sul nuovo sequel Il risveglio della Forza che bisogna ammettere ci ha piacevolmente sorpresi con questo sua atmosfera nostalgica rivolta a i fan di vecchia data della saga, tra i quali c’è anche il regista JJ Abrams che pare abbia azzeccato la formula giusta, cancellando con un colpo di spugna l’artefatto antefatto di Lucas e ricollegando il suo film al sequel Il ritorno della Jedi. Abrams è riuscito a colmare in maniera egregia quel fastidioso gap visivo prodotto dalla trilogia prequel mettendo in scena un universo “tangibile” e familiare con effetti CG ed effetti pratici abilmente miscelati. Il regista però non si è limitato a questo, ma ha pescato nel suo personale immaginario in celluloide nutrito a pane e Star Wars, utilizzando il medesimo umorismo presente nei film originali, azzeccando i casting dei nuovi arrivati (Daisy Ridley è bravissima e credibile), riportando su schermo i volti di personaggi amati con cui molti di noi sono cresciuti e lanciando un’amabile nuovo droide, che dalla sua prima interazione con la protagonista Rey prende magicamente vita grazie al fatto che BB-8 è un vero e proprio “oggetto di scena” e non un fumettoso e irrealistico effetto CG. Abrams e Disney hanno capito esattamente cosa serviva alla saga e hanno creato un film che ricordasse per suggestioni ai quarantenni di oggi la meraviglia e l’entusiasmo provati con la Trilogia originale, creando un’ondata emotiva intergenerazionale capace di proseguire l’eredità di Lucas trasmettendola alle nuove generazioni e in grado di ricordare l’anima giocosa e un po’ ingenua dell’originale, divenuta purtroppo un flebile ricordo nella chiassosa e iper-tecnologizzata Trilogia prequel.
A chiunque altro cerchi il pelo nell’uovo, vedi coerenza nella trama e tutto l’armamentario critico tipico di chi ancora non ha compreso cosa sia il puro intrattenimento e un rapportarsi con il fantastico senza eguali, diciamo solo che ha scelto il film sbagliato poiché il nuovo Star Wars è orgogliosa materia prima da fandom, creata per i fan da chi si sente orgogliosamente fan da una vita. L’approccio di Abrams è ciò che ogni patito di Star Wars avrebbe voluto vedere dopo la Trilogia originale e che speriamo sia l’apripista di una terza trilogia che riporti il lavoro originale di Lucas ai fasti di un tempo. Per il momento l’unica certezza è che questa prima tappa nell’amata galassia lontana lontana ce la siamo goduta appieno, tutto il resto che orbita attorno alla pellicola in sè, inclusi scontati incassi stratosferici e marketing debordante, è aria fritta che ha ben poco a che fare con un film che ha l’indubbio pregio, in tempi cupi come quelli in cui viviamo, di avere un cuore e un’anima.
Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma (1999)
[quote layout=”big”]Gravi tumulti hanno travolto la galassia a causa della tassazione sulle rotte mercantili verso i sistemi stellari periferici. L’ingorda federazione dei mercanti, sperando di risolvere la questione, ha schierato micidiali astronavi da guerra per impedire tutte le spedizioni nel piccolo pianeta di Naboo. Mentre il congresso della Repubblica discute senza sosta l’allarmante succedersi degli eventi, il cancelliere supremo ha inviato segretamente nella Galassia due Cavalieri Jedi, i guardiani della pace e della giustizia, per risolvere il conflitto.[/quote]
Dopo una lunga e snervante attesa il 17 settembre 1999 Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma debuttava nei cinema, una delle saghe più amate e celebrate di sempre tornava su grande schermo per raccontarci le origini dell’Impero e la genesi di Darth Vader…cosa poteva andare storto? Il primo prequel di Lucas si apre rispettando l’iconico incipit dei film originali e presenta uno sfarzo visivo imponente e due volti familiari: L’irlandese Liam Neeson che interpreta il maestro jedi Qui-Gon Jinn e l’inglese Ewan McGregor nei panni dell’apprendista Obi-Wan Kenobi, il Ben Kenobi interpretato da Alec Guinness nello Star Wars originale del 1977. Quello che si nota da subito è un fastidioso divario visivo che spiazza chi si attendeva un ritorno in un universo un minimo familiare, ma che in realtà ora sembra far parte proprio di un’altra galassia e come se non bastasse ecco spuntare come ospite inatteso e sgradito Jar Jar Binks che già dalle prime battute risulta fastidiosamente artefatto, a dimostrazione che puoi avere tutta la tecnologia del mondo a disposizione, ma di fronte a cotanta stupidità generata al computer i suoni incomprensibili di R2-D2, l’immutabile sguardo fisso dello zelante C3-PO e le pose interlocutorie del nuovo arrivo BB-8 hanno, espressivamente parlando, del miracoloso. La minaccia fantasma nonostante un interessante constesto politico, in cui si racconta l’ascesa dell’Impero attraverso un conflitto interno alla Repubblica che creerà fazioni e una lotta intestina, si snoda senza guizzi. All’appello manca un villain degno di questo nome (vedi il carismatico, ma narrativamente inerte Darth Maul ritratto come un mero scagnozzo), ma soprattutto il film non regala emozioni, mancando di coinvolgimento e di quell’empatia genuina verso un fil-rouge emotivo palesemente latitante, opposto di contro ad una perfezione tecnica che smuove un’ammirazione simile a quella provata nel trovarsi per le mani un nuovo videogame dalla grafica migliorata atteso con impazienza, ma che poi a metà della prima partita si scopre essere solo esteticamente sopraffino e noiosamente ripetitivo. Lucas completamente concentrato sul suo giocattolo nuovo si perde per strada qualcosa che per i veri fan di Star Wars era molto più importante di spettacolari battaglie galattiche e cotanto sfarzo visivo, un’anima e una visione che la sua “creatura” frutto di tanti sforzi possiede ancora oggi, la capacità di far sognare e di non far sembrare poi così tanto distante quell’avventurosa galassia lontana lontana.
Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni (2002)
[quote layout=”big”]C’è grande agitazione nel Senato della Galassia. Molte migliaia di sistemi stellari hanno dichiarato la loro intenzione di staccarsi dalla Repubblica. Il movimento separatista, capeggiato dal misterioso conte Dooku, sta rendendo arduo al limitato numero di Cavalieri Jedi mantenere la pace e l’ordine nella galassia. La senatrice Amidala, ex regina di Naboo, fa ritorno al Senato della Galassia per votare su una questione cruciale: la fondazione di un ESERCITO DELLA REPUBBLICA in appoggio ai Jedi in difficoltà…[/quote]
Dopo un primo capitolo a mezza via tra un videogame e un serie tv d’animazione, in cui i personaggi live-action sembrano esserci capitati per puro caso, il 16 maggio 2002 approda in sala Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni. Questo secondo prequel non cambia registro e i personaggi continuano ad essere un mero contorno per azione ed effetti speciali che riescono anche a sovrastare la storia d’amore tra Padme (Natalie Portman) e Anakin Skywalker (Hayden Christensen). Il giovanissimo campione di “sgusci” del primo capitolo nel frattempo è cresciuto e diventato un apprendista jedi ribelle e impulsivo, ma dotato di grande potenzialità grazie ai Midi-chlorian, un altro grosso errore di Lucas con cui nel primo prequel ha cercato di spiegare e dare un contesto “scientifico” alla Forza, svilendone gran parte dell’evocatico impatto mistico con analisi genetiche e “conta dei globuli rossi”. Il volenteroso Hayden Christensen fa del suo meglio per caratterizzare il tormentato futuro padre di Luke Skywalker e Leia Organa, ma se già avevamo a suo tempo criticato l’umanizzazione e lo smascheramento di Darth Vader nel sequel Il ritorno dello Jedi, questo suo racconto di origine non gli rende giustizia, lo priva di ogni mistero e soprattutto la sua evoluzione / involuzione verso il Lato oscuro manca di forza e di quel disperante tormento che Christensen non può sostenere e trasmettere e che manca palesemente di maturità interpretativa. Ciliegina sulla torta, anche in questo secondo prequel il Lato oscuro langue e i villain latitano con l’enorme spreco di un attore del calibro di Christopher Lee il cui Conte Dooku, come a suo tempo Darth Maul, non fa testo e non solo, si rischia di ridicolizzarlo in un duello a fil di spada laser trasformando, con l’ausilio dell’immancabile CG, l’ex attempato Conte Dracula in un “acrobata” contrapposto ad uno Yoda qui in versione “Tartaruga ninja”; inoltre per la serie al peggio non vi è mai fine, una delle sequenze potenzialmente più intriganti, quella della battaglia nell’arena su Geonosis che include una variegata squadra di Jedi, si trasforma in una sequenza caotica e sovraffollata di cui si perde ben presto cognizione. In soldoni questo secondo prequel conferma l’andazzo, Lucas ci sta dicendo di dimenticare la trilogia originale e che ormai dovremo accontentarci di guardare un bel videogame concepito ad hoc per una giovanissima generazione da consolle, che però manca di un qualsivoglia elemento interattivo che sia pratico, come quello di un vero videogame che sia emotivo come si meriterebbe una saga leggendaria come quella di Star Wars.
Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith (2005)
[quote layout=”big”] È guerra! La Repubblica crolla sotto gli attacchi dello spietato Signore dei Sith, conte Dooku. Si contano eroi in ambedue gli schieramenti. Il Male è ovunque. Con un’azione spettacolare, il malvagio comandante dei droidi, generale Grievous, è entrato nella capitale della Repubblica e ha rapito il cancelliere Palpatine, capo del Senato della Galassia. Mentre l’Esercito Separatista di Droidi cerca di abbandonare la capitale assediata insieme al prezioso ostaggio, due Cavalieri Jedi sono alla testa di un’impresa disperata: liberare il Cancelliere prigioniero… [/quote]
Dopo due film piuttosto deludenti e visivamente sopra le righe, George Lucas fa uscire il terzo capitolo della sua saga prequel e il 19 maggio 2005 approda nelle sale Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith. In contrapposizione con la Trilogia originale in cui il film meno efficace risulta il terzo (Il ritorno dello Jedi), in questa nuova trilogia è il terzo episodio a risultare invece il più riuscito anche perchè vi è il culmine dell’arco narrativo che porterà Anakin Skywalker a passare al Lato oscuro. Sono trascorsi tre anni dalle Guerre dei cloni, la Repubblica Galattica sfiancata dalla faida interna con i Separatisti, incarica Anakin Skywalker e Obi-Wan Kenobi di liberare il senatore Palpatine dalle grinfie del Conte Dooku, e sarà in questo frangente che Anakin, manipolato dal cancelliere Palpatine alias Darth Sidious, un malvagio signore dei Sith al servizio del Lato oscuro, infrange ancora una volta dopo la morte della madre la regola dei Jedi che impone di non uccidere per vendetta. Dooku sarà così giustiziato sommariamente da Anakin che avrà fatto il primo passo verso la sua iniziazione al Lato oscuro e come futuro allievo di Darth Sidious. Senza dubbio la forza di questo terzo prequel rispetto ai precedenti episodi e proprio nel Lato oscuro che incombe sull’intera vicenda, un elemento narrativo che trama nell’ombra prendendo virtualmente il posto di un vero villain di primo piano che è mancato in tutta la trilogia prequel, un Lato oscuro magistralmente musicato da John Williams che per l’occasione compone tracce potenti ed evocative per delineare il percorso verso l’oscurità del giovane Anakin. Anche in questo terzo film la CG deborda, in special modo nella creazione di scenari tra cui il più suggestivo è senza dubbio il pianeta vulcanico Mustafar, che fa da sfondo all’ultimo duello tra Obi-Wan-Kenobi e un Anakin Skywalker ormai perdutosi nell’oscurità e nella brama di potere. Il film si conclude con la nascita dei gemelli Luke e Leia, la morte di Padme durante il parto e la morte spirituale di Anakin Skywalker dalle cui ceneri rinascerà a nuova vita Lord Darth Vader, pronto a terrorizzare e sottomettere la galassia intera guidando l’esercito dell’Imperatore Palpatine.