Cannes 2016, Ma’ Rosa: recensione del film di Brillante Mendoza in Concorso
Festival di Cannes 2016: Brillante Mendoza si sposta in città e ci racconta il degrado di Manila attraverso immagini sporche di tre ragazzi chiamati a salvare i propri genitori
È una sera piovosa a Manila. Caldo, congestione, degrado; è questa la cornice all’interno della quale si muove Rosa. Rosa gestisce un piccolo esercizio a conduzione familiare, al piano terra della modesta abitazione in cui vive col marito e suoi tre figli. Per arrotondare collabora anche con uno spacciatore, attività parallela che presumibilmente è quella che rende di più. Una soffiata però cambia drasticamente le cose, e Rosa e suo marito si ritrovano sequestrati all’interno di un commissariato.
Dopo Thy Womb e Taklub, Brillante Mendoza abbandona la fauna naturalistica per darsi a quello che a suo modo è un thriller urbano, appiccicoso. Girato interamente con macchina a mano, servendosi d’immagini di qualità tutt’altro che eccelsa, la sua è una storia che si muove nel sottobosco di quell’area contraddistinta da miseria e sopravvivenza. Il regista filippino ha buon gioco nell’illustrare un concetto piuttosto semplice ma rilevante: che ci si sposti dalle zone più naturalistiche a quelle urbane poco conta, perché le leggi che vigono sono le stesse, quelle della giungla.
Ma’ Rosa si sviluppa attraverso un susseguirsi di soprusi, grandi o piccoli, in cui chiunque può approfitta del più minuscolo vantaggio per rivolgerlo contro il prossimo. Si veda come Mendoza si addentra nel commissariato, filmandone gli interni non senza una certa amarezza mista a ironia: tutto è improvvisato, dalle insegne agli uffici, passando per le prigioni. Un ambiente del genere ci dice che qui non c’è spazio per la Legge, il Diritto, se non quello del più forte per l’appunto.
Rosa e la sua famiglia, però, a differenza di altri, non hanno alcun vantaggio da opporre; loro possono solo rimboccarsi le mani e cerca di sfangarla. Funziona perciò la parte in cui ai due coniugi viene chiesta una mazzetta senza la quale l’ispettore li minaccia di chiuderli in gabbia; qui sono i tre ragazzi a doversi industriare a trovare la cifra, inventandosi quello che possono. Chi si lascia affittare per una sveltina in un motel, chi va a chiedere soldi a parenti poco propensi, chi cerca di piazzare una vecchia televisione. Alternando i tre episodi, Mendoza riesce a cogliere la durezza di quel contesto, che non poteva essere filmato diversamente che in quel modo.
C’è chi infatti potrebbe dirsi contrariato da una fotografia così rozza, ma davvero… che senso avrebbe avuto ricorrere a mezzi ben più performanti? Ai fini del discorso nessuno, salvo non voler “candeggiare” la vicenda, che invece è sporca e necessita di una misura di quel tipo. Non senza ragione, perché sono le immagini, quelle inquadrature ballerine, a contribuire in maniera determinante al mood del film, che è lì a beneficio di chiunque voglia vederlo.
Certo, rispetto a Thy Womb non abbiamo un personaggio femminile altrettanto interessante, ma arrivate alla fine, a quell’ultima sequenza che vede proprio Rosa protagonista, dopo essere rimasta lontano dall’azione per buona parte del film. Basta quella a far venire il magone.
Brillante Mendoza porta a Cannes un film piccolino, volutamente povero, che non in ogni sua parte riesce a veicolare con la medesima forza la vicenda di questa famiglia vittima e carnefice di dinamiche da cui non ci si può semplicemente sottrarre. Nell’insieme però il tentativo va a un buon fine, mettendoci a contatto con una realtà psicologicamente brutale, che perciò non poteva che essere cinematograficamente proposta in maniera altrettanto spietata.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
Ma’ Rosa (Filippine, 2016) di Brillante Mendoza. Con Jaclyn Jose, Julio Diaz, Felix Roco, Kristofer King e Mercedes Cabral.